Mancata demolizione: il TAR sulla sanzione pecuniaria
Il presupposto per l’irrogazione della sanzione non è la realizzazione dell’abuso, bensì l’inerzia del soggetto obbligato rispetto all’ordine impartito nel termine assegnato
L’inottemperanza a un ordine di demolizione costituisce un illecito autonomo, che si consuma con il decorso del termine di 90 giorni previsto per legge e che giustifica l’irrogazione della sanzione pecuniaria.
Non solo: l’Amministrazione non è tenuta a verificare preventivamente la possibilità di eseguire la demolizione senza pregiudicare le parti regolari dell’edificio, né la pretesa di accedere a una sanatoria o a un meccanismo di fiscalizzazione possono impedire l’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Inottemperanza all'ordine di demolizione: il TAR sulla sanzione pecuniaria
Sono questi i principi ribaditi dal TAR Sicilia con la sentenza del 18 marzo 2025, n. 597, con cui ha respinto il ricorso dei comproprietari di un immobile realizzato in assenza di titolo edilizio entro una fascia di inedificabilità assoluta, ai quali era stato notificata la sanzione di 20mila euro per inottemperanza all’ordine di demolizione.
L’immobile, costituito da un piano terra e un primo piano, era stato oggetto di due distinte istanze di condono edilizio. Il Comune aveva rigettato la relativa richiesta di sanatoria e ordinato la demolizione della parte abusiva. Successivamente, a seguito dell’inottemperanza all’ordinanza, l’amministrazione aveva adottato il provvedimento ex art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380/2001, con l’applicazione della sanzione pecuniaria.
A questo punto i comproprietari hanno presentato un nuovo ricorso, sostenendo che la sanzione fosse illegittima perché il Comune non avrebbe verificato la possibilità di eseguire la demolizione senza compromettere le parti regolari dell’immobile.
Abusi edilizi: l'inottemperanza alla demolizione è illecito a sè
Anche queste tesi sono state ritenute infondate dal TAR, chiarendo che la sanzione pecuniaria non è una conseguenza dell’abuso edilizio in sé, ma dell’inerzia del proprietario rispetto all’ordine di demolizione.
Come si legge nella sentenza, “L’illecito sanzionato dall’art. 31, comma 4-bis, del D.P.R. n. 380/2001 si consuma con lo scadere del termine di 90 giorni assegnato dall’autorità amministrativa per l’esecuzione dell’ordine di demolizione e prescinde dall’eseguibilità concreta dell’intervento ripristinatorio”.
Sul punto, il giudice ha anche richiamato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 16/2023), aveva già chiarito la natura della sanzione pecuniaria, per cui il presupposto per l’irrogazione della sanzione non è la realizzazione dell’abuso, bensì l’inerzia del soggetto obbligato rispetto all’ordine impartito, trattandosi di un illecito omissivo permanente che si consuma con lo scadere del termine assegnato.
Pertanto, il decorso dei 90 giorni determina l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, rendendo non più ammissibile un’eventuale sanatoria successiva.
Nessun obbligo di verifica sulla possibilità di demolizione parziale
Un altro punto centrale della decisione riguarda la presunta necessità di una verifica preventiva da parte del Comune sull’eseguibilità della demolizione. I ricorrenti avevano sostenuto che l’ordine di demolizione non poteva essere eseguito senza pregiudicare le parti regolari dell’edificio, e che il Comune avrebbe dovuto eseguire una valutazione tecnica prima di applicare la sanzione.
Il TAR ha escluso che vi fosse un obbligo in tal senso, precisando che “L’ipotetico nocumento che dall’esecuzione della demolizione deriverebbe alle parti assentite dell’immobile e la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, va valutata dall'Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento e non nella fase di irrogazione della sanzione”.
In altre parole, l’eventuale pericolo per la stabilità dell’immobile può essere dedotto solo successivamente, in sede di esecuzione dell’intervento, e non può costituire una ragione per evitare la sanzione pecuniaria.
Esclusa la fiscalizzazione dell’abuso
Infine, i ricorrenti avevano invocato la possibilità di applicare la c.d. fiscalizzazione dell’abuso prevista dall’art. 34 dello stesso Testo Unico Edilizia, che consente di sostituire la demolizione con una sanzione pecuniaria nei casi di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo edilizio.
Il TAR ha escluso questa possibilità, sottolineando che la fiscalizzazione dell’abuso è ammessa solo per opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire e non per interventi eseguiti in totale assenza di titolo abilitativo, come avvenuto nel caso di specie.
Non solo: gli abusi realizzati in zone soggette a vincolo di inedificabilità assoluta non sono in alcun modo sanabili, rendendo inapplicabile l’alternativa della sanzione pecuniaria in luogo della demolizione.
In conclusione, il ricorso è stato respinto: il TAR ha confermato la legittimità della sanzione pecuniaria, ribadendo che l’adempimento agli ordini della pubblica amministrazione non è rimesso alla discrezionalità del privato, ma costituisce un obbligo inderogabile la cui violazione determina conseguenze sanzionatorie.
Documenti Allegati
Sentenza