Mancata indicazione dei costi della manodopera: le conseguenze

Non sempre l'omessa indicazione dei costi della manodopera comporta l'illegittimità dell'offerta o può costituire motivo di ricorso. Il TAR Lazio spiega il perché

di Redazione tecnica - 21/03/2025

La mancata indicazione dei costi della manodopera non rappresenta causa di esclusione dalla procedura di gara, quando il disciplinare non li preveda. Non solo: una situazione del genere non può costituire motivo di ricorso, quando il ricorrente sia altrettanto responsabile della stessa omissione, in quanto ciò configgerebbe con il principio di coerenza e buona fede processuale.

Quando quindi un OE lamenti la mancata indicazione dei costi della manodpera e della sicurezza da parte di un altro concorrente, ma abbia fatto altrettanto, va applicato il principio “Nemo potest venire contra factum proprium”, ovvero nessuno può agire in contraddizione con il proprio comportamento precedente.

Mancata indicazione dei costi della manodopera: è causa di esclusione?

A spiegarlo è il TAR Lazio con la sentenza del 17 marzo 2025, n. 5508, con la quale ha confermato la legittimità dell’aggiudicazione di una procedura aperta ai sensi del d.Lgs. n. 36/2023 per l’affidamento della gestione di servizi bancari.

Secondo la ricorrente, vi erano presunte irregolarità nell’offerta economica dell’aggiudicataria che non sarebbero state valutate correttamente dalla SA nel subprocedimento di verifica dell’anomalia, oltre che la mancata indicazione dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza.

Verifica anomalia dell'offerta: l'onere motivazionale

Uno dei punti chiave della sentenza riguarda la valutazione dell’anomalia dell’offerta. Sul punto, il TAR ha ribadito principi consolidati in giurisprudenza, chiarendo che l'obbligo di motivazione da parte della stazione appaltante sussiste solo in caso di giudizio negativo della verifica di anomalia dell'offerta, non richiedendosi motivazione analitica in caso di giudizio positivo.

In altre parole, se l’amministrazione ha ritenuto sostenibile l’offerta, non è necessario un approfondito apparato motivazionale, salvo che non emergano elementi di manifesta illogicità o macroscopico errore di valutazione, circostanze che nel caso in esame non sono state riscontrate.

Non solo: il giudice ha anche evidenziato che spetta al concorrente che contesta l’aggiudicazione fornire prove dettagliate dell’erroneità della valutazione dell’amministrazione, e non limitarsi a mere contestazioni generiche: “In tema di giudizio di anomalia dell'offerta, è onere di chi contesti il giudizio dell'Amministrazione fornire specifici e dettagliati elementi di prova a fondamento delle censure con cui se ne deduce l'erroneità, la quale deve essere evidente, ossia tale da emergere in modo univoco ed al di là del margine di opinabilità insito in valutazioni di carattere tecnico”.

Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito alcuna prova concreta che potesse dimostrare la presunta insostenibilità dell’offerta dell’aggiudicataria.

 

Omissione costi della manodopera: quando non è contestabile

Un ulteriore profilo di illegittimità era stato individuato nel mancato rispetto dell’art. 108, comma 9, del d.Lgs. n. 36/2023, secondo cui “Nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”.

Poiché l’aggiudicataria non aveva specificato tali costi, secondo la ricorrente l’offerta doveva essere esclusa.  Sul punto, il TAR ha chiarito che il disciplinare di gara escludeva espressamente la presenza di oneri per la sicurezza e il modello di offerta economica predisposto dalla stazione appaltante non prevedeva un campo specifico per l’indicazione di tali costi.

Ma l’elemento determinante della decisione è  stato un altro: nemmeno la ricorrente ha indicato i costi della manodopera e della sicurezza nella propria offerta. Per questo il giudice ha richiamato il principio “Nemo potest venire contra factum proprium”, secondo cui nessuno può agire in contraddizione con il proprio comportamento precedente.

Secondo il Collegio, è inammissibile sollevare un motivo di impugnazione che dimostri, in primo luogo, l’illegittimità della posizione della stessa ricorrente. Un’impugnativa di questo tipo strumentalizza la tutela giurisdizionale a fini meramente opportunistici, cercando di ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione senza che vi sia un reale pregiudizio legittimo.

Alla luce di queste considerazioni, il ricorso è stato respinto, confermando la legittimità dell’aggiudicazione.

 

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