Correttivo al Codice dei contratti: vera evoluzione o manutenzione ordinaria?
La pubblicazione del D.Lgs. n. 209/2024 di modifica del D.Lgs. n. 36/2023 rappresenta una nuova rivoluzione normativa oppure una semplice manutenzione del “Codice dei contratti”?
Quanto ha inciso il D.Lgs. n. 209/2024 di modifica del D.Lgs. n. 36/2023 sulla riforma della normativa per gli appalti pubblici? Si tratta di un intervento di rilievo sistemico oppure di una serie di aggiustamenti tecnici e manutentivi? Ma, soprattutto, questo correttivo segna un punto di svolta nel metodo di produzione normativa o rappresenta l’ennesima occasione persa?
Il correttivo al Codice dei contratti
Domande che si è posto tutto il comparto a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del primo vero e proprio correttivo al Codice dei contratti voluto dal Governo e concesso dalla Legge delega n. 78/2022. Domande che vanno unite allo shock subito dagli operatori a seguito di una “corposa” modifica normativa entrata in vigore a gamba tesa senza concedere alcun transitorio (come avvenuto, invece, per l’efficacia del D.Lgs. n. 36/2023).
In definitiva, a seguito del correttivo, quale direzione ha preso la regolazione della contrattualistica pubblica? Ha risposto, con grande lucidità Claudio Contessa, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, in un saggio pubblicato sul sito della Giustizia Amministrativa, dal titolo “Il Decreto correttivo al Codice dei contratti fra (parziali) innovazioni e aspetti di continuità”.
Un contributo prezioso che, con taglio analitico ma accessibile, ricostruisce genesi, contenuti e implicazioni del D.Lgs. n. 209/2024, restituendone una lettura chiara anche per chi è immerso nella pratica quotidiana e deve fare i conti con i riflessi operativi delle riforme.
L’assenza di transitorio e il cambio di metodo
Il primo elemento evidenziato è la scelta – piuttosto anomala – di far entrare in vigore il decreto correttivo il giorno stesso della sua pubblicazione, escludendo di fatto ogni vacatio legis.
Una decisione non inedita, ma inusuale per una normativa di portata generale, giustificata solo in parte dalla necessità di rispettare alcune scadenze connesse agli impegni del PNRR. Una compressione delle prerogative conoscitive degli operatori che riapre un dibattito antico: la qualità normativa si misura anche dai tempi con cui si consente ai destinatari di prepararsi ad applicarla.
La vera novità sta, invece, nel fatto che l’assenza di un transitorio è generalmente propria della decretazione d’urgenza (il Decreto Legge) e non di un decreto legislativo frutto di una delega data al Governo dal Parlamento.
Un altro passaggio fondamentale è quello che riguarda il metodo. Se la stesura del Codice 2023 era stata affidata a una Commissione tecnica presso il Consiglio di Stato, il correttivo è stato interamente predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, attraverso un percorso più tradizionale e consultato.
Una scelta che, pur contestata dallo stesso Consiglio di Stato per una presunta rottura di continuità rispetto alla legge delega, riflette il ritorno della politica nel processo di codificazione, ma – come osserva Contessa – senza intaccare l’impianto tecnico e valoriale originario.
Una riforma prudente
Dal punto di vista contenutistico, il decreto correttivo modifica “solo” un terzo degli articoli del Codice, e per la maggior parte interviene sugli allegati. Solo un articolo è stato interamente riscritto, mentre tre sono stati introdotti ex novo.
«Anche se il Decreto legislativo n. 209 del 2024 rappresenta un intervento normativo quanto mai corposo e articolato – rileva il Presidente Contessa - esso non mira (al contrario di quanto accaduto in occasione di alcuni degli interventi di correzione al “Codice 50”) a metterne in discussione l'impianto normativo, la struttura e, in ultima analisi, la stessa filosofia di fondo».
La Parte Prima del Codice, quella sui princìpi generali, rimane praticamente intatta. Una scelta tutt’altro che banale: significa che la visione ispiratrice del Codice (fiducia, risultato, semplificazione) non viene messa in discussione neanche da chi avrebbe avuto titolo per farlo. Le uniche modifiche alla prima parte riguardano:
- l'articolo 8 relativo alla disciplina dell'equo compenso;
- l'articolo 11 che riguarda il tema delle tutele lavoristiche e dell'individuazione del CCNL applicabile.
Un dato che fa riflettere: la componente politica ha scelto di non toccare le fondamenta costruite da un organo tecnico, ribaltando il classico schema dialettico tra potere politico e sapere specialistico.
Gli interventi più significativi
Contessa seleziona con cura una serie di ambiti in cui il correttivo ha inciso in modo più rilevante, fra cui:
- la disciplina dell’equo compenso per la quale afferma sia stata trovata una soluzione pragmatica (e non dogmatica), con il “prezzo fisso” al 65% per i servizi di ingegneria e architettura.
- sulle tutele lavoristiche, “dovrebbe” essere stata risolta l’ambiguità sull’equivalenza dei CCNL con un nuovo Allegato che definisce parametri chiari;
- sulla digitalizzazione sono evidenziati piccoli aggiustamenti e proroghe per facilitare l’interoperabilità e l’uso del fascicolo virtuale, in vista dell’adozione generalizzata del BIM;
- relativamente alla qualificazione stazioni appaltanti, viene rafforzata e resa obbligatoria anche in fase esecutiva, con controlli su tempistiche e soglie;
- importante modifica all’istituto della revisione prezzi con una nuova disciplina più puntuale, ma forse troppo analitica per garantire fluidità applicativa;
- sui consorzi è stata chiarita (non senza problematiche avanzate dagli operatori) la portata del cumulo alla rinfusa e il ruolo dell’avvalimento per le consorziate non esecutrici;
- relativamente alla fase esecutiva viene evidenziata l’introduzione dell’accordo di collaborazione tra operatori, appaltatore e stazione appaltante, per favorire una gestione cooperativa dei contratti (la cui utilità resta quantomeno dubbia);
- importanti modifiche al Collegio Consultivo Tecnico relativamente alla natura, compensi, vincolatività delle decisioni e regole retroattive;
- viene confermato (al momento) il modello degli allegati, che restano di rango primario, e posticipata di fatto la delegificazione.
Una “moratoria normativa” da difendere
In chiusura, l’auspicio condivisibile è che il Codice possa ora vivere un periodo di stabilità, senza nuove e continue revisioni. Un risultato che non è scontato, ma possibile, grazie alla sostanziale condivisione politica del testo, all’assenza di rilievi europei, e al consolidamento di molte prassi operative.
Una tregua normativa che rappresenterebbe l’occasione per lavorare in un contesto stabile, per sedimentare interpretazioni, migliorare la prassi, e – finalmente – applicare un Codice non più in continua trasformazione.
Documenti Allegati
Contributo sul Codice dei contratti Contessa