SCIA e potere di autotutela oltre i 30 giorni: i limiti secondo il TAR

Il TAR chiarisce quando l’Amministrazione può evitare l’annullamento d’ufficio di una SCIA consolidata, in assenza di un interesse pubblico attuale e concreto

di Gianluca Oreto - 26/03/2025

La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in edilizia può essere annullata oltre i 30 giorni canonici previsti dalla Legge n. 241/1990? Cosa succede quando emergono difformità edilizie su opere già realizzate? E quando il Comune può legittimamente astenersi dal ripristinare la legalità violata?

SCIA e poteri di autotutela oltre i 30 giorni: interviene il TAR

Domande che, se poste a 10 diversi professionisti, otterrebbero certamente 10 versioni differenti. Come sempre, quindi, entra in gioco la giustizia amministrativa che prova a fornire indicazioni operative e orientamenti pacifici che, chiaramente, vanno sempre “calati” all’interno del contesto in cui sono espressi.

In questo caso, a rispondere alle domande ci ha pensato il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna con la sentenza n. 108 del 19 marzo 2025, che chiarisce alcuni interessanti aspetti relativi all’annullabilità in autotutela di una SCIA anche oltre i 30 giorni dalla sua presentazione, ai sensi dell’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990 (una norma fondamentale per chi si occupa anche di edilizia).

L’art. 19 della Legge n. 241/1990, infatti, al comma 3 disciplina la possibilità per la P.A. di intervenire entro 60 giorni adottando motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti previsti al precedente comma 1. Il successivo comma 6-bis, inoltre, stabilisce che nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di 60 giorni per l’intervento della P.A. è ridotto a 30 giorni.

Il caso

Nel caso di specie, il contenzioso trae origine da un intervento edilizio di recupero abitativo di un sottotetto, realizzato dalla proprietaria dell’ultimo piano mediante SCIA e successiva variante. Alcuni condomini lamentavano irregolarità nelle altezze di colmo e di gronda, sostenendo che l’intervento violasse il RUE comunale e fosse privo di valido titolo.

A seguito di un precedente contenzioso, il TAR aveva già dichiarato l’illegittimità delle SCIA “in parte qua”, imponendo al Comune una valutazione esplicita sull’eventuale annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies. Il Comune, dopo un'istruttoria dettagliata, ha però concluso per la non sussistenza di un interesse pubblico ulteriore, decidendo di non rimuovere gli effetti della SCIA ormai perfezionata.

Secondo il Comune, non vi sarebbe alcun automatismo tra il rilievo di un abuso, successivo al perfezionamento della SCIA, e l’adozione in via di autotutela di misure ripristinatorie, automatismo che contraddirebbe il meccanismo dell’art. 19, comma 4, della Legge n. 241/1990, ossia l’esercizio dei poteri repressivi solo “in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies”, perché altrimenti vi sarebbe sempre e comunque l’attivazione dell’autotutela senza margini per opinare diversamente.

Interessante è l’analisi condotta dal Comune secondo il quale l’aumento di altezza dell’edificio era dovuto all’apposizione di un cordolo sommitale, elemento strutturale con funzione antisismica che non crea volume utile e, per normativa tecnica, non è computato ai fini delle altezze. Sebbene all’epoca dell’intervento vi fosse un contrasto con il vecchio RUE, oggi l’intervento è perfettamente conforme al vigente Regolamento, che consente esplicitamente modifiche in altezza per il recupero dei sottotetti. Inoltre, secondo la difesa del Comune, la rimozione del cordolo avrebbe comportato un pregiudizio sproporzionato per la proprietà, senza reali benefici per l’interesse pubblico.

I principi chiave affermati dal TAR

La risposta del TAR è stata chiara: la SCIA si consolida dopo 30 giorni, ma può comunque essere oggetto di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies L. 241/1990, solo se ricorre un interesse pubblico concreto e attuale, diverso dal mero ripristino della legalità violata.

L’illecito edilizio accertato (modifica delle altezze) non comporta automaticamente l’obbligo per il Comune di intervenire in autotutela, soprattutto se:

  • le opere realizzate oggi risulterebbero legittime ai sensi del nuovo RUE, che consente modifiche in altezza per il recupero dei sottotetti;
  • l'intervento ha una finalità strutturale (cordolo sommitale antisismico) che non genera incremento volumetrico significativo;
  • l’interesse pubblico è orientato alla riqualificazione e alla sicurezza degli edifici, secondo la più recente evoluzione normativa.

Il TAR ha, dunque, riconosciuto che l’Amministrazione ha esercitato correttamente la propria discrezionalità, valutando la convenienza di un’azione ripristinatoria rispetto al danno per il privato e al beneficio per l’interesse collettivo.

Il potere residuo di autotutela post-SCIA deve essere esercitato entro un termine ragionevole e solo se motivato da un interesse pubblico prevalente, che in questo caso non è stato ravvisato.

Conclusioni

La sentenza del TAR rafforza un principio importante: non ogni difformità edilizia accertata comporta l’obbligo automatico di annullare la SCIA, specie se questa si è consolidata e se il contesto normativo è nel frattempo mutato.

Una decisione molto interessante che offre due linee guida operative:

  • in presenza di una SCIA illegittima ma consolidata, prima di avviare l’autotutela, è necessario verificare:
    • la presenza di un interesse pubblico attuale e concreto;
    • la sostenibilità dell’intervento dal punto di vista urbanistico e strutturale;
    • le modifiche intervenute nella normativa tecnica e regolamentare;
  • il potere di annullamento d’ufficio non è automatico, ma va esercitato con prudenza, tenendo conto degli interessi dei destinatari, dei controinteressati e del principio di proporzionalità.

Dal punto di vista operativo:

  • la SCIA oltre 30 giorni può essere annullata solo con interesse pubblico ulteriore ex art. 21-nonies, L. n. 241/1990;
  • violazioni edilizie lievi non sempre giustificano l’autotutela se lo stato di fatto è oggi conforme;
  • in caso di norme sopravvenute, queste devono essere considerate nella valutazione discrezionale;
  • il cordolo sommitale è elemento strutturale non computabile ai fini volumetrici.

Infine, come sempre, occorre ricordare che, benché in alcuni casi esistano automatismi a cui non si scappa, il ruolo dell’amministrazione resta centrale nella ponderazione tra legalità, interesse pubblico e tutela del patrimonio edilizio

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