Vasca idromassaggio e piscina: pertinenza o nuova costruzione?
Si ripropone la questione sulla corretta qualificazione delle opere. E questa volta a prevalere è l'orientamento più rigoroso
Piscine e vasche idromassaggio, relax per chi le usa, motivo di stress per chi le realizza, tenuto conto che né le Amministrazioni le qualificano univocamente, né la giustizia amministrativa fa altrettanto.
Piscine e vasche idromassaggio: come vanno qualificate?
Basti pensare che qualche mese fa il CGARS, con la sentenza del 26 novembre 2024, n. 926, ha cercato di dettare delle coordinate ermeneutiche per la qualificazione di una piscina come pertinenza o nuova costruzione, utili anche a identificare il corretto titolo necessario, basandosi sulla dimensione del manufatto.
Proprio riconoscendo la mancanza di univocità sull’argomento da parte della giurisprudenza, il Consiglio di Giustizia Amministrativa aveva sottolineato come per qualificare come pertinenza una piscina attigua all’immobile principale, l'orientamento più morbido del Consiglio di Stato abbia sostanzialmente ritenuto dirimente la grandezza della stessa, ribadendo che solo le piscine di “ridotte” dimensioni possono pretendere di essere considerate tali, a cui si contrappone quello più rigoroso che esclude in radice la possibilità che una piscina, prescindendo dalle sue dimensioni, possa essere considerata pertinenza.
E aveva lanciato una proposta per la modifica del parametro di valutazione secondo cui, semplificando:
- per una piscina rettangolare, la natura pertinenziale postula che non dovrà eccedere i 144 mq;
- per una piscina pertinenziale di forma irregolare, che sulla sua superficie non sia tracciabile alcun segmento di retta eccedente la lunghezza di m. 12.
Vasca idromassaggio senza autorizzazione paesaggistica: ok alla demolizione
Una proposta che non sembra avere convinto il TAR Toscana che, con la sentenza del 19 marzo 2025, n. 502 ha respinto il ricorso per l’annullamento di un ordine di demolizione di una vasca idromassaggio di circa 6 mq, realizzata in area sottoposta a vincolo idrogeologico, vincolo sismico e vincolo paesaggistico.
Secondo la ricorrente, l’ordine sarebbe stato illegittimo in quanto la vasca avrebbe avuto carattere meramente ornamentale e sarebbe rientrata nell’alveo dell’edilizia libera, tra quelle elencate al n. 41 del d.m. del 2 marzo 2018 (Glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera).
Una tesi non accolta dal giudice fiorentino, anche se nel caso in esame, a essere dirimente è stata la realizzazione in assenza di autorizzazione paesaggistica. Secondo il TAR, l’opera, costituita dalla vasca in pietra, non poteva essere considerata nè un elemento ornamentale né una vasca di raccolta delle acque, trattandosi invece di una vasca idromassaggio, completa di impianto idraulico e posta evidentemente al servizio della struttura turistico-recettiva.
Il concetto di pertinenza urbanistica
Sul punto, ha ricordato che quest’opera non si può considerare come opera pertinenziale, così come recentemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, sulla nozione di “pertinenza urbanistica”, che ha una definizione più ristretta rispetto a quella civilistica:
- la qualifica di pertinenza urbanistica, infatti, non è applicabile ad opere che funzionalmente si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera principale e non siano coessenziali alla stessa;
- la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussista un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa a cui esso inerisce, sempreché l'opera secondaria non comporti alcun maggiore carico;
- ai fini edilizi il manufatto per essere considerato pertinenza deve essere non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche sfornito di un autonomo valore di mercato, proprio in quanto esaurisce la sua finalità nel rapporto funzionale con l'edificio principale.
Le conclusioni del TAR: idromassaggio non è una pertinenza
Per corroborare la propria tesi, il TAR ha richiamato una sentenza di Palazzo Spada secondo cui le piscine non sono pertinenze in senso urbanistico in quanto comportanti trasformazione durevole del territorio. "L'aspetto funzionale relativo all'uso del manufatto è altresì condiviso da altra recente giurisprudenza, secondo cui tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio cui accede".
La piscina, infatti, a differenza di altri manufatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione e postula, pertanto, il previo rilascio dell'idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire. "Sebbene la vasca idromassaggio non costituisca evidentemente una piscina, la descritta connessione spaziale e funzionale con la pergotenda porta all’applicazione dei medesimi concetti esposti e ad escludere, di conseguenza, che si sia in presenza di una pertinenza in senso urbanistico-edilizio, costituendo invece i manufatti, nel loro insieme, una nuova costruzione, non rientrante nell’ambito della edilizia libera, ma necessitante del permesso di costruire”.
Nel caso in esame, la vasca idromassaggio ha oltretutto determinato la creazione di volumi in difetto della autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’art. 146 del d. lgs. n. 42/2004, circostanza ex se idonea a legittimare l’esercizio da parte del Comune dei poteri repressivi.
Il mancato rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per opere che alterino il paesaggio in zona vincolata attraverso la creazione di nuovi volumi costituisce circostanza di per sé ostativa anche al rilascio dell’accertamento di conformità paesaggistica postuma, come di recente ribadito dalla condivisibile giurisprudenza amministrativa, secondo cui: “Il rilascio della compatibilità paesaggistica non è consentito in presenza di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o di volumi ovvero un aumento di quelli legittimamente realizzati, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno;
La realizzazione di una vasca esterna dotata di impianto idraulico in una zona, come quella in esame, dove insiste un vincolo idrogeologico, avrebbe imposto anche il rilascio della corrispondente autorizzazione.
Opere ante '67: l'onere della prova
Infine, il Collegio ha ribadito il consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale secondo cui va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla c.d. legge ponte n. 761/1967 che con l’art. 10, novellando l’art. 31 della l. n. 1150 del 1942, ha esteso l’obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.
Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale che si è consolidato anche per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo qualora si parli di opera ante '67, risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi.
Questo criterio di riparto dell’onere probatorio tra privato e amministrazione discende dall’applicazione alla specifica materia della repressione degli abusi edilizi del principio di vicinanza della prova "poiché solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio”.
Nel caso di specie, non solo il ricorrente non ha assolto all’onere della prova su di lui incombente, ma dagli atti di causa emergono indici presuntivi volti ad avvalorare l’ipotesi che il manufatto in esame fosse di recente realizzazione.
Ne deriva la legittimità dell’ordine di demolizione, oltretutto specificando che “la repressione degli abusi edilizi costituisce un'attività vincolata della Pubblica Amministrazione, che non richiede una particolare motivazione sulle ragioni di pubblico interesse per l'emanazione di ordinanze demolitorie anche molti anni dopo la realizzazione dell'abuso. Il passare del tempo non è quindi idoneo a consolidare alcun legittimo affidamento in capo al privato”.
Documenti Allegati
Sentenza