Condono edilizio e istruttoria incompleta: il silenzio-assenso non basta

Il Consiglio di Stato ribadisce un principio consolidato dalla giurisprudenza per cui il silenzio-assenso nelle pratiche di condono edilizio non si applica sempre. Ecco quando

di Redazione tecnica - 28/03/2025

Benché l’ultima Legge speciale risalga al 2003, il condono edilizio è uno di quegli istituti che continua a far parlare, soprattutto la giustizia amministrativa costretta periodicamente ad intervenire per chiarire alcuni aspetti legati alla formazione del titolo in sanatoria. Non è un mistero che la valanga che ha travolto la pubblica amministrazione tra il 1985 e il 2003, con i 3 condoni edilizi, sia ancora sepolta nei cassetti pronta per esplodere.

Tra le domande ricorrenti: su un’istanza di condono edilizio presentata si applica sempre il silenzio-assenso per la formazione tacita del titolo abilitativo? E soprattutto, fino a che punto l’Amministrazione può sollecitare integrazioni?

Condono edilizio e silenzio-assenso: interviene il Consiglio di Stato

Ha risposto a queste domande il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2215/2025 che interviene su un tema cruciale per chi opera in ambito edilizio: la legittimità del diniego di condono fondato sulla incompletezza documentale, anche a fronte di una pluralità di integrazioni richieste dall’amministrazione e della presunta operatività del silenzio-assenso.

La vicenda ha origine in un Comune, dove la società appellante aveva presentato ben dieci istanze di condono nel 2004 per regolarizzare diverse opere edilizie (ampliamenti, modifiche, nuove costruzioni). Dopo una lunga fase istruttoria, culminata con richieste di integrazione e successivo preavviso di diniego, l’Amministrazione aveva respinto tutte le domande. Il TAR aveva annullato il diniego solo per due pratiche. Da qui l’appello dinanzi al Consiglio di Stato, che ha confermato il rigetto per sette delle otto pratiche contestate, accogliendo parzialmente l’impugnazione solo per una di queste.

Il cuore della questione ruota attorno a due profili fondamentali:

  1. la completezza delle pratiche di condono: la documentazione allegata risultava, secondo il verificatore incaricato, carente di elaborati grafici, sezioni, fotografie, dichiarazioni e informazioni catastali. Nonostante le richieste di integrazione, la situazione documentale è rimasta lacunosa;
  2. la correttezza dei calcoli ai fini dell’oblazione: in diversi casi l’altezza effettiva dei locali risultava maggiore di quanto autorizzato, influenzando la volumetria e, quindi, l’importo da corrispondere. In alcuni casi, inoltre, l’accesso ai locali è stato negato dai ricorrenti, impedendo le necessarie verifiche.

Il principio ribadito

Nel motivare il rigetto dell’appello, il Consiglio di Stato ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale per cui la formazione tacita del titolo abilitativo in sanatoria straordinaria presuppone una domanda completa in ogni suo elemento, documentale e sostanziale. La mancanza di documentazione – anche solo di una fotografia, di una relazione tecnica, di un calcolo volumetrico corretto – rende legittimo il diniego.

Non basta dunque l’inerzia dell’Amministrazione o la regolarità formale della presentazione: l’istruttoria non può chiudersi in assenza degli elementi necessari per la valutazione, e le richieste di integrazione non sono un abuso ma un esercizio legittimo del potere amministrativo. Soprattutto nei condoni, dove occorre particolare rigore, trattandosi di atti che incidono su situazioni edilizie abusive.

Il quadro normativo

La decisione si fonda principalmente sulle seguenti disposizioni:

  • la Legge n. 47/1985 (primo condono edilizio), che all’art. 35, comma 3 impone la presentazione di una dettagliata descrizione dell’opera e di documentazione fotografica;
  • la Legge n. 724/1994 (secondo condono edilizio), art. 39 e la Legge 326/2003 (terzo condono edilizio), art. 32, che confermano gli obblighi documentali nei condoni successivi;
  • la Legge n. 241/1990, che agli artt. 2 e 6, non vieta in assoluto richieste successive di integrazione, purché giustificate dalla necessità di completare l’istruttoria.

In definitiva, il Consiglio di Stato entra nuovamente nel merito della formazione del titolo in sanatoria straordinaria confermando che:

  • la documentazione deve essere completa e senza non si forma alcun titolo per silenzio;
  • variazioni minime possono cambiare la classificazione dei locali e incidere sulla volumetria e l’oblazione.
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