Chiusura balcone: ci vuole il permesso di costruire
L'aumento volumetrico entro i limiti consentiti è un intervento di ristrutturazione edilizia. Il consiglio di Stato spiega quando e perché si può chiedere la sanatoria
La chiusura di un balcone con vetrate, infissi o altri elementi che ne determinano una trasformazione in una superficie abitabile di norma rientra tra gli interventi di ristrutturazione ex art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e necessita del permesso di costruire.
In particolare il permesso di costruire per la chiusura di un balcone è necessario quando:
- aumenta la volumetria dell’immobile;
- modifica la sagoma dell’edificio, con un intervento che incide sul prospetto dell’edificio e ne modifica in modo significativo l’aspetto esterno;
- incide sulla destinazione d’uso, con la trasformazione del balcone in un locale abitabile.
In alcuni casi, l’intervento potrebbe rientrare nell’edilizia libera o nella manutenzione straordinaria, quindi soggetto a CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) o SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), ad esempio con l’installazione di vetrate panoramiche amovibili (Vepa), ovvero elementi totalmente apribili e rimovibili, che non chiudono stabilmente lo spazio.
Chiusura balcone: ci vuole il permesso di costruire
Se la chiusura di un balcone necessita di un permesso di costruire, effettuare l’intervento in assenza di titolo edilizio non implica però che non possa essere sanato, se l’opera non è difforme dagli strumenti urbanistici ed edilizi.
Ed è proprio per questo che il Consiglio di Stato, con la sentenza del 2 aprile 2025, n. 2804, ha accolto l’appello dei proprietari di un appartamento che si erano visti negare la sanatoria per una cabina armadio realizzata chiudendo parzialmente un balcone e creando una volumetria aggiuntiva di circa 20mc. Il Comune aveva negato il permesso di costruire in sanatoria sostenendo che l’aumento di cubatura fosse consentito solo in caso di ristrutturazione edilizia, e non in caso di semplice manutenzione straordinaria.
Ne era derivato il ricorso al TAR, ribadendo che la chiusura del balcone rientrasse in una ristrutturazione edilizia per adeguamento funzionale e fosse compatibile con le norme urbanistiche locali, per cui poteva essere rilasciato il permesso di costruire in sanatoria.
Il rigetto del TAR e i criteri per l’aumento volumetrico
Il TAR aveva rigettato il ricorso, stabilendo che l’intervento:
- era ammissibile solo se strettamente necessario per l'adeguamento tecnologico, igienico-sanitario o funzionale dell'edificio;
- poteva essere considerato ristrutturazione edilizia solo se rientrante nei criteri stabiliti dall’art. 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380/2001, che disciplina la trasformazione sistematica di un edificio;
- non rientrava nella ristrutturazione edilizia in quanto l’intervento aveva solo modificato lo spazio interno con tramezzi, pavimentazione e intonaci, senza alterare l’edificio nella sua complessità.
Il TAR ha quindi confermato l’inammissibilità della sanatoria, ritenendo che l’aumento volumetrico fosse separato dall’eventuale ristrutturazione edilizia complessiva.
Sanatoria chiusura balcone: quando è consentita
I proprietari hanno quindi presentato appello al Consiglio di Stato, contestando la decisione del TAR e sostenendo che la cabina armadio fosse un ampliamento consentito nell’ambito di una ristrutturazione edilizia.
In particolare, l’art. 10, comma 1, lett. c) del Testo Unico Edilizia prevede che le ristrutturazioni edilizie necessitino del permesso di costruire se comportano modifiche del volume e dei prospetti. Gli appellanti hanno quindi ribadito che l’intervento fosse conforme alla normativa e che avrebbe dovuto essere autorizzato, come dimostrato dalle relazioni tecniche allegate alla richiesta di sanatoria.
I giudici di Palazzo Spada hanno accolto l’appello, ritenendo che la questione ruoti attorno alla qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia o manutenzione straordinaria.
La giurisprudenza consolidata ritiene che la chiusura di balconi e l’aumento di volumetria rientrino nella ristrutturazione edilizia, purché siano rispettate alcune condizioni.
In particolare, il Consiglio di Stato ha evidenziato che:
- l’intervento ha comportato la creazione di un nuovo volume di 21,60 mc e ha inciso sul prospetto esterno dell’edificio, determinando una modifica architettonica rilevante;
- il TAR ha erroneamente interpretato l’art. 21 del d.P.R. 380/2001, che richiede un rapporto di stretta accessorietà tra l’ampliamento volumetrico e la ristrutturazione complessiva. L’intervento in questione soddisfa tali requisiti, rientrando nel limite del 10% della volumetria complessiva;
- secondo la giurisprudenza, la chiusura anche parziale di un balcone costituisce un’opera di ristrutturazione edilizia, per cui è necessario il permesso di costruire.
Veranda sul balcone: non è una pertinenza
La sentenza richiama anche l’Intesa del 20 ottobre 2016 tra Stato, Regioni e Comuni sul Regolamento Edilizio Tipo, che definisce la veranda come uno spazio chiuso sui lati con superfici vetrate o elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.
Sul punto Palazzo Spada ha evidenziato come la trasformazione di un balcone in veranda non costituisca una pertinenza urbanistica, poiché aggiunge un locale autonomamente utilizzabile e modifica sagoma, volume e superficie dell’edificio.
Anche se la chiusura fosse stata realizzata con pannelli in alluminio o altri materiali leggeri, si sarebbe quindi trattato di un aumento volumetrico che necessita di permesso di costruire.
In conclusione, si trattava di un intervento di ristrutturazione edilizia sul quale la richiesta di pdc in sanatoria era pienamente legittima, motivo per cui il ricorso è stato accolto.