La verifica dei requisiti nelle procedure sottosoglia
È necessario disporre le verifiche sui requisiti anche in caso di affidamenti diretti? E se si, anche per gli importi più irrisori?
La partecipazione degli operatori economici alle procedure evidenziali - ma, come vedremo nel prosieguo, anche a quelle di carattere derogatorio financo ad investire gli affidamenti diretti - è vincolata al possesso di determinati requisiti di moralità e, se previsti dal “bando”, di carattere speciale (ovvero economico-finanziari, tecnico-professionali e di idoneità professionale).
Affidamenti diretti e cause di esclusione
Ci si chiede se le disposizioni concernenti i motivi di esclusione (oggi codificati dal D.Lgs. n. 36/2023 in cause di esclusione automatica, art. 94, e non automatica, artt. 95 e 98) debbano intendersi quali norme aventi portata generale - in tal caso applicabili anche alle procedure sottosoglia - o solo di dettaglio e quindi riservate alle procedure ad evidenza pubblica in senso stretto. Ovvero, in termini più prettamente pratici: “è necessario disporre le verifiche sui requisiti anche in caso di affidamenti diretti? E se si, anche per gli importi più irrisori?”.
Una prima granitica risposta è fornita dall’art. 48 del Codice dei Contratti Pubblici, rubricato “Disciplina comune applicabile ai contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea” nella quale è previsto che “L’affidamento e l’esecuzione dei contratti aventi per oggetto lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si svolgono nel rispetto dei principi di cui al Libro I, Parti I e II. Quando per uno dei contratti di cui al comma 1 la stazione appaltante accerta l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, segue le procedure ordinarie di cui alle Parti seguenti del presente Libro. Restano fermi gli obblighi di utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa. Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”.
Non v’è dubbio, quindi, che la disciplina dei motivi di esclusione abbia carattere generale, non rilevando tanto l’importo quanto la necessità, individuata dal legislatore, che la Pubblica Amministrazione stipuli accordi con soggetti meritevoli di ricevere dei vantaggi economici. Dunque, non essendo la disciplina delle “cause di esclusione” derogata – se non nei limiti che esamineremo più avanti – nell’ambito del sottosoglia comunitario, anche in caso di procedura negoziata sottosoglia e di affidamento diretto la fase di verifica dei requisiti rappresenta un segmento sub-procedimentale imprescindibile.
Verifiche dei requisiti infra 40.000 tra Linee guida ANAC e nuovo Codice
Abbiamo accennato al fatto che, ai contratti di importo inferiore alle soglie UE, con il D.Lgs. n. 36/2023 il legislatore ha riservato un sottosistema derogatorio rispetto alla disciplina di dettaglio applicabile ai contratti sopra soglia europea, fermo restando il rispetto delle disposizioni aventi carattere generale che, se non disapplicate da norme speciali, trovano piena operatività anche in tale sistema.
All’interno di questo “micro settore” è stata mantenuta una
specifica modalità, iper-semplificata, per l’espletamento delle
verifiche sui requisiti in caso di affidamenti diretti di importo
inferiore a 40.000 euro. La parte I del D.Lgs. n. 36/2023 dedicata
ai contratti di importo inferiore alle soglie europee stabilisce,
all’art. 52 (controllo sul possesso dei requisiti) che
“1. Nelle procedure di affidamento di cui all’articolo 50,
comma 1, lettere a) e b) (per l’appunto gli affidamenti
diretti, nda), di importo inferiore a 40.000 euro, gli
operatori economici attestano con dichiarazione sostitutiva di atto
di notorietà il possesso dei requisiti di partecipazione e di
qualificazione richiesti. La stazione appaltante verifica le
dichiarazioni, anche previo sorteggio di un campione individuato
con modalità predeterminate ogni anno.
2. Quando in conseguenza della verifica non sia confermato il
possesso dei requisiti generali o speciali dichiarati, la stazione
appaltante procede alla risoluzione del contratto, all’escussione
della eventuale garanzia definitiva, alla comunicazione all’ANAC e
alla sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle
procedure di affidamento indette dalla medesima stazione appaltante
per un periodo da uno a dodici mesi decorrenti dall’adozione del
provvedimento”.
È fuor di dubbio che l’inserimento di tale meccanismo sia di particolare interesse sia per Stazioni Appaltanti che per operatori economici, se si tiene a mente che l’art. 17 del D.Lgs. n. 36/2023 prevede ora che le verifiche dei requisiti siano effettuate prima dell’aggiudicazione (non è più prevista la c.d. fase “integrativa dell’efficacia”) salvo una esecuzione anticipata nelle more delle verifiche ai sensi dell’art. 224 del Codice (ma l’applicabilità ai contratti non PNRR resta dubbia ed oggetto di pareri contrastanti) e che l’art. 17 bis della L. 241/90 (c.d. silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni) non è applicabile al rilascio delle certificazioni comprovanti le dichiarazioni rilasciate nel DGUE, fatto salvo quanto previsto dall’art. 99 co 3 bis del Codice, a fronte della modifica introdotta dal D.Lgs. n. 209/2024 (c.d. correttivo) con cui si dispone che “in caso di malfunzionamento, anche parziale, del fascicolo virtuale dell'operatore economico o delle piattaforme, banche dati o sistemi di interoperabilità ad esso connessi ai sensi dell'articolo 24, decorsi trenta giorni dalla proposta di aggiudicazione, l'organo competente è autorizzato a disporre comunque l'aggiudicazione, che è immediatamente efficace, previa acquisizione di un'autocertificazione dell'offerente, resa ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti il possesso dei requisiti e l'assenza delle cause di esclusione che, a causa del predetto malfunzionamento, non è stato possibile verificare entro il suddetto termine con le modalità di cui ai commi 1 e 2. Resta fermo l'obbligo di concludere in un congruo termine le verifiche sul possesso dei requisiti. Qualora, a seguito del controllo, sia accertato l'affidamento a un operatore privo dei requisiti, la stazione appaltante, ferma l'applicabilità delle disposizioni vigenti in tema di esclusione, revoca o annullamento dell'aggiudicazione, di inefficacia o risoluzione del contratto e di responsabilità per false dichiarazioni rese dall'offerente, recede dal contratto, fatto salvo il pagamento del valore delle prestazioni eseguite e il rimborso delle spese eventualmente sostenute per l'esecuzione della parte rimanente, nei limiti delle utilità conseguite, e procede alle segnalazioni alle competenti autorità”.
A ben guardare, anche con linee guida ANAC n. 4 – sotto la vigenza dell’abrogato D.Lgs. 50/2016 - l’istituto dei controlli godeva di un regime alleggerito in caso di affidamento diretto. L’Autorità proponeva, infatti, una ripartizione per scaglioni di importo: entro i 5.000 euro: da 5.000 a 20.000 euro; sopra i 20.000 euro. In base alla fascia di valore, il RUP era tenuto ad intensificare le verifiche, a cominciare dal controllo sulla regolarità contributiva (DURC -DOL) e dalle annotazioni riservate, fino alla verifica integrale in caso di contratti di importo superiore ad euro 20.000. Al suddetto modus operandi veniva poi associata l’introduzione di apposite clausole contrattuali legate al successivo ed eventuale esito negativo delle verifiche: risoluzione contrattuale a fronte del verificarsi della condizione risolutiva, escussione della garanzia provvisoria o, se non prevista, applicazione di una penale non inferiore al 10% dell’importo contrattuale.
L’art. 52 del Codice dei contratti
Attualmente, l’art. 52 del D.Lgs. n. 36/2023 riproduce, non senza alcune innovazioni, il percorso avviato dall’Autorità con la previsione delle suddette soft law. Nello specifico, si prevede un regime semplificato per tutti gli affidamenti diretti di importo inferiore a 40.000. Tale disciplina nasce dall’esigenza di superare le note difficoltà che molte Stazioni Appaltanti riscontrano proprio nel microsistema degli affidamenti diretti.
Dunque, in caso di affidamenti entro la micro soglia dei 40.000, oggi il Responsabile Unico di Progetto è esonerato dall’obbligo di verificare puntualmente i requisiti di ordine generale e speciale potendo invero procedere ad acquisire una dichiarazione sostitutiva (anche tramite DGUE) attestante il possesso dei suddetti requisiti.
Faccia attenzione il lettore: si ritiene che il DGUE sia obbligatorio a partire dai 40.000 euro, ma con questo non significa che al di sotto di tale importo l’Ente appaltante sia esonerato dal richiedere una dichiarazione sostitutiva sul possesso dei requisiti. Il Documento di Gara Unico Europeo, infatti, non è altro che un modello finalizzato a rilasciare dichiarazioni ai sensi del DPR 445/2000. Per esigenze di standardizzazione dei documenti, è sempre possibile utilizzare il DGUE anche per piccoli importi.
Le Amministrazioni, pertanto, hanno ora la facoltà di snellire le procedure di verifica dei requisiti regolamentando a monte – ovvero ad inizio di ogni anno – forme di controllo a campione sugli operatori economici che ricevono commesse “senza gara”.
Quali sono però le conseguenze nel caso in cui all’esito delle verifiche, gli enti certificatori dovessero fornire un riscontro negativo? Il Codice dei contratti ha previsto un sistema di compensazione tramite l’introduzione di alcuni rimedi, molto simili a quelli, sopra citati, precedentemente introdotti dalle linee guida ANAC n.4:
- la risoluzione del contratto,
- l’escussione dell’eventuale garanzia definitiva;
- la comunicazione all’ANAC
- la sospensione del fornitore dalla partecipazione alle procedure sottosoglia indette dalla medesima Stazione Appaltante per un periodo da uno a dodici mesi decorrenti dall’adozione del provvedimento.
Il soprarichiamato provvedimento sospensivo, in ossequio ai principi sanciti dalla Legge sul Procedimento amministrativo, deve essere adottato nel rispetto di quanto previsto dall’art. 7 della L. 241/1990 in tema di comunicazione di avvio del procedimento e deve consentire il giusto contraddittorio tra le parti. L’amministrazione procedente è tenuta, altresì, a motivare le decisioni assunte all’esito della valutazione delle memorie difensive prodotte e di tutte le circostanze fattuali e concrete, anche, ad esempio, in ordine alla quantificazione della sospensione.