Fotovoltaico in zona vincolata: il diniego va motivato
Il Consiglio di Stato conferma che il diniego di autorizzazione paesaggistica per l’installazione del fotovoltaico in zona vincolata va correttamente motivato
Quali sono i limiti reali alla possibilità di installare impianti fotovoltaici in aree vincolate dal punto di vista paesaggistico? E fino a che punto una Pubblica Amministrazione può giustificare il diniego in presenza di una normativa che, da tempo, spinge verso la semplificazione e la transizione energetica?
Fotovoltaico in zona vincolata: interviene il Consiglio di Stato
Ancora una volta è la giustizia amministrativa a intervenire per ricomporre un quadro normativo disordinato, in cui interessi pubblici rilevanti (tutela del paesaggio e produzione da fonti rinnovabili) si trovano in apparente conflitto e in assenza di un bilanciamento compiuto da parte del legislatore.
A fare chiarezza questa volta è il Consiglio di Stato con la nuova e interessante sentenza n. 2808 del 2 aprile 2025 che rappresenta un punto fermo proprio su questo delicato equilibrio, riformando una decisione di primo grado e accogliendo il ricorso presentato contro il diniego di autorizzazione paesaggistica per l’installazione di un impianto fotovoltaico.
Il caso prende le mosse dalla presentazione al Comune di un’istanza di autorizzazione paesaggistica in variante a un’autorizzazione già rilasciata, con l’obiettivo di realizzare un cappotto termico sulle facciate e installare un impianto fotovoltaico sul tetto.
La Commissione per il paesaggio aveva inizialmente espresso parere favorevole condizionato, ritenendo l’intervento compatibile con il contesto paesaggistico, a condizione che:
“tutto l’impianto fotovoltaico sia integrato nel manto di copertura delle due falde di tetto interessate e che tutti gli elementi dell’impianto (anche le parti in vetro) siano di colore similare a quelli del manto di copertura delle medesime”.
Tuttavia, la Soprintendenza, pur accogliendo l’istanza sul cappotto termico, si era espressa negativamente sull’impianto fotovoltaico, ritenendolo elemento estraneo e non compatibile con il contesto urbano e paesaggistico. Un parere negativo poi confermato anche a seguito di riesame.
La nuova istanza semplificata e il diniego comunale
Per recepire le osservazioni ricevute, i richiedenti avevano poi presentato una nuova istanza di autorizzazione paesaggistica semplificata, riferita esclusivamente all’impianto fotovoltaico e con una soluzione progettuale completamente diversa:
“in due falde non prospicenti la pubblica via, con colorazione rosso mattone, nuova disposizione geometrica regolare e pannelli completamente integrati nel manto di copertura”, in conformità alle semplificazioni previste dal d.P.R. n. 31/2017.
Nonostante l’adeguamento, la Commissione per il paesaggio esprime, però, parere contrario e il Comune:
- invia comunicazione di avvio del procedimento di diniego;
- emette provvedimento formale di diniego, richiamando i pareri precedenti.
Da qui, prima il ricorso al TAR Toscana (respinto), poi l’appello al Consiglio di Stato.
L’analisi del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha ricostruito puntualmente le criticità dell’azione amministrativa, evidenziando:
- travisamento dei fatti: la Commissione e il Comune hanno fatto riferimento a un parere reso su una precedente proposta, ignorando la nuova progettazione, che recepiva le osservazioni paesaggistiche già espresse (colore mattone, pannelli integrati nelle falde, non visibili da suolo pubblico);
- difetto di istruttoria: mancata analisi dell’impatto visivo del nuovo impianto e assenza di ogni valutazione comparativa con i vincoli;
- assenza di “dissenso costruttivo”: l’art. 11, comma 6, del d.P.R. n. 31/2017 impone all’amministrazione, in caso di diniego, di indicare le modifiche indispensabili per rendere accoglibile la proposta. Questo obbligo è stato del tutto disatteso.
I giudici di Palazzo Spada hanno, quindi, sottolineato come la normativa nazionale e regionale qualifichi gli impianti fotovoltaici come opere di pubblica utilità, e abbiano introdotto nel tempo semplificazioni procedurali per favorire la diffusione delle rinnovabili:
- il D.Lgs. n. 28/2011 e il d.P.R. n. 31/2017, che hanno semplificato l’iter per gli interventi di lieve entità;
- la legislazione regionale (nel caso toscano), che considera “aree idonee” anche i tetti degli edifici esistenti, purché l’intervento non alteri la sagoma.
Alla luce di questa evoluzione, non è più sostenibile applicare ai pannelli fotovoltaici categorie estetiche tradizionali che li qualificano come “intrusioni” visive per definizione. Ciò che conta è come i pannelli si inseriscono nel contesto, non la loro semplice presenza.
Autorizzazione paesaggistica ordinaria o semplificata: differenza procedurale
Il Consiglio di Stato ha, infine, ricordato anche le differenze tra autorizzazione paesaggistica ordinaria e semplificata:
- la procedura ordinaria prevede la trasmissione alla Soprintendenza, che esprime un parere vincolante entro 45 giorni;
- la procedura semplificata, destinata agli interventi di lieve entità, prevede invece una documentazione più snella e non richiede il parere della Soprintendenza se l’Amministrazione comunale si esprime negativamente in prima battuta.
Nel caso di specie, trattandosi di procedura semplificata, correttamente non è stato acquisito il parere preliminare della Soprintendenza.
Conclusioni
Il nuovo intervento del Consiglio di Stato ha un valore strategico per i tecnici che operano in territori vincolati: non basta richiamarsi a pareri pregressi, soprattutto se riferiti a proposte superate. Occorre che l’Amministrazione valuti la soluzione progettuale effettivamente presentata e, in caso di diniego, formuli un’alternativa tecnicamente praticabile.
Il principio del dissenso costruttivo non è un’opzione: è una condizione di legittimità del provvedimento.
In un contesto in cui la transizione ecologica è un obiettivo prioritario, anche la tutela paesaggistica deve evolvere verso un approccio più tecnico, dialogico e orientato alla soluzione, dove la compatibilità non si misura sulla base di schemi rigidi ma sulla capacità progettuale di integrazione.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 2 aprile 2025, n. 2808