Sanatoria paesaggistica e superficie utile: interviene il Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato apre ad una interpretazione funzionale della nuova sanatoria semplificata di interventi in assenza di autorizzazione paesaggistica
Si può sanare un intervento in zona vincolata che costituisce (apparentemente) nuova superficie utile? Qual è il confine tra superficie accessoria e superficie utile? Come si coordina l’art. 167, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) con l’art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)?
Sanatoria paesaggistica e superficie utile: la sentenza del Consiglio di Stato
Domande più che legittime a cui ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza 19 marzo 2025, n. 2269, che apre a un’applicazione più coerente – e meno formalistica – del concetto di “superficie utile” ai fini della compatibilità paesaggistica postuma.
La vicenda trae origine da un contenzioso tra due operatori attivi nel settore del trasporto pubblico lagunare. Uno dei soggetti aveva ottenuto, nel 2021, un provvedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica per una passerella in legno su pali, destinata all’ormeggio dei natanti. Dopo il parere favorevole della Soprintendenza, era stata presentata SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001.
Contro questo provvedimento è stato proposto ricorso, fondato sulla presunta violazione dell’art. 167, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004, in quanto l’opera avrebbe determinato la creazione di nuova superficie utile in ambito vincolato. Ricorso accolto dal tribunale di primo grado che ha annullato gli atti autorizzativi.
La vicenda arriva, però, al Consiglio di Stato che, oltre a riformare la decisione del TAR, ha offerto dei chiarimenti di natura generale che, di fatto, hanno anticipato i contenuti della più recente circolare n. 19/2025 pubblicata dal Ministero della Cultura.
Superficie utile e Superficie accessoria
Con un ragionamento dettagliato, il Consiglio di Stato ha riaffermato che il concetto di “superficie utile” non può essere interpretato autonomamente nel Codice dei beni culturali, ma va coordinato con il Testo Unico Edilizia. In particolare, secondo la giurisprudenza e richiamando l’art. 6, comma 1, lett. b-bis), del d.P.R. n. 380/2001, occorre distinguere il concetto di superficie accessoria da quello di superficie utile per escludere dalla attività edilizia libera alcuni interventi che configurano spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che “possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d'uso dell'immobile anche da superficie accessoria a superficie utile”.
Ricordiamo che tra le definizioni contenute nel Regolamento edilizio tipo:
- Superficie utile (SU) - Superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre.
- Superficie accessoria (SA) - Superficie di pavimento degli
spazi di un edificio aventi carattere di servizio rispetto alla
destinazione d’uso della costruzione medesima, misurata al netto di
murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre. La
superficie accessoria ricomprende:
- i portici e le gallerie pedonali;
- i ballatoi, le logge, i balconi e le terrazze;
- le tettoie con profondità superiore a m 1,50; le tettoie aventi profondità inferiore a m. 1,50 sono escluse dal computo sia della superficie accessoria sia della superficie utile;
- le cantine poste al piano interrato, seminterrato o al primo piano fuori terra e i relativi corridoi di servizio;
- i sottotetti accessibili e praticabili per la sola porzione con altezza pari o superiore a m 1,80, ad esclusione dei sottotetti aventi accesso diretto da una unità immobiliare e che presentino i requisiti richiesti per i locali abitabili che costituiscono superficie utile;
- i vani scala interni alle unità immobiliari computati in proiezione orizzontale, a terra, una sola volta;
- spazi o locali destinati alla sosta e al ricovero degli autoveicoli ad esclusione delle autorimesse che costituiscono attività imprenditoriale;
- le parti comuni, quali i locali di servizio condominiale in genere, i depositi, gli spazi comuni di collegamento orizzontale, come ballatoi o corridoi. Gli spazi comuni di collegamento verticale e gli androni condominiali sono escluse dal computo sia della superficie accessoria sia della superficie utile.
Nel caso di specie, la passerella – lunga 11 metri e larga meno di un metro, realizzata su pali e con tecniche tradizionali – è stata ritenuta dal Consiglio di Stato una struttura meramente accessoria, destinata esclusivamente alle operazioni di salita e discesa da natanti. Non configurando uno spazio autonomamente fruibile, non può essere assimilata a superficie utile.
Il Consiglio di Stato, dunque, ha valorizzato l’uso funzionale dell’opera e il contesto paesaggistico in cui è inserita. La struttura, strettamente servente al servizio pubblico di trasporto acqueo, non altera il fronte lagunare e non presenta elementi di fruizione autonoma. Ciò la qualifica come pertinenza, escludendola dall’ambito delle opere non sanabili ai sensi dell’art. 167, comma 4.
Il coordinamento con l’art. 36-bis del TUE e la circolare MiC
Di particolare interesse è il passaggio in cui si richiama l’evoluzione normativa introdotta dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa). Il nuovo art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) consente, infatti, l’accertamento della compatibilità paesaggistica anche per opere che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi.
Una novità che è stata chiarita dal Ministero della Cultura con la citata circolare n. 19/2025, che ha confermato l’applicabilità del nuovo regime anche in ambiti vincolati, senza necessità di esplicita deroga al Codice dei beni culturali.
Conclusione
Il Consiglio di Stato offre un importante chiarimento sulla distinzione tra superficie utile e accessoria, aprendo a un’interpretazione più funzionale e aderente alla realtà degli interventi minori in area vincolata. Allo stesso tempo, la nuova disciplina introdotta dall’art. 36-bis del TUE – chiarita dalla circolare del MiC – segna una svolta significativa nel sistema sanzionatorio, consentendo una sanabilità più ampia e coerente anche in contesti paesaggistici.
La direzione è tracciata: la valutazione paesaggistica postuma non può più fermarsi alla forma, ma deve considerare la funzione e il contesto. Un principio che, se applicato con rigore tecnico e coerenza istituzionale, potrà finalmente riportare equilibrio tra tutela e semplificazione.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 19 marzo 2025, n. 2269