Vincolo paesaggistico e corsi d’acqua minori: il Consiglio di Stato rimette la questione alla Plenaria

Il Consiglio di Stato rimette all’Adunanza Plenaria la questione che riguarda il vincolo paesaggistico per fiumi, torrenti o corsi d’acqua minori

di Redazione tecnica - 10/04/2025

Terreni sopraelevati e vincoli paesaggistici nei 150 metri dai corsi d’acqua: cosa dice la legge? E come va interpretata?

Vincolo paesaggistico e corsi d’acqua minori: interviene il Consiglio di Stato

Ci sono disposizioni normative che, pur avendo superato i vent’anni di vigenza, continuano a generare dubbi applicativi. Non è un mistero che, all’aumentare del livello di dettaglio legislativo, corrisponda spesso una crescente difficoltà nel calare le norme nella complessità della realtà concreta.

Un esempio emblematico di questa ambiguità normativa arriva con l’ordinanza n. 2766/2025 della Seconda Sezione del Consiglio di Stato, che ha rimesso all’Adunanza Plenaria un quesito di rilevanza generale sull’estensione del vincolo paesaggistico ex art. 142, comma 1, lett. c), del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, o CBCP), in riferimento ai fiumi, torrenti o corsi d’acqua cosiddetti “minori”.

Il nodo interpretativo ruota attorno alla qualificazione delle aree sopraelevate rispetto al livello delle sponde o degli argini: possono considerarsi escluse dalla fascia di rispetto di 150 metri prevista dalla norma? E dunque, sono automaticamente fuori dal vincolo paesaggistico?

La vicenda prende avvio dal diniego implicito (silenzio-diniego, formato ex art. 36, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001) di un permesso di costruire in sanatoria richiesto per alcune opere edilizie situate lungo un fiume. L’amministrazione comunale ha ritenuto che le opere ricadessero all’interno della fascia paesaggisticamente vincolata, determinando l’inammissibilità dell’autorizzazione paesaggistica ex post.

L’appellante ha però sostenuto che, trovandosi le opere a un’altezza di 8,73 metri rispetto al letto fluviale, le stesse non insistessero sulle sponde o sui piedi degli argini, bensì su terreni sopraelevati, non riconducibili alle aree vincolate ai sensi dell’art. 142, lett. c), del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Il TAR ha respinto il ricorso. Ma il Consiglio di Stato ha ravvisato una questione interpretativa di massima rilevanza, rimettendola alla Plenaria.

Il quadro normativo e il dubbio interpretativo

L’art. 142, comma 1, del D.lgs. n. 42/2004 individua tra le aree tutelate per legge:

  • lett. a): le zone costiere fino a 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
  • lett. b): i territori contermini ai laghi, sempre fino a 300 metri, anche per i territori elevati sui laghi;
  • lett. c): i fiumi, torrenti e corsi d’acqua iscritti negli elenchi ufficiali, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri.

A differenza delle prime due lettere, la lettera c) non fa riferimento ai terreni elevati, né utilizza il termine generico di “territori”, ma parla espressamente di “sponde” e “argini”, suggerendo un’intenzione del legislatore di circoscrivere l’ambito del vincolo paesaggistico in modo più restrittivo.

Secondo il Consiglio di Stato, l’interpretazione puramente letterale dell’art. 142, lett. c), porterebbe a escludere i terreni sopraelevati dal vincolo, anche se situati entro i 150 metri dal corso d’acqua. Tale lettura si fonda su tre elementi principali:

  1. l’assenza di riferimenti ai terreni sopraelevati nella lett. c), presenti invece nelle lett. a) e b);
  2. la scelta lessicale del termine “sponda” o “piede dell’argine”, che richiama specifiche conformazioni morfologiche;
  3. la volontà legislativa di delimitare in modo differenziato le fasce tutelate, in considerazione della diffusa presenza di corsi d’acqua minori sul territorio nazionale.

Tuttavia, questa impostazione presenterebbe criticità evidenti. Escludere i terreni sopraelevati significherebbe sottrarre alla tutela paesaggistica un’ampia porzione di paesaggio fluviale, con un potenziale contrasto con l’art. 9 della Costituzione, che tutela l’ambiente e il paesaggio come valori fondamentali della Repubblica.

Il quesito alla Plenaria

Il Consiglio di Stato – pur ipotizzando una possibile interpretazione estensiva dei concetti di “sponda” e “argine”, che comprenda anche i rilievi morfologici immediatamente contigui al corso d’acqua, qualora rilevanti dal punto di vista paesaggistico – ha, dunque, formulato all’Adunanza Plenaria il seguente quesito:

Se, in relazione ai fiumi, torrenti o corsi d’acqua cd. «minori», debbano intendersi soggette al vincolo paesaggistico ex art. 142, comma 1, lett. c), del D.lgs. n. 42/2004 unicamente le porzioni di aree ricomprese nei 150 metri a partire dai piedi degli argini e dalle sponde, con esclusione delle aree sopraelevate”.

In attesa del pronunciamento, la questione resta aperta e tutt’altro che marginale: sono moltissimi i casi, specie in contesti rurali o collinari, in cui l’edificazione avviene in prossimità dei corsi d’acqua su terreni in lieve sopraelevazione. La risposta della Plenaria potrà incidere in modo determinante sulla legittimità di tali interventi e sulla possibilità di regolarizzarli in sanatoria.

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