Abusi edilizi in area vincolata: il Consiglio di Stato sulle sanzioni post Salva Casa

Il nuovo intervento del Consiglio di Stato chiarisce i limiti dell’art. 32 del Testo Unico Edilizia relativamente alla sanzione per gli abusi edilizi in area vincolata

di Redazione tecnica - 11/04/2025

Quando un abuso edilizio in area vincolata va qualificato come variazione essenziale? E quali effetti produce l’intervento del decreto “Salva Casa” sull’equiparazione automatica tra difformità, totali o parziali, e variazioni essenziali?

Abusi edilizi in area vincolata e Salva Casa: chiarimenti dal Consiglio di Stato

Domande sempre più interessanti, soprattutto a seguito della nuova versione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) introdotta con la Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) che, tra le altre cose, ha previsto alcune importanti modifiche che riguardano:

  • la definizione di variazione essenziale;
  • la gestione delle difformità edilizie minori.

Sull’argomento, registriamo un importante contributo del Consiglio di Stato che, con la sentenza 2 aprile 2025, n. 2814, affronta una vicenda particolarmente complessa sul piano tecnico-giuridico e offre indicazioni preziose per operatori e tecnici impegnati nella gestione del contenzioso edilizio.

Oggetto della controversia è un intervento edilizio eseguito in area sottoposta a vincolo paesaggistico, con difformità:

  • quantitative (ampliamento della pavimentazione soprastante i box auto);
  • qualitative (materiali e finiture non conformi).

L’ordinanza comunale di rimessa in pristino era stata impugnata dai proprietari a seguito di un ricorso parzialmente accolto dal TAR, che aveva ritenuto erroneo l’inquadramento sanzionatorio e censurato la mancata specificazione delle opere da demolire.

Le eredi del confinante, divenute appellanti in secondo grado, contestano però la decisione del TAR e chiedono la conferma dell’ordine demolitorio.

La qualificazione dell’abuso

Nel merito, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, riformato la sentenza di primo grado e confermato la legittimità dell’ordinanza comunale. Ma ciò che rileva è il percorso logico-giuridico seguito, che merita attenzione per tre aspetti fondamentali:

  • la qualificazione dell’abuso: tra art. 31, 32 e 34 del d.P.R. n. 380/2001;
  • l’effetto del Salva Casa e l’addio all’automatismo tra vincolo e variazione essenziale;
  • l’oggetto della demolizione e la necessaria proporzionalità.

Sul primo punto, il Consiglio di Stato ha chiarito che, in presenza di vincoli paesaggistici o ambientali, anche una difformità minima assume per legge la qualificazione di variazione essenziale. Si applica dunque il regime sanzionatorio dell’art. 31 TUE, con ordine di demolizione. La questione non riguarda la gravità oggettiva dell’abuso, ma la collocazione del manufatto in un’area tutelata.

«Le opere realizzate su immobili o aree soggette a vincoli mantengono comunque una specifica e predeterminata rilevanza, poiché le esigenze di tutela […] implicano l’immodificabilità dello stato dei luoghi senza il previo avallo degli organi competenti».

L’effetto del Salva Casa e l’oggetto della demolizione

Relativamente al secondo punto, fondamentale è un passaggio della sentenza in cui il Consiglio di Stato evidenzia come il Salva Casa, abbia soppresso la parte finale del comma 3, art. 32 del TUE che, ricordiamo, disponeva quanto segue (in grassetto la parte soppressa):

Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali”.

L’effetto di questa abrogazione è che viene meno l’equiparazione automatica tra parziali difformità e variazioni essenziali per gli interventi su immobili vincolati.

Una svolta normativa rilevante, ma con effetto solo ratione temporis: la norma, infatti, non si applica retroattivamente. Ma il principio è tracciato: le sanzioni edilizie non possono prescindere da un’analisi puntuale dell’effettiva consistenza dell’abuso.

Infine, il Consiglio di Stato si sofferma anche sul tema, spesso trascurato, della determinazione esatta dell’oggetto della demolizione. I giudici di secondo grado sottolineano che, anche in presenza di variazione essenziale, non è detto che l’intervento debba essere demolito in toto. Spetta all’Amministrazione valutare la concreta frazionabilità dell’intervento, evitando demolizioni inutili della parte legittima.

Cosa cambia con il Salva Casa

Con l’abrogazione del secondo periodo del comma 3 dell’art. 32 TUE, il legislatore ha corretto un automatismo eccessivamente penalizzante. Oggi, per le opere realizzate in aree vincolate, non è più prevista l’automatica equiparazione tra qualsiasi difformità e la variazione essenziale.

Questo non significa che tali opere diventino automaticamente sanabili, ma che l’Amministrazione dovrà valutare caso per caso, senza ricorrere alla fictio iuris che assimilava ogni difformità a un abuso grave.

Ricordiamo, infatti, che con l’introduzione dell’art. 36-bis all’interno del TUE, il legislatore ha previsto una nuova forma di sanatoria edilizia semplificata riservata alle parziali difformità e alle variazioni essenziali, anche realizzate in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica e, persino, in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi, ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati.

Conclusioni

Il nuovo intervento dei giudici di Palazzo Spada conferma tre indicazioni operative fondamentali:

  • nessuna equiparazione automatica: dopo il Salva Casa, le difformità su immobili vincolati non sono più assimilate sempre a variazioni essenziali;
  • serve una valutazione concreta: l'Amministrazione deve analizzare in dettaglio l’effettiva entità dell’abuso, distinguendo tra parte legittima e parte eccedente;
  • il ripristino deve essere proporzionato: anche in presenza di violazioni gravi, la demolizione totale è ammissibile solo quando non risulti tecnicamente possibile nel rispetto dei principi di proporzionalità e conservazione richiamati anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 30 luglio 2024, n. 14).

Ricordiamo, infine, che per gli interventi in totale difformità che non possiedono la doppia conformità simmetrica di cui all’art. 36 del TUE, non è previsto alcun rimedio alternativo alla demolizione. Sono interventi in totale difformità quelli che (art. 31, comma 1, TUE) comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

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