Stato legittimo e legittimità dell’intervento: due concetti da non confondere

Guida alle differenze formali e sostanziali tra stato legittimo dell’immobili e legittimità edilizia-urbanistica dell’intervento

di Gianluca Oreto - 11/04/2025

Cosa intendiamo davvero quando parliamo di "stato legittimo" di un immobile? E come si distingue dalla "legittimità dell’intervento"? Perché i due concetti, apparentemente simili, generano spesso fraintendimenti nella pratica edilizia e nella redazione degli atti tecnici?

In un contesto normativo frammentato e in continua evoluzione come quello dell’edilizia italiana, definire correttamente i presupposti di regolarità urbanistica è un passaggio obbligato. Ecco perché è fondamentale distinguere tra due nozioni distinte ma spesso sovrapposte: stato legittimo dell’immobile e legittimità dell’intervento edilizio.

Il quadro normativo di riferimento

Il concetto di stato legittimo è oggi definito dall’art. 9-bis, comma 1-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), recentemente modificato dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa).

Si tratta di una nozione ricostruita su base documentale e giuridica, che tiene conto di tutti i titoli abilitativi rilasciati, delle sanatorie ottenute e delle eventuali dichiarazioni di tolleranza e fiscalizzazione.

Diversamente, la legittimità dell’intervento rappresenta il risultato di un'istruttoria tecnica e giuridica sul progetto proposto, secondo i principi generali dell'ordinamento edilizio e sulla base di un corpus normativo articolato e intersettoriale. Il risultato di questa istruttoria conduce alla scelta del relativo regime amministrativo che, come noto, comprende:

  • l’edilizia libera (art. 6, TUE);
  • gli interventi soggetti a:
  • comunicazione di inizio lavori asseverata o CILA (art. 6-bis, TUE)
  • permesso di costruire (art. 10, TUE);
  • segnalazione certificata di inizio attività o SCIA (art. 22, TUE);
  • segnalazione certificata di inizio attività alternativa a permesso di costruire (art. 23, TUE).

Stato legittimo

Nella nuova versione del comma 1-bis, art. 9-bis, del Testo Unico Edilizia, il legislatore ha ampliato la definizione di stato legittimo includendo:

  • il titolo originario o quello che ha disciplinato l’ultimo intervento sull’intero immobile, purché l’amministrazione abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi;
  • i titoli rilasciati in sanatoria (artt. 34-ter, 36, 36-bis, 38);
  • il pagamento delle sanzioni (artt. 33, 34, 37, 38);
  • le dichiarazioni tecniche sulle tolleranze (art. 34-bis).

Per gli immobili:

  • realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio;
  • nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi;

per la ricostruzione dello stato legittimo è possibile far riferimento a:

  • informazioni catastali di primo impianto;
  • documenti probanti alternativi, come:
    • riprese fotografiche;
    • estratti cartografici;
    • documenti d’archivio;
    • altri atti, pubblici o privati, purché ne sia dimostrata la provenienza;
  • titolo edilizio che ha disciplinato l’ultimo intervento sull’intero immobile o unità immobiliare;
  • eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Da ricordare due aspetti fondamentali:

  1. lo stato legittimo è di tipo “documentale”. Ciò significa che lo stato legittimo va confrontato con lo stato di fatto in cui versa l’immobile per la verifica di eventuali difformità edilizie (che a loro volta possono essere tolleranze, abusi parziali, variazioni essenziali o abusi totali);
  2. nessun intervento può essere legittimamente eseguito su un immobile privo di stato legittimo, indipendentemente dalla sua entità o dalla tipologia dell’opera. La giurisprudenza è ormai pacifica nel ritenere che anche interventi minimi, come manutenzioni ordinaria, costituiscono prosecuzione dell’abuso originario se realizzati su immobili non regolari.

Legittimità dell’intervento

Con "legittimità dell’intervento" si intende la conformità dell’opera progettata rispetto alla normativa urbanistica, edilizia, tecnica, igienico-sanitaria, ambientale e paesaggistica vigente al momento della presentazione del titolo.

Diversamente dallo stato legittimo, la legittimità dell’intervento è un concetto multilivello che implica:

  • la corretta classificazione dell’intervento (art. 3 TUE);
  • la scelta adeguata del titolo edilizio (CILA, SCIA, PdC, ecc.);
  • la verifica della conformità a piani e vincoli;
  • la responsabilità tecnica dell’asseverazione.

È una legittimità “dinamica”, che riguarda il progetto e la sua ammissibilità secondo le regole in vigore.

Come anticipato nel precedente paragrafo, l’avvio di qualsiasi intervento edilizio legittimamente progettato deve avere come presupposto lo stato legittimo.

Ciò significa che per avviare un intervento, il professionista deve accertarsi della piena conformità dello stato di fatto allo stato legittimo e, in mancanza, verificare le possibilità di conformazione che variano in funzione dell’entità dell’abuso.

Una difformità edilizia può, infatti, essere:

  • tolleranza costruttiva (art. 34-bis, TUE);
  • un abuso parziale (artt. 33 e 34, TUE);
  • una variazione essenziale (art. 32, TUE);
  • un abuso totale (art. 31, TUE).

Conclusioni

Comprendere la distinzione tra stato legittimo e legittimità dell’intervento è essenziale per evitare errori istruttori, responsabilità professionali e contenziosi. In particolare:

  • ogni intervento edilizio, anche minimale, presuppone l’accertamento dello stato legittimo dell’immobile;
  • il tecnico progettista ha il dovere di verificare e dichiarare entrambi i presupposti: la regolarità dell’immobile e la conformità normativa dell’intervento (anche nel caso in cui il titolo non lo richiede espressamente come nel caso della CILAS, la comunicazione di inizio asseverata per gli interventi di superbonus);
  • il Decreto Salva Casa ha semplificato (forse!) la prova dello stato legittimo, ma non lo presume automaticamente: ogni istanza deve essere accompagnata da una ricostruzione documentale solida;
  • un titolo edilizio rilasciato o formatosi sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche a distanza di anni.

Ma soprattutto non dimentichiamo l’aspetto più rilevante: l’abuso edilizio non si prescrive mai e l’amministrazione potrà sempre emettere la sanzione demolitoria anche a distanza di anni dalla realizzazione dello stesso.

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