Ante '67, edilizia libera e ordine di demolizione: interviene il TAR

L'assenza di permesso di costruire può essere giustificata solo se l'immobile sia stato costruito prima dell'entrata in vigore della Legge Ponte. Ma la data di costruzione va comunque dimostrata

di Redazione tecnica - 18/04/2025

Quando un immobile sorge in area vincolata e privo di titolo edilizio, può il proprietario invocare la vetustà dell’opera o ricondurre gli interventi a edilizia libera per evitare la demolizione? E ancora: quali elementi sono ritenuti idonei a dimostrare la realizzazione ante '67?

Ante '67 ed edilizia libera: senza prove non è possibile evitare la demolizione

Sono questi i punti chiave al centro della sentenza del TAR Puglia del 5 marzo 2025, n. 337, con cui è stata confermata la piena legittimità dell’ordinanza demolitoria emessa da un Comune in relazione a opere abusive in zona soggetta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, chiarendo in modo netto:

  • i limiti della prova “ante ’67”;
  • l’esclusione dell’edilizia libera in caso di strutture chiuse, impiantizzate e volumetriche;
  • l’inapplicabilità del d.P.R. n. 31/2017 (allegato A) agli interventi contestati.

A seguito di un esposto, il Comune ha accertato l’esistenza di opere prive di titolo edilizio, imponendo la demolizione di:

  • fabbricato in tufo e solaio in c.a. di 68 mq, adibito a civile abitazione;
  • copertura chiusa con struttura in metallo e policarbonato, utilizzata come cucina-lavanderia;
  • pergolato su terrazza con travi in legno, dotato di elementi di chiusura superiori.

Il proprietario ha impugnato l’ordinanza, sostenendo la realizzazione del fabbricato principale prima dell'entrata in vigore della legge n. 765/1967 (c.d. "Legge Ponte"), motivo per cui non sarebbe stata necessaria la concessione edilizia. Inoltre le altre opere sarebbero rientrare nel regime di edilizia libera in quanto rientranti nelle lettere A22 e simili dell’allegato A al d.P.R. n. 31/2017.

Vediamo nei dettagli la decisione del TAR.

 

Ante '67: prova dev’essere rigorosa e oggettiva

Nel valutare il caso, il Collegio ha ribadito che “L'onere di fornire la prova che l'opera ubicata su area esterna al centro abitato esista da epoca antecedente alla data di entrata in vigore della L. 6/8/1967, n. 765, grava sul privato, la quale, in presenza di un manufatto non assistito da un titolo abilitativo che lo legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarlo ai sensi di legge.”

L’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) configura l’ordinanza di demolizione come atto vincolato, e pertanto l’amministrazione non ha alcun obbligo di motivare sulla sussistenza di un interesse pubblico attuale.

Quanto alle prove addotte dalla ricorrente:

  • le dichiarazioni notarili e contenute nell’atto di compravendita sono “mere affermazioni di parte”, redatte ex art. 46 d.P.R. n. 380/2001, e non verificabili;
  • la visura catastale non recava la data di prima iscrizione e la categoria A/5 “non è indicativa dell’epoca di costruzione”, in quanto è stata soppressa solo nel 1992;
  • le perizie tecniche acquisite in sede di stipula non costituivano documentazione certa e oggettiva, tale da invertire l’onere probatorio.

Di conseguenza, non risultava alcuna prova documentale certa della realizzazione ante ’67 del fabbricato, motivo per cui era stato correttamente considerato abusivo.

 

Coperture con vetrate: quando non sono VePA

Il TAR ha respinto anche la tesi della ricorrente secondo cui la copertura metallica con vetrata, adibita a cucina-lavanderia, potesse rientrare nella lettera A22 dell’allegato A al d.P.R. 31/2017, come semplice struttura di protezione dagli agenti atmosferici.

Secondo il giudice infatti “Non si tratta di manufatto volto a fornire semplice protezione dello spazio esterno, ma della vera e propria creazione di un nuovo vano abitabile, inequivocabilmente utilizzabile alla stregua di un’area interna, come testimoniato dalla presenza della cucina e della lavanderia.”

Sul punto ha richiamato:

  • la lettera b-bis) al comma 1 dell'art. 6 del Testo Unico Edilizia, dalla quale si desume che l'utilizzo di vetrate panoramiche non comporta di per sé la creazione di un nuovo volume quando sia effettuata ai soli fini di protezione temporanea dagli agenti atmosferici e riduzione delle dispersioni termiche e sia mantenuta la natura e la funzione di spazio esterno;
  • la lett. e.5 dello stesso comma 1, art. 6, d.P.R. n. 380/2001 che invece considera “interventi di nuova costruzione [...] l’installazione di strutture di qualsiasi genere che siano utilizzate come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili.”

Ciò che esclude l'applicabilità della disciplina della VEPA è, infatti, la natura dell'intervento nei casi in cui sia individuabile un volume chiuso potenzialmente abitabile. In questo caso la struttura, essendo chiusa, impiantizzata e funzionale, costituisce nuova volumetria e richiede permesso di costruire.

 

Pergolato chiuso: è tettoia soggetta a titolo edilizio

Infine, la sentenza distingue chiaramente tra:

  • pergolato, definito quale struttura leggera, aperta, amovibile, senza copertura fissa;
  • tettoia, ossia una struttura coperta con elementi rigidi (es. pannelli, lamiera, plexiglass), non amovibile, con effetto volumetrico.

Nel caso in esame, l’opera, per come descritta e documentata, non può ascriversi ad una delle ipotesi di edilizia libera, trattandosi di pergolato munito di elementi di chiusura superiore fissi, e dunque da qualificarsi come tettoia.

Sul punto si è richiamata la giurisprudenza costante secondo cui “Un pergolato coperto con elementi rigidi e non rimovibili perde la sua natura ornamentale e assume quella di manufatto edilizio rilevante, soggetto a titolo abilitativo.” Anche in questo caso, si configura un intervento abusivo in zona vincolata.

Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la legittimità dell’ordine di demolizione fondato sull’abusività di un immobile edificato sine titulo e nella realizzazione, sempre senza alcuna autorizzazione, di manufatti non rientranti in edilizia libera.

 

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