Condono edilizio: la sanabilità di nuove volumetrie in zona vincolata

L'amministrazione può negare il condono nel caso in cui l'intervento sia compatibile con la disciplina urbanistica? Ecco la risposta del TAR

di Redazione tecnica - 19/04/2025

Nell’ambito della disciplina condonistica, i c.d. “abusi maggiori” comportanti nuove volumetrie sono sanabili oppure no? La presenza di un vincolo rappresenta sempre una causa ostativa? E l’eventuale disciplina urbanistica favorevole all’intervento, può costituire un elemento per ottenere la sanatoria?

Abusi maggiori e vincolo paesaggistico: il TAR sul Terzo Condono Edilizio

A rispondere a questi dubbi, frequenti in caso di applicazione della normativa sul condono, è il TAR Lazio con la sentenza del 15 aprile 2025, n. 7433, nell’ambito di un ricorso contro il rigetto dell’istanza di condono edilizio presentata ai sensi della legge n. 326/2003 (c.d. “Terzo Condono Edilizio”), per un locale commerciale di circa 200 mq e 640 mc. di volumetria, realizzato in zona vincolata.

Le ricorrenti avevano contestato la legittimità del provvedimento comunale fondato sull’esistenza di un vincolo paesaggistico, deducendo che:

  • il vincolo sarebbe stato introdotto successivamente alla presentazione della domanda di sanatoria;
  • il Piano Territoriale Paesaggistico (PTP) vigente non avrebbe comportato inedificabilità assoluta;
  • il Comune non avrebbe valutato le osservazioni presentate ai sensi dell’art. 10-bis della legge 241/1990;
  • vi sarebbe stata una motivazione generica e stereotipata.

 

 

Il quadro normativo: i limiti oggettivi al condono nelle aree vincolate

La normativa statale prevede la non sanabilità delle opere abusive con nuovi volumi in zone soggette a vincoli paesaggistici, ambientali o naturalistici posti prima della realizzazione dell’abuso.

Sulla base delle previsioni dettate dall’art. 32, commi 26 e 27, del decreto legge n. 269/2003:

  • possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 del decreto legge n. 269 del 2003, integrate dalle opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria,
  • per le altre tipologie di abusi, riconducibili alle tipologie di illecito di cui ai nn. 1, 2 e 3, dello stesso allegato interviene una preclusione legale alla sanabilità delle opere abusive.

La legge regionale Lazio n. 12/2004, ancora più restrittiva, sancisce all’art. 3, comma 1, lett. b), la non sanabilità anche per opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.

La sentenza del TAR

Il TAR ha quindi respinto tutte le censure, ritenendo infondato il ricorso . L’abuso, osservano i giudici, consiste in una nuova costruzione di rilevante consistenza volumetrica (640 mc), realizzata nel 2002, quindi successivamente all’approvazione del vincolo paesaggistico avvenuta nel 1998.

In simili ipotesi, per consolidato orientamento giurisprudenziale, non sono suscettibili di condono le opere edilizie che abbiano comportato la realizzazione di nuova volumetria in area sottoposta a vincolo paesaggistico, per come appunto previsto dall’art. 32, commi 26 e 27 del d.l. 269/2003 e dalla legge regionale Lazio n. 12/2004, che pongono un limite assoluto alla sanabilità degli abusi “maggiori” realizzati in aree vincolate.

Da questo punto di vista, la verifica di compatibilità urbanistica o paesaggistica è irrilevante in presenza di insanabilità per legge. La pubblica amministrazione non è tenuta ad acquisire pareri, né a svolgere accertamenti specifici: “A fronte dell’assoluta non condonabilità dell’abuso maggiore su bene vincolato, la verifica di conformità urbanistica – correttamente omessa nella specie – non assume alcuna rilevanza”.

Sul punto, specificano i giudici, la disciplina condonistica ha carattere speciale ed eccezionale, prescinde dalle regole ordinarie sull’edificabilità e si applica solo nei limiti rigorosi fissati dalla legge.

Obblighi istruttori, motivazione e affidamento: nessuna violazione

Infine, le ricorrenti avevano lamentato la violazione dell’art. 10-bis della legge 241/1990, per omessa considerazione delle osservazioni presentate. Anche questo profilo è stato rigettato, poiché la natura vincolata del diniego esclude un’effettiva discrezionalità.

La P.A., di fronte a un abuso insanabile ex lege, non ha margini di valutazione: il rigetto è dovuto, e la motivazione è sufficiente se richiama in modo puntuale i presupposti normativi e fattuali.

 

 

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