Bonus edilizi: gli interventi sulle parti comuni dell’edificio plurifamiliare di un unico proprietario

L’esperto risponde: le detrazioni fiscali 2025 per edifici con unico proprietario, come gestire correttamente le spese sulle parti comuni

di Luciano Ficarelli - 24/04/2025

Ho di recente letto l’articolo dal titolo “Condominio minimo e detrazioni fiscali: le novità per il 2025” e, nonostante il suo contenuto racchiuda come sempre preziosi chiarimenti, mi rimane un dubbio legato alla casistica dell’edificio plurifamiliare posseduto da un unico proprietario.

L’argomento, che all’epoca del superbonus era stato “sdoganato” in favore di una sua interpretazione estensiva, consentendone pertanto il trattamento al pari del condominio minimo così come definito dalle normative, torna più che mai d’attualità ora che le 2 aliquote uniche 50% e 36%, vengono diversificate tra loro dal possesso o meno della prima casa.

Capita infatti che il singolo proprietario sia in possesso di due o più appartamenti nel contesto dell’edificio plurifamiliare e che, dovendo eseguire interventi edilizi che riguardano le parti comuni dell’edificio (ad esempio tetto e facciate), la suddivisione di queste spese, da imputare in maniera proporzionale alle singole U.I.U., faccia sì che si possa generare dell’incertezza.

Personalmente intendo operare in questo modo. Poniamo il caso che nell’edifico siano presenti due residenze, la prima (A) è l’abitazione principale del proprietario, la seconda (B), è vuota. Le spese imputabili all’abitazione (A) potranno seguire il regime agevolativo della detrazione pari al 50% per il 2025, mentre, i costi dell’intervento da imputare all’abitazione (B), dovranno essere detratti al 36% equiparando quindi questa unità residenziale a una seconda casa. Per contabilizzare gli interventi con le modalità appena esposte, ritengo sia altrettanto opportuno suddividere le fatture andando a specificare al loro interno che i costi relativi alle parti comuni sono proporzionati e riferiti ai singoli subalterni ai fini fiscali.

L’esperto risponde: le parti comuni dell’edificio dell’unico proprietario

Il quesito posto dal gentile lettore richiama prima di tutto un dubbio frequente al quale è bene dare risalto in modo da chiarirlo definitivamente.

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 11.05.1998 n. 121, paragrafo 2.6, ha voluto dare un chiaro significato alla locuzione “parti comuni di edificio residenziale”. Secondo l’Agenzia, qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni anche se in questo caso, dal punto di vista giuridico, non si configura la comunione prevista dal codice civile. Infatti, tenuto conto che la detrazione, per espressa previsione legislativa, compete sia al possessore sia al detentore dell'immobile, si ritiene che la locuzione utilizzata dal legislatore, "parti comuni di edificio residenziale di cui all'articolo 1117" del codice civile, vada considerata in senso oggettivo e non soggettivo, riferibile, pertanto, alle parti comuni a più unità immobiliari e non alle parti comuni a più possessori.

In pratica, ciò che conta è la parte comune relativa alle unità immobiliari distintamente accatastate presenti nell’edificio indipendentemente da chi ne sia proprietario.

Il principio è stato ribadito anche nella Risoluzione 12.07.2007 n. 167/E in cui l’Agenzia ha affermato che il concetto di "parti comuni" non richiede l'esistenza di una pluralità di proprietari, ma presuppone la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome.

In ultimo, la più recente Circolare 17/2023 che richiama entrambi i documenti di prassi e ricorda che non sono invece ravvisabili elementi dell’edificio qualificabili come “parti comuni” quando l’edificio è costituito esclusivamente da un’unità abitativa e dalle relative pertinenze (Risoluzione 12.07.2007 n. 167/E, risposta 2).

Cosa crea confusione?

Probabilmente, ciò che spesso confonde i contribuenti è l’inclusione della casistica tra i soggetti ammessi al superbonus di cui al comma 9, lettera a), dell’art. 119 del Decreto Legge 34/2020, con un limite di 4 unità immobiliari diverse dalle pertinenze. Da quell’agevolazione erano esclusi gli edifici con più di quattro unità immobiliari di proprietà di un’unica persona fisica. Di conseguenza, ai soli fini del Superbonus, agli interventi effettuati sulle parti comuni di tali edifici si applicavano (e si applicano ancora per i lavori in corso e fino a tutto il 31 dicembre 2025), in generale, i chiarimenti forniti in relazione agli edifici in condominio, con la particolarità che, ai fini del computo delle unità immobiliari, le pertinenze non andavano considerate autonomamente anche se distintamente accatastate. Pertanto, ad esempio, fruiva del Superbonus anche l’unico proprietario di un edificio composto da 4 unità immobiliari e 4 pertinenze che sosteneva spese per interventi finalizzati alla riqualificazione energetica o antisismici sulle parti comuni del predetto edificio.

Invece, in generale e con riferimento alle detrazioni ordinarie tuttora in vigore di cui all’art. 16-bis del TUIR, per tutti gli edifici con più unità immobiliari, anche se superiori a quattro e di proprietà di un unico proprietario, sono previste le agevolazioni per gli interventi sulle parti comuni.

La corretta imputazione delle spese ai fini delle detrazioni

Il lettore ha correttamente intuito la procedura di imputazione delle spese per poter fruire dei bonus edilizi. A seguito dell’approvazione dell’ultima legge di bilancio (L. 30 dicembre 2024, n. 207), la detrazione Irpef spetta per le spese pagate nel 2025 nella misura del 36% (al 50% per le spese pagate dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale) e per le spese pagate nel 2026 e 2027 nella misura del 30% (al 36% per le spese pagate dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale). Dal 2028 al 2033 la misura sarà ridotta per tutti al 30% per poi tornare al 36% dal 2034.

La conseguenza è che, per quanto riguarda le parti comuni degli edifici plurifamiliari, anche quelli di proprietà di un’unica persona, occorrerà tenere una contabilità separata per imputare le spese alle unità immobiliari in base all’utilizzo che se ne fa. Le spese sostenute per gli interventi sulle parti comuni che fanno riferimento all’unità adibita ad abitazione principale saranno detraibili con la stessa aliquota maggiorata prevista per l’abitazione principale, mentre le spese sostenute sulle parti comuni che fanno riferimento all’unità adibita a seconda casa saranno detraibili con l’aliquota ordinaria.

Si condivide anche la modalità di fatturazione, in modo tale che le spese siano individuate in modo puntuale sul documento fiscale. Pertanto, è corretto farsi rilasciare due fatture, una per ogni unità immobiliare, con distinzione delle spese sulle parti comuni (e, eventualmente, inserendo anche quelle sulle parti private) ed indicazione del parametro di riparto, presumibilmente la superficie delle unità immobiliari, in modo da non permettere all’Agenzia delle Entrate di calcolare la quota detraibile delle due u.i. con criteri non condivisi.

Di conseguenza, anche i bonifici parlanti saranno effettuati separatamente per unità immobiliare in modo da facilitare la compilazione delle dichiarazioni dei redditi.

A cura di Dott. Luciano Ficarelli
Dottore Commercialista
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Esperto in bonus edilizi
Abilitato al rilascio del Visto di Conformità

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