Cambio di destinazione d’uso post Salva Casa: gli interventi della giurisprudenza
Con la riscrittura dell’art. 23-ter del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) è stata prevista una nuova disciplina per i cambi di destinazione d’uso. Ecco i primi interventi della giustizia amministrativa
Quando e come è possibile cambiare la destinazione d’uso di un’unità immobiliare? Le limitazioni imposte dai piani urbanistici comunali possono ancora valere dopo l’entrata in vigore del decreto “Salva Casa”? E fino a che punto gli enti locali possono esercitare un potere regolamentare e inibitorio, soprattutto alla luce delle più recenti sentenze della giustizia amministrativa?
Cambio di destinazione d’uso: le novità introdotte dal Salva Casa
Tra le numerose modifiche apportate al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), l’intervento sull’art. 23-ter (Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante) si distingue per chiarezza e potenzialità applicativa. Eppure, nonostante l’impianto normativo appaia formalmente coerente, le complessità interpretative e i ritardi applicativi — anche legati alla mancata armonizzazione degli strumenti urbanistici locali — fanno sì che le domande iniziali restino quanto mai attuali e centrali nel dibattito tecnico-operativo.
Lo confermano due interessanti pronunce fornite prima dal Consiglio di Stato (sentenza n. 2928/2025) e poi dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (sentenza n. 553/2025) che offrono chiavi di lettura decisive per l'applicazione delle nuove regole introdotte dal Salva Casa.
Cambi d’uso e titolo edilizio: le regole post Salva Casa
La riforma dell’art. 23-ter ha sistematizzato la disciplina del mutamento di destinazione d’uso, includendo sia i cambi urbanisticamente rilevanti sia quelli all’interno della stessa categoria funzionale. Una delle principali novità consiste nel principio per cui il titolo edilizio per il cambio d’uso diventa “trainato” (prendendo in prestito un termine recentemente utilizzato dall’Arch. Mauro Pantina, Consigliere all’Ordine degli Architetti PPC di Palermo) da quello necessario per l’esecuzione delle eventuali opere.
Con una precisazione: se le opere sono soggette a CILA, il cambio d’uso richiede comunque una SCIA, che diventa così il titolo edilizio “di base”.
In sintesi:
- per i cambi d’uso senza opere o con opere da CILA: si presenta una SCIA;
- per i cambi d’uso con opere più rilevanti: si adotta il titolo previsto per le opere stesse (SCIA o permesso di costruire).
Entrando nel merito dell’art. 23-ter:
- il comma 1-bis liberalizza i cambi orizzontali, salvo condizioni locali espresse;
- i commi 1-ter e 1-quater liberalizzano anche i cambi verticali
tra categorie funzionali disomogenee (residenziale,
turistico-ricettiva, direzionale/produttiva, commerciale), purché:
- l’unità sia ubicata in zone A, B, C (o equipollenti),
- siano rispettate eventuali “specifiche condizioni” imposte dai Comuni dopo l’entrata in vigore della riforma.
Il principio cardine? La prevalenza della legge statale, salvo che l’ente locale abbia introdotto ex novo condizioni specifiche e motivate.
Vediamo come la giurisprudenza amministrativa ha interpretato questo assetto.
Sentenza Consiglio di Stato n. 2928/2025
Il caso nasce dall’impugnazione di:
- un provvedimento di irricevibilità della comunicazione per locazione turistica;
- un regolamento comunale che introduceva limiti alle locazioni brevi.
Il Comune aveva ritenuto che tali attività integrassero un uso diverso da quello residenziale, richiedendo almeno una CILA anche in assenza di opere.
Il Consiglio di Stato ha però annullato entrambi i provvedimenti, chiarendo che:
- la locazione turistica non imprenditoriale non configura un’attività assimilabile alle strutture ricettive;
- è soggetta a mera comunicazione di inizio attività (CIA), non a SCIA;
- il Comune non può rifiutare o inibire tale attività, né chiedere documenti ulteriori rispetto a quelli previsti dal regolamento regionale n. 7/2016;
- la locazione breve è espressione della libertà contrattuale, garantita dall’art. 117, comma 2, lett. l), Cost., e non soggetta a poteri conformativi salvo che ricorrano specifici profili edilizi.
Una decisione che chiarisce definitivamente che non vi è cambio d’uso urbanisticamente rilevante nel passaggio da residenza a uso locativo breve non imprenditoriale.
Sentenza TAR Puglia n. 553/2025
La vicenda riguarda una SCIA per il cambio d’uso da ufficio ad abitazione in un immobile ubicato in zona PEEP (Programmi di Edilizia Economica e Popolare). Il Comune ha annullato il titolo ritenendo violato il piano attuativo e denunciando uno squilibrio urbanistico.
Il TAR ha annullato il provvedimento, affermando che:
- il cambio d’uso è “verticale” (da direzionale a residenziale), rientrante nel comma 1-ter dell’art. 23-ter;
- è sempre ammesso senza opere, in zona A, B, C, se conforme all’uso prevalente nell’edificio (come nel caso di specie: 46 unità abitative vs 4 uffici);
- le condizioni ostative devono essere esplicite, specifiche e successive alla Legge 105/2024;
- i vincoli urbanistici preesistenti non possono più impedire il mutamento d’uso;
- la SCIA presentata era completa e conforme sotto ogni profilo.
Il TAR ha inoltre richiamato le FAQ del MIT, sottolineando che le condizioni locali devono essere:
- non discriminatorie,
- puntuali e motivate,
- non implicite.
Conclusioni
Le due pronunce analizzate rafforzano e chiariscono l’orientamento emergente: il mutamento di destinazione d’uso, post Salva Casa, si muove in un quadro fortemente liberalizzato, nel quale la normativa statale ha ricondotto a unitarietà una materia finora frammentata e incerta.
In particolare:
- il cambio orizzontale è sempre ammesso, salvo condizioni specifiche;
- il cambio verticale è liberalizzato nei limiti delle zone A, B, C, purché coerente con la destinazione prevalente e in assenza di divieti espliciti aggiornati;
- le disposizioni regolamentari comunali previgenti non sono più idonee a ostacolare il mutamento d’uso;
- la SCIA si conferma il titolo edilizio di riferimento nella maggior parte dei casi, anche in assenza di opere.
È dunque fondamentale verificare:
- la categoria funzionale originaria e quella di destinazione;
- la zona urbanistica di riferimento;
- l’eventuale esistenza di regolamenti comunali successivi a maggio 2024 e contenenti condizioni specifiche.
In assenza condizioni specifiche (successive al Salva Casa), il cambio d’uso si configura come una facoltà pienamente riconosciuta dal legislatore statale e non più subordinata a interpretazioni arbitrarie o vincoli desueti.