Permesso di costruire: chi è legittimato a richiederlo?
Il Consiglio di Stato chiarisce i limiti soggettivi per la richiesta dei titoli edilizi e il ruolo dei coeredi nelle impugnazioni
Chi può davvero chiedere un permesso di costruire? Basta essere in possesso dell’immobile o serve anche un titolo giuridicamente valido? E cosa succede se a richiederlo è un soggetto che non risulta proprietario per effetto di una sentenza civile di nullità?
Un permesso a chi non ha titolo: interviene il Consiglio di Stato
A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3498/2025, chiarendo un aspetto cruciale della disciplina edilizia: la legittimazione soggettiva per l’ottenimento del titolo abilitativo. Il caso trattato è emblematico e consente alcune considerazioni operative di rilievo anche per i tecnici.
La vicenda origina dal rilascio di un permesso di costruire per un intervento di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso da residenziale a commerciale. L’istanza era stata presentata da un soggetto che aveva acquisito l’immobile a seguito di una serie di atti di compravendita. Tuttavia, un giudicato civile aveva dichiarato la nullità degli atti di provenienza, determinando l’assenza di qualsiasi titolo giuridico in capo al richiedente.
La ricorrente – coerede della proprietaria originaria – aveva impugnato il permesso, ottenendo dal TAR un annullamento basato su due elementi fondamentali:
- il rilascio a favore di un soggetto privo della legittimazione soggettiva;
- la conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’esistenza di un contenzioso civile pregiudizievole.
Il principio di legittimazione secondo l’art. 11 del TUE
L’art. 11, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) stabilisce che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia altro titolo che lo legittimi (“Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”).
La sentenza del Consiglio di Stato ribadisce che in presenza di una sentenza dichiarativa di nullità con effetto retroattivo, l’acquirente non è e non è mai stato proprietario. La conseguenza è l’inammissibilità della richiesta del titolo edilizio, trattandosi di richiesta a non domino, giuridicamente inammissibile.
Uno dei nodi dell’appello riguardava la presunta carenza di legittimazione da parte della ricorrente, in quanto coerede non titolare della maggioranza delle quote. Il Consiglio di Stato ha richiamato la giurisprudenza civile (Cass. civ. n. 1650/2015), secondo cui ogni comproprietario ha titolo per agire in giudizio a tutela del bene comune, anche senza il consenso degli altri coeredi.
La legittimazione a impugnare il titolo edilizio è stata quindi riconosciuta anche al singolo coerede, in quanto portatore di un interesse diretto, personale e attuale alla tutela del bene.
Doveri istruttori della Pubblica Amministrazione
Particolarmente rilevante è il passaggio in cui il Consiglio di Stato sottolinea come la P.A. avrebbe potuto facilmente accertare la mancanza di legittimazione soggettiva del richiedente, anche in forza della trascrizione dell’atto di citazione nell’ambito del giudizio civile.
In questi casi, il Responsabile del Comune avrebbe dovuto sospendere l’istruttoria e valutare la coerenza del titolo giuridico con la titolarità dichiarata. La mancata verifica rende viziato l’intero procedimento amministrativo.
Conclusioni
La sentenza offre importanti spunti pratici per i professionisti tecnici coinvolti nei procedimenti edilizi. In particolare:
- la titolarità formale non basta: è necessaria una legittimazione giuridica piena e attuale;
- la nullità dichiarata di un atto ha effetto retroattivo: chi ha acquistato a titolo nullo non può essere considerato proprietario;
- il coerede può agire anche da solo per tutelare il bene comune, senza necessità di consenso degli altri comproprietari.
- il Comune ha il dovere di verificare la legittimazione soggettiva: non è un controllo meramente formale.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 23 aprile 2025, n. 3498