Ante ’67 e stato legittimo: prima e dopo il Salva Casa

Quali titoli sono necessari per dimostrare che le opere sono antecedenti alla Legge Ponte? E quali verifiche spettano all'Amministrazione? Ne parla il TAR in una recente sentenza

di Redazione tecnica - 30/04/2025

Come si dimostra lo stato legittimo di un immobile costruito prima del 1967? Può bastare un atto notarile o una planimetria del tempo? E quando grava sull’amministrazione l'onere di provare l'abusività delle opere prima di ordinarne la demolizione?

Sono tante le domande interessanti in materia di presunti abusi edilizi, realizzati su immobili costruiti prima dell’entrata in vigore della c.d. “Legge Ponte”, ovvero la legge 6 agosto 1967, n. 765, con la quale si è stabilito l’obbligo di licenza edilizia (permesso di costruire) all’interno dei centri abitati a partire dal 1° settembre 1967, data di entrata in vigore della norma.

Da qui in poi una copiosa giurisprudenza, composta da contenziosi nei quali:

  • si è più o meno dimostrata la realizzazione delle opere prima di questa data fatidica;
  • si è ribadito che l’onere della prova spetta al privato, tramite la presentazione della documentazione attestante l’epoca di costruzione e quindi il c.d. stato legittimo dell’immobile.

Ante '67: il TAR sulla definizione dello stato legittimo

Principi ribaditi nella sentenza del TAR Lazio del 24 aprile 2025, n. 8031, con la quale il giudice amministrativo ha offerto importanti chiarimenti sul valore probatorio degli atti anteriori al 1967 e sulla corretta applicazione dell’art. 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), riferimento essenziale per la definizione dello stato legittimo degli immobili.

Nel caso in esame, il Comune aveva ingiunto al proprietario un ordine di demolizione con annessa sanzione amministrativa di 15mila euro per alcune opere ritenute abusive e consistenti in:

  • chiusura di un balcone da 4 mq;
  • realizzazione di un balcone retrostante in struttura armata da 14 mq;
  • trasformazione di due finestre in porte-finestre.

L’amministrazione sosteneva di non avere trovato traccia delle opere nei propri archivi, ritenendo che le stesse fossero abusive, facendo scattare la demolizione con ripristino dello stato dei luoghi.

La ricorrente, però, ha fornito una planimetria allegata all’atto di compravendita del 1958, da cui risulta la presenza delle opere contestate già all’epoca, invocando dunque l’esclusione dell’obbligo di titolo edilizio per edifici anteriori al 1° settembre 1967. 

Vediamo a quali conclusioni è quindi giunto il TAR.

 

Stato legittimo: prima e dopo il Decreto Salva Casa

Una premessa è necessaria, e riguarda l'evoluzione del concetto di stato legittimo.

Prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 69/2024, convertito in legge n. 105/2024 (c.d. Decreto Salva Casa) l’art. 9-bis, comma 1-bis del d.P.R. 380/2001 definiva lo stato legittimo come la condizione dell’immobile risultante dai seguenti elementi:

  • titolo edilizio che ne ha previsto la costruzione o ne ha legittimato la stessa;
  • ultimo titolo che ha disciplinato un intervento edilizio successivo;
  • in via sussidiaria, dati catastali di primo impianto o altri atti pubblici o privati con data certa.

Con l’entrata in vigore della nuova normativa, la disciplina è stata modificata, confermando la possibilità di dimostrare lo stato legittimo tramite:

  • titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa (comprese eventuali sanatorie);
  • oppure dal titolo rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi;
  • eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Inoltre, la norma specifica che per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

 

Il valore delle prove indiziarie per lo stato legittimo

Sulla base di queste indicazioni, il TAR ha evidenziato come l’art. 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. 380/2001 preveda due casi in cui il titolo abilitativo può mancare o essere irreperibile:

  • a) perché all’epoca della costruzione non era richiesto alcun titolo (ante 1942 o ante 1967, a seconda dei casi);
  • b) perché non più reperibile, ma vi è principio di prova della legittimità dell’opera.

In entrambe le ipotesi, la dimostrazione dello stato legittimo può avvenire mediante documenti catastali di primo impianto, fotografie, atti notarili, estratti cartografici, e in generale qualunque documentazione coerente e attendibile.

Nel caso di specie, una planimetria del 1958 allegata a un atto pubblico di compravendita costituisce principio di prova sufficiente.

Abusi edilizi: quando l’onere della prova spetta all’Amministrazione

Spiega quindi il TAR che il privato aveva assolto l’onere della prova: “La planimetria allegata ad un atto notarile del 1958 fa risalire ad epoca anteriore al 1° settembre 1967 le opere contestate, in relazione alle quali spetta all’amministrazione dimostrare che a quella data fosse già necessario il titolo edilizio”.

A questo punto, come più volte evidenziato dalla giurisprudenza, in presenza di una prova attendibile della realizzazione dell’opera in data anteriore al 1967, è la Pubblica Amministrazione a dover dimostrare, eventualmente, l’eventuale obbligo di titolo edilizio, fatto non dimostrato.

Il ricorso è stato quindi accolto, con annullamento della sanzione amministrativa e di quella demolitoria. Questo perché in caso di contestazioni edilizie relative a immobili ante 1967, “la dimostrazione in via indiziaria della preesistenza dell’opera fa sorgere in capo all’Amministrazione l’onere di provare l’obbligatorietà del titolo edilizio a quella data; in difetto, il provvedimento sanzionatorio risulta illegittimo”.

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