RESPONSABILITA’
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 86 del 16 gennaio 2006 interviene sulla responsabilità della stazione appaltante nell’ipotesi in cui abbia disposto ...
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 86 del 16 gennaio 2006
interviene sulla responsabilità della stazione appaltante
nell’ipotesi in cui abbia disposto l’annullamento, in sede di
autotutela, del bando e dell’aggiudicazione di una gara
d’appalto.
Il caso nasce da una sentenza con cui il TAR Campania, sezione di Napoli, respingeva il proposto da un imprenditore, contro una provincia regionale ed il ministero per i beni e le attività culturali, per l’annullamento di una determinazione, con la quale era stato annullato il bando di gara, per la realizzazione di opere infrastrutturali di completamento di un museo. Con la medesima sentenza, il TAR condannava l’amministrazione provinciale al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 2.500,00 a titolo di risarcimento, per responsabilità precontrattuale, in considerazione del danno dallo stesso subito per la partecipazione alla procedura di gara di cui era risultato aggiudicatario, con compensazione tra le parti delle spese processuali.
L’imprenditore, contro la decisione del TAR, ha proposto appello al Consiglio di Stato chiedendone, la riforma con l’integrale accoglimento della domanda proposta in primo grado. Il Consiglio di Stato, nella sentenza, precisa che nel caso in esame, oggetto dell’appalto erano "lavori di completamento (delle) opere infrastrutturali e per la loro esecuzione, sulla base delle declaratorie di cui all’allegato 1 al d.P.R. n. 34/2000, non era sufficiente il possesso della qualificazione per la categoria individuata con l’acronimo OG1 (che era relativa agli edifici civili e industriali) occorrendo, invece, possedere la qualificazione per la categoria contrassegnata dall’acronimo OG2 (che riguardava il restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali)."
Contrariamente, poi, a quanto sostenuto dall’appellante, per l’esaminata ipotesi, il possesso della qualificazione per la categoria OG2 era necessario, non già per il solo caso in cui sui beni vincolati si andassero ad eseguire lavorazioni particolarmente specifiche o complesse; era, invece, la peculiarità del bene sul quale si andava ad intervenire che richiedeva la speciale qualificazione dell’esecutore indipendentemente ed a prescindere dal tipo di intervento da praticare.
In base alle circostanze indicate, erroneamente, quindi, l’amministrazione provinciale, nel redigere il bado di gara relativo ai lavori di cui al giudizio in esame, aveva chiesto ai partecipanti la qualificazione nella categoria OG1 ed erroneamente aveva aggiudicato ad un’impresa che soltanto per tale categoria generale di lavorazioni era qualificata.
Di modo che, resasi conto dell’errore commesso, a seguito della segnalazione della locale Sovrintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio, alla stazione appaltante non restava altro da fare che annullare in autotutela, sia il bando di gara, sia i successivi atti ivi compresa l’avvenuta aggiudicazione dell’appalto; se non avesse provveduto in tal senso, l’amministrazione provinciale avrebbe, infatti, ulteriormente aggravato l’errore in precedenza commesso stipulando consapevolmente il contratto e consentendo l’esecuzione dei lavori ad un’impresa non adeguatamente qualificata.
Il Consiglio di Stato concorda con la decisione del TAR precisando che non può più ritenersi condivisibile la tesi - sostenuta dall’appellante ed avvalorata da una consolidata, anche se datata, giurisprudenza - che ravvisa nell’aggiudicazione il momento del definitivo incontro delle volontà dei contraenti, e riconduce il successivo ed eventuale recesso, da parte della committente, ad un’ipotesi di responsabilità per inadempimento contrattuale.
Posizione, questa, basata sul disposto dell’art. 16 del R.D. n. 2440/1923, a tenore del quale, com’è noto i processi verbali di aggiudicazione definitiva equivalgono, per ogni effetto legale, al contratto.
I giudici di Palazzo Spada condividono un diverso orientamento giurisprudenziale, secondo cui, successivamente all’entrata in vigore della legge quadro sui lavori pubblici e del relativo regolamento generale di attuazione, il cennato art. 16 del R.D. n. 2440/1923 dovrebbe considerarsi implicitamente abrogato, per incompatibilità con la nuova normativa riguardante la stipulazione dei contratti.
Inadeguata, tuttavia- ad avviso del collegio- è stata la quantificazione del danno, liquidato equitativamente al ricorrente dal TAR in complessivi euro 2.500,00. E’ pur vero, infatti, che, in ipotesi di illecito extracontrattuale, l’onere della relativa dimostrazione è a carico del richiedente, ed è pur vero che, con riferimento al caso esaminato, non è pertinente (perché riguarda i casi di responsabilità contrattuale) la richiesta di una liquidazione forfetaria pari al 10% dell’importo del contratto.
Resta, tuttavia, il fatto che- in mancanza di specifica indicazione circa le spese effettivamente sostenute e le perdite di chance effettivamente subite- il TAR ha provveduto a liquidare equitativamente il pregiudizio economico subito dal ricorrente e che tale liquidazione, come dedotto dall’appellante, appare obiettivamente inadeguata in considerazione dell’entità dell’appalto e della complessità della procedura; di modo che, sempre con valutazione equitativa, l’ammontare del risarcimento dovuto al ricorrente va elevato per la voce riguardante l’avvenuta partecipazione alla gara, dagli euro 500,00 liquidati dal TAR, ad euro 5.000, 00 che sembrano più adeguati rispetto all’importanza della gara ed alla complessità della relativa procedura.
Di modo che, aggiungendo l’ulteriore importo di euro 2000,00 liquidati, allo stesso titolo dal Tribunale amministrativo regionale, complessivamente, l’amministrazione provinciale va condannata al pagamento della somma di euro 7.000,00 oltre al rimborso delle spese processuali relative alla presente fase del giudizio che si liquidano come in dispositivo.
Il caso nasce da una sentenza con cui il TAR Campania, sezione di Napoli, respingeva il proposto da un imprenditore, contro una provincia regionale ed il ministero per i beni e le attività culturali, per l’annullamento di una determinazione, con la quale era stato annullato il bando di gara, per la realizzazione di opere infrastrutturali di completamento di un museo. Con la medesima sentenza, il TAR condannava l’amministrazione provinciale al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 2.500,00 a titolo di risarcimento, per responsabilità precontrattuale, in considerazione del danno dallo stesso subito per la partecipazione alla procedura di gara di cui era risultato aggiudicatario, con compensazione tra le parti delle spese processuali.
L’imprenditore, contro la decisione del TAR, ha proposto appello al Consiglio di Stato chiedendone, la riforma con l’integrale accoglimento della domanda proposta in primo grado. Il Consiglio di Stato, nella sentenza, precisa che nel caso in esame, oggetto dell’appalto erano "lavori di completamento (delle) opere infrastrutturali e per la loro esecuzione, sulla base delle declaratorie di cui all’allegato 1 al d.P.R. n. 34/2000, non era sufficiente il possesso della qualificazione per la categoria individuata con l’acronimo OG1 (che era relativa agli edifici civili e industriali) occorrendo, invece, possedere la qualificazione per la categoria contrassegnata dall’acronimo OG2 (che riguardava il restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali)."
Contrariamente, poi, a quanto sostenuto dall’appellante, per l’esaminata ipotesi, il possesso della qualificazione per la categoria OG2 era necessario, non già per il solo caso in cui sui beni vincolati si andassero ad eseguire lavorazioni particolarmente specifiche o complesse; era, invece, la peculiarità del bene sul quale si andava ad intervenire che richiedeva la speciale qualificazione dell’esecutore indipendentemente ed a prescindere dal tipo di intervento da praticare.
In base alle circostanze indicate, erroneamente, quindi, l’amministrazione provinciale, nel redigere il bado di gara relativo ai lavori di cui al giudizio in esame, aveva chiesto ai partecipanti la qualificazione nella categoria OG1 ed erroneamente aveva aggiudicato ad un’impresa che soltanto per tale categoria generale di lavorazioni era qualificata.
Di modo che, resasi conto dell’errore commesso, a seguito della segnalazione della locale Sovrintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio, alla stazione appaltante non restava altro da fare che annullare in autotutela, sia il bando di gara, sia i successivi atti ivi compresa l’avvenuta aggiudicazione dell’appalto; se non avesse provveduto in tal senso, l’amministrazione provinciale avrebbe, infatti, ulteriormente aggravato l’errore in precedenza commesso stipulando consapevolmente il contratto e consentendo l’esecuzione dei lavori ad un’impresa non adeguatamente qualificata.
Il Consiglio di Stato concorda con la decisione del TAR precisando che non può più ritenersi condivisibile la tesi - sostenuta dall’appellante ed avvalorata da una consolidata, anche se datata, giurisprudenza - che ravvisa nell’aggiudicazione il momento del definitivo incontro delle volontà dei contraenti, e riconduce il successivo ed eventuale recesso, da parte della committente, ad un’ipotesi di responsabilità per inadempimento contrattuale.
Posizione, questa, basata sul disposto dell’art. 16 del R.D. n. 2440/1923, a tenore del quale, com’è noto i processi verbali di aggiudicazione definitiva equivalgono, per ogni effetto legale, al contratto.
I giudici di Palazzo Spada condividono un diverso orientamento giurisprudenziale, secondo cui, successivamente all’entrata in vigore della legge quadro sui lavori pubblici e del relativo regolamento generale di attuazione, il cennato art. 16 del R.D. n. 2440/1923 dovrebbe considerarsi implicitamente abrogato, per incompatibilità con la nuova normativa riguardante la stipulazione dei contratti.
Inadeguata, tuttavia- ad avviso del collegio- è stata la quantificazione del danno, liquidato equitativamente al ricorrente dal TAR in complessivi euro 2.500,00. E’ pur vero, infatti, che, in ipotesi di illecito extracontrattuale, l’onere della relativa dimostrazione è a carico del richiedente, ed è pur vero che, con riferimento al caso esaminato, non è pertinente (perché riguarda i casi di responsabilità contrattuale) la richiesta di una liquidazione forfetaria pari al 10% dell’importo del contratto.
Resta, tuttavia, il fatto che- in mancanza di specifica indicazione circa le spese effettivamente sostenute e le perdite di chance effettivamente subite- il TAR ha provveduto a liquidare equitativamente il pregiudizio economico subito dal ricorrente e che tale liquidazione, come dedotto dall’appellante, appare obiettivamente inadeguata in considerazione dell’entità dell’appalto e della complessità della procedura; di modo che, sempre con valutazione equitativa, l’ammontare del risarcimento dovuto al ricorrente va elevato per la voce riguardante l’avvenuta partecipazione alla gara, dagli euro 500,00 liquidati dal TAR, ad euro 5.000, 00 che sembrano più adeguati rispetto all’importanza della gara ed alla complessità della relativa procedura.
Di modo che, aggiungendo l’ulteriore importo di euro 2000,00 liquidati, allo stesso titolo dal Tribunale amministrativo regionale, complessivamente, l’amministrazione provinciale va condannata al pagamento della somma di euro 7.000,00 oltre al rimborso delle spese processuali relative alla presente fase del giudizio che si liquidano come in dispositivo.
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Documenti Allegati
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