MECCANISMO DEL PREZZO VALORE RESISTENTE AGLI ERRORI DI CALCOLO
L'indicazione nell'atto di compravendita di una immobile di un valore catastale inferiore rispetto a quello scaturente dall'applicazione coefficienti di legg...
L'indicazione nell'atto di compravendita di una immobile di un
valore catastale inferiore rispetto a quello scaturente
dall'applicazione coefficienti di legge non riespande il potere
accertativo sulla base del valore venale in comune commercio ma
consente di quantificare la maggiore imposta scaturente dalla base
imponibile catastale.
Lo ha affermato l'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 176/E del 9 luglio 2009, rispondendo al quesito posto da un notaio circa l'eventualità di aver indicato nell'atto di acquisto di un immobile, con opzione esercitata dall'acquirente per l'applicazione del prezzo valore, un valore catastale inferiore a quello derivante dalla corretta applicazione dei coefficienti di legge. In particolare, si chiedeva di conoscere se, in tale circostanza, l'Agenzia delle Entrate possa procedere alla rettifica del valore venale dell'immobile, ovvero se lo stesso ufficio debba limitarsi alla sola rettifica del valore catastale, recuperando la relativa differenza d'imposta.
Nella sua risposta l'Agenzia delle Entrate ha ricordato l'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che ha introdotto una deroga al criterio generale di determinazione della base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, affermando che per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto (con l'obbligo, comunque, di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito).
In presenza dei presupposti normativi e della richiesta di parte, la base imponibile è individuata dal valore catastale o tabellare, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Inoltre, l'indicazione nell'atto di un valore catastale inferiore rispetto a quello scaturente dall'applicazione dei criteri dettati dai medesimi commi 4 e 5 dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, non comporta, di per sé, l'inapplicabilità dell'articolo 1, comma 497 della legge n. 266 del 2005.
Conseguentemente, l'insufficiente indicazione in atto del valore catastale non riespande il potere accertativo dell'ufficio sulla base del valore venale in comune commercio, ma consente allo stesso di quantificare la maggiore imposta scaturente dalla base imponibile catastale, rideterminata secondo i criteri dettati dagli stessi commi 4 e 5 dell'articolo 52.
Lo ha affermato l'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 176/E del 9 luglio 2009, rispondendo al quesito posto da un notaio circa l'eventualità di aver indicato nell'atto di acquisto di un immobile, con opzione esercitata dall'acquirente per l'applicazione del prezzo valore, un valore catastale inferiore a quello derivante dalla corretta applicazione dei coefficienti di legge. In particolare, si chiedeva di conoscere se, in tale circostanza, l'Agenzia delle Entrate possa procedere alla rettifica del valore venale dell'immobile, ovvero se lo stesso ufficio debba limitarsi alla sola rettifica del valore catastale, recuperando la relativa differenza d'imposta.
Nella sua risposta l'Agenzia delle Entrate ha ricordato l'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che ha introdotto una deroga al criterio generale di determinazione della base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, affermando che per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto (con l'obbligo, comunque, di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito).
In presenza dei presupposti normativi e della richiesta di parte, la base imponibile è individuata dal valore catastale o tabellare, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Inoltre, l'indicazione nell'atto di un valore catastale inferiore rispetto a quello scaturente dall'applicazione dei criteri dettati dai medesimi commi 4 e 5 dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, non comporta, di per sé, l'inapplicabilità dell'articolo 1, comma 497 della legge n. 266 del 2005.
Conseguentemente, l'insufficiente indicazione in atto del valore catastale non riespande il potere accertativo dell'ufficio sulla base del valore venale in comune commercio, ma consente allo stesso di quantificare la maggiore imposta scaturente dalla base imponibile catastale, rideterminata secondo i criteri dettati dagli stessi commi 4 e 5 dell'articolo 52.
A cura di Ilenia
Cicirello
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