SUBAPPALTO, UTILIZZO DELLA STRUMENTAZIONE E SOGLIA MINIMA DI IMPRENDITORIALITA'

L'utilizzo di strumenti di proprietà del committente ovvero dell'appaltatore da parte dei dipendenti del subappaltatore non costituisce di per sé elemento de...

26/10/2009
L'utilizzo di strumenti di proprietà del committente ovvero dell'appaltatore da parte dei dipendenti del subappaltatore non costituisce di per sé elemento decisivo per la qualificazione del rapporto in termini di appalto non genuino, attesa la necessità di verificare tutte le circostanze concrete dell'appalto, la natura e le caratteristiche dell'opera o del servizio dedotti nel contratto di modo che, nel caso concreto, potrà ritenersi compatibile con un appalto genuino anche un'ipotesi in cui i mezzi materiali siano forniti dal soggetto che riceve il servizio, purché la responsabilità del loro utilizzo rimanga totalmente in capo all'appaltatore e purché attraverso la fornitura di tali mezzi non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull'appaltatore stesso.

Questo, in sintesi, il contenuto dell'interpello n. 77 del 22 ottobre 2009, con il quale la Direzione Generale per l'attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha risposto all'istanza presentata da Confindustria, in merito alla corretta interpretazione della disciplina relativa all'impiego di manodopera negli appalti di opere e di servizi, di cui all'art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, ed, in particolare, in merito alla possibilità di affidare in subappalto l'esecuzione di una fase specifica di attività appartenente al proprio ciclo produttivo, mettendo a disposizione (in comodato, noleggio o uso) dei lavoratori dipendenti dell'impresa subappaltatrice, le dotazioni, anche individuali, esistenti in cantieri e stabilimenti già strutturati.

Il Ministero del Lavoro ha, innanzitutto, premesso che la risposta al quesito non può, comunque prescindere da un esame del caso concreto, in quanto indicazioni di carattere generale sulla applicazione della norma potrebbero non essere risolutive in tema di appalti illeciti, considerata la complessità e la casistica delle fattispecie relative all'utilizzo dell'istituto.

Ciò premesso, l'art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, stabilisce che l'appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro "per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa".

L'indagine sull'assetto dei "mezzi" diversi dalla forza lavoro utilizzati per l'esecuzione dell'appalto non deve concentrarsi esclusivamente sul dato formale della proprietà degli strumenti di produzione, di per sé non decisivo, bensì dovrà considerare l'assetto organizzativo complessivo dell'appalto/subappalto al fine della verifica in merito alla sussistenza di una struttura imprenditoriale adeguata rispetto all'oggetto del contratto (soglia minima di imprenditorialità).

Nell'ipotesi di utilizzo di mezzi di proprietà, è, dunque, necessario verificare la sussistenza di una adeguata regolazione economica dell'utilizzo da parte dell'appaltatore di tali mezzi, oltre che la congrua imputazione del costo della somministrazione di energia elettrica, gas, forza motrice eventualmente erogate da un impianto unico centralizzato e con costo, a carico delle imprese appaltatrici, determinato in via forfetaria. Occorre, inoltre, che l'organizzazione dei macchinari e delle attrezzature, unitamente agli altri elementi indispensabili per l'esecuzione dell'opera o del servizio, sia effettuata dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice in autonomia e con gestione a proprio rischio.

Dall'indagine effettuata si potranno rilevare, ai sensi dell'art. 29 del codice dei contratti, le particolari modalità di coordinamento tra le imprese interessate per escludere commistione/sovrapposizione tra le due realtà organizzative, la specifica e rigorosa attenzione alla disciplina in tema di interferenze, il pieno rispetto degli standard di sicurezza previsti per attrezzature e dotazione, la previsione (nel caso in cui l'appaltatore operi in cantieri già esistenti del committente) di adeguati strumenti per rendere del tutto evidente, anche sul piano logistico, la separazione tra le due imprese e le rispettive fasi della produzione.

In definitiva, il fenomeno dell'interposizione illecita di manodopera sussiste, infatti, tutte le volte in cui l'appaltatore metta a disposizione del committente una mera prestazione lavorativa, rimanendo eventualmente in capo all'appaltatore/datore di lavoro meri compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, oneri contributivi ecc.), ma senza che da parte sua vi sia effettivo esercizio dei poteri direttivi nei confronti dei lavoratori e una reale organizzazione della intera prestazione o del servizio, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.

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