QUALITÀ DELLE OPERE DI ARCHITETTURA E CONCORSI DI PROGETTAZIONE
La Corte Costituzionale ha depositato lo scorso 2 Novembre la sentenza n. 283 con cui interviene sul ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei Mini...
La Corte Costituzionale ha depositato lo scorso 2
Novembre la sentenza n. 283 con cui interviene sul
ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri
relativamente alla legge della Regione Puglia 10 giugno 2008, n.
14 (Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura
e di trasformazione del territorio).
Il ricorso attiene l’illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, e degli articoli 6, 7, 8 e 16 della citata legge della Regione Puglia.
La Consulta, con la sentenza redatta da Sabino Cassese ha accolto la linea di Palazzo Chigi ed i giudici hanno ribadito, ancora una volta, che “l'intera disciplina delle procedure ad evidenza pubblica è riconducibile alla tutela della concorrenza, con la conseguente titolarità della potestà legislativa, in via esclusiva, allo Stato”.
Nella sentenza viene aggiunto, altresì, che “Al fine dell'individuazione dell'ambito materiale della tutela della concorrenza, non ha rilievo la distinzione tra contratti sopra-soglia e sotto-soglia, perché tale materia trascende ogni rigida e aprioristica applicazione di regole predeterminate dal solo riferimento, come nella specie, al valore economico dell'appalto, sicché anche un appalto che si pone al di sotto della rilevanza comunitaria può giustificare un intervento unitario da parte del legislatore statale” e l'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione ha conferito allo Stato, in via esclusiva, il compito di regolare la concorrenza al fine di assicurare una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale.
La sentenza ha, poi, chiarito che non è possibile “sostenere che la Regione sia legittimata ad adottare disposizioni legislative con effetti pro-concorrenziali, volte ad elevare la protezione della concorrenza. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il legislatore regionale può legittimamente adottare, in ordine alle procedure ad evidenza pubblica, disposizioni con effetti pro-concorrenziali esclusivamente nelle ipotesi in cui esso possa vantare un autonomo titolo di legittimazione e tali effetti siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza”.
In referimento, poi, alla questione, relativa ai concorsi di progettazione banditi da privati, la Corte precisa che “non può essere condivisa la tesi che la disciplina dettata dall'art. 8 della legge regionale abbia carattere premiale ed incentivante e non investa la materia dell'ordinamento civile.” ed aggiunge che “l’art. 8, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 14 del 2008 non incentiva, ma obbliga. Esso infatti stabilisce che “ai concorsi di progettazione banditi da privati, o comunque da soggetti non tenuti al rispetto della legislazione statale in materia di contratti pubblici di lavori e servizi, oltre alle disposizioni di cui agli artt. 5 e 6, si applicano le ulteriori prescrizioni di cui al presente articolo”. I privati quindi non hanno la possibilità di aderire volontariamente alla procedura prevista, ma sono obbligati a far uso della stessa, nel rispetto di tutte le prescrizioni poste dalla disposizione censurata. Né vi è un collegamento tra la procedura di cui all'art. 8 della legge regionale ed il meccanismo premiale di cui al successivo art. 10. Ne consegue che tale normativa introduce una limitazione dell'autonomia privata.”. In conclusione, quindi, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 283 del 2 Novembre 2009 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, e degli articoli 6, 7 e 8 della legge della Regione Puglia 10 giugno 2008, n. 14 (Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura e di trasformazione del territorio).
Il ricorso attiene l’illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, e degli articoli 6, 7, 8 e 16 della citata legge della Regione Puglia.
La Consulta, con la sentenza redatta da Sabino Cassese ha accolto la linea di Palazzo Chigi ed i giudici hanno ribadito, ancora una volta, che “l'intera disciplina delle procedure ad evidenza pubblica è riconducibile alla tutela della concorrenza, con la conseguente titolarità della potestà legislativa, in via esclusiva, allo Stato”.
Nella sentenza viene aggiunto, altresì, che “Al fine dell'individuazione dell'ambito materiale della tutela della concorrenza, non ha rilievo la distinzione tra contratti sopra-soglia e sotto-soglia, perché tale materia trascende ogni rigida e aprioristica applicazione di regole predeterminate dal solo riferimento, come nella specie, al valore economico dell'appalto, sicché anche un appalto che si pone al di sotto della rilevanza comunitaria può giustificare un intervento unitario da parte del legislatore statale” e l'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione ha conferito allo Stato, in via esclusiva, il compito di regolare la concorrenza al fine di assicurare una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale.
La sentenza ha, poi, chiarito che non è possibile “sostenere che la Regione sia legittimata ad adottare disposizioni legislative con effetti pro-concorrenziali, volte ad elevare la protezione della concorrenza. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il legislatore regionale può legittimamente adottare, in ordine alle procedure ad evidenza pubblica, disposizioni con effetti pro-concorrenziali esclusivamente nelle ipotesi in cui esso possa vantare un autonomo titolo di legittimazione e tali effetti siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza”.
In referimento, poi, alla questione, relativa ai concorsi di progettazione banditi da privati, la Corte precisa che “non può essere condivisa la tesi che la disciplina dettata dall'art. 8 della legge regionale abbia carattere premiale ed incentivante e non investa la materia dell'ordinamento civile.” ed aggiunge che “l’art. 8, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 14 del 2008 non incentiva, ma obbliga. Esso infatti stabilisce che “ai concorsi di progettazione banditi da privati, o comunque da soggetti non tenuti al rispetto della legislazione statale in materia di contratti pubblici di lavori e servizi, oltre alle disposizioni di cui agli artt. 5 e 6, si applicano le ulteriori prescrizioni di cui al presente articolo”. I privati quindi non hanno la possibilità di aderire volontariamente alla procedura prevista, ma sono obbligati a far uso della stessa, nel rispetto di tutte le prescrizioni poste dalla disposizione censurata. Né vi è un collegamento tra la procedura di cui all'art. 8 della legge regionale ed il meccanismo premiale di cui al successivo art. 10. Ne consegue che tale normativa introduce una limitazione dell'autonomia privata.”. In conclusione, quindi, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 283 del 2 Novembre 2009 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, e degli articoli 6, 7 e 8 della legge della Regione Puglia 10 giugno 2008, n. 14 (Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura e di trasformazione del territorio).
A cura di Paolo
Oreto
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