Parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto attuativo della direttiva ricorsi
Il Consiglio di Stato con il proprio parere n. 5098 reso dalla Commissione speciale il 25 gennaio 2010 sullo schema di decreto di attuazione della direttiva...
Il Consiglio di Stato con il proprio parere n. 5098
reso dalla Commissione speciale il 25 gennaio 2010 sullo
schema di decreto di attuazione della direttiva 2007/66
(direttiva ricorsi) emanato in attuazione dell'art. 44, della legge
7 luglio 2009, n. 80 ha formulato alcuni rilievi.
Il parere che consta di ben 76 pagine è suddiviso in due parti e precisamente nella prima parte in cui vengono trattate le Considerazioni generali e nella seconda parte in cui vengono esaminati dettagliatamente tutti gli articoli.
Tra i rilievi formulati nel corposo parere vale la pena ricordare quelli relativi:
In merito all'accordo bonario il Consiglio di Stato dopo aver rilevato la necessità di valutare se la sostituzione del responsabile del procedimento con il mediatore unico possa determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, precisa che l'attuazione della delega potrebbe rappresentare l'occasione per introdurre alcune modifiche al testo vigente dell'art. 240 d.lgs. n. 163/2006, recependo le osservazioni formulate di recente dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ed in particolare viene chiesta la previsione, per tutti gli appalti e concessioni, dell'avvio obbligatorio del procedimento (cioé a prescindere da ogni valutazione in merito al 10%) sulle riserve presenti in contabilità a fine lavori, previsione che oggi sembrerebbe operante solo per gli appalti inferiori a 10 milioni di euro.
Di rilevante interesse i rilievi effettuati sull'articolo 6 relativo alle disposizioni razionalizzatrici dell'arbitrato con cui il Consiglio di Stato, ricordando che l'abolizione del divieto di arbitrato, in particolare, è una conseguenza proprio della legge delega che, prevedendo la razionalizzazione dell'istituto e dettando criteri direttivi a ciò finalizzati, ne presuppone inevitabilmente la sopravvivenza anche nell'ambito delle controversie relative all'esecuzione di appalti pubblici, ritiene di formulare alcune osservazione in merito alla disciplina dei compensi degli arbitri.
In particolare la fissazione delle tariffe, considerando le periodiche esigenze di aggiornamento e il contenuto eminentemente tecnico delle competenze richieste, rappresenta un potere tipicamente ministeriale, che trova la sua naturale sede di disciplina nella fonte secondaria; al riguardo, allora, il Consiglio di Stato propone di sostituire il rinvio fisso al d.m. 2 dicembre 2000, n. 398, con un rinvio mobile (o non recettizio) alla fonte regolamentare. In tal modo, le tariffe potrebbero essere aggiornate direttamente in sede ministeriale, senza la necessità di dover, ogni volta, porre mano alla norma legislativa.
Per quanto concerne l'accesso ai documenti ilConsiglio di Stato nel proprio parere, individua diverse "criticità, che potrebbero consigliarne l'espunzione dal testo o il radicale ridimensionamento".
I giudici di Palazzo Spada credono che "è dubbio che la legge di delega contempli tra i propri oggetti anche quello della disciplina dell'accesso ai documenti" e quindi ritengono "che occorra una profonda riflessione sulla utilità della disposizione, nella sua attuale espressione".
Il parere che consta di ben 76 pagine è suddiviso in due parti e precisamente nella prima parte in cui vengono trattate le Considerazioni generali e nella seconda parte in cui vengono esaminati dettagliatamente tutti gli articoli.
Tra i rilievi formulati nel corposo parere vale la pena ricordare quelli relativi:
- alla possibilità di rendere sempre obbligatorio l'accordo bonario in caso di riserve superiori al 10% dell'importo dei lavori;
- alla limitazione delle deroghe previste per il rito speciale nei ricorsi al Tar in materia di appalti;
- alle tariffe per gli arbitrati di competenza del ministero e non "legificati".
In merito all'accordo bonario il Consiglio di Stato dopo aver rilevato la necessità di valutare se la sostituzione del responsabile del procedimento con il mediatore unico possa determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, precisa che l'attuazione della delega potrebbe rappresentare l'occasione per introdurre alcune modifiche al testo vigente dell'art. 240 d.lgs. n. 163/2006, recependo le osservazioni formulate di recente dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ed in particolare viene chiesta la previsione, per tutti gli appalti e concessioni, dell'avvio obbligatorio del procedimento (cioé a prescindere da ogni valutazione in merito al 10%) sulle riserve presenti in contabilità a fine lavori, previsione che oggi sembrerebbe operante solo per gli appalti inferiori a 10 milioni di euro.
Di rilevante interesse i rilievi effettuati sull'articolo 6 relativo alle disposizioni razionalizzatrici dell'arbitrato con cui il Consiglio di Stato, ricordando che l'abolizione del divieto di arbitrato, in particolare, è una conseguenza proprio della legge delega che, prevedendo la razionalizzazione dell'istituto e dettando criteri direttivi a ciò finalizzati, ne presuppone inevitabilmente la sopravvivenza anche nell'ambito delle controversie relative all'esecuzione di appalti pubblici, ritiene di formulare alcune osservazione in merito alla disciplina dei compensi degli arbitri.
In particolare la fissazione delle tariffe, considerando le periodiche esigenze di aggiornamento e il contenuto eminentemente tecnico delle competenze richieste, rappresenta un potere tipicamente ministeriale, che trova la sua naturale sede di disciplina nella fonte secondaria; al riguardo, allora, il Consiglio di Stato propone di sostituire il rinvio fisso al d.m. 2 dicembre 2000, n. 398, con un rinvio mobile (o non recettizio) alla fonte regolamentare. In tal modo, le tariffe potrebbero essere aggiornate direttamente in sede ministeriale, senza la necessità di dover, ogni volta, porre mano alla norma legislativa.
Per quanto concerne l'accesso ai documenti ilConsiglio di Stato nel proprio parere, individua diverse "criticità, che potrebbero consigliarne l'espunzione dal testo o il radicale ridimensionamento".
I giudici di Palazzo Spada credono che "è dubbio che la legge di delega contempli tra i propri oggetti anche quello della disciplina dell'accesso ai documenti" e quindi ritengono "che occorra una profonda riflessione sulla utilità della disposizione, nella sua attuale espressione".
A cura di Paolo
Oreto
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