Gare d'appalto: obbligatorio dichiarare tutte le condanne
La valutazione della gravità delle condanne riportate dai concorrenti di una gara pubblica ed alla loro incidenza sulla moralità professionale, spetta alla S...
La valutazione della gravità delle condanne riportate dai
concorrenti di una gara pubblica ed alla loro incidenza sulla
moralità professionale, spetta alla Stazione Appaltante e non al
concorrente medesimo che non può operare a monte alcun "filtro"
sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali ed è
obbligato ad indicare tutte le condanne riportate.
Lo ha affermato la Sezione Sesta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2507 del 2 maggio 2012 che ha confermato una sentenza di primo grado del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia che aveva respinto il ricorso presentato contro l'esclusione da una gara per la mancata dichiarazione della condanna riportata dall'amministratore unico dell'impresa ausiliaria per la violazione di una norma relativa alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, dichiarazione resa obbligatoria dal disciplinare di gara. In particolare, la parte appellante ha sostenuto che l'obbligo di dichiarazione delle condanne deve essere riferito alle clausole di esclusione di cui all'art. 38, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli Appalti), tra le quali non può essere ricondotta la condanna in esame, riportata nel 1996 e relativa ad ammenda di 250.000 lire, per la quale è stata concessa la riabilitazione.
I giudici del Consiglio di Stato, confermando quanto sostenuto dal primo giudice, non ha condiviso la tesi dell'appellante in quanto ha precisato che l'esclusione in questione non deriva dall'applicazione del Codice degli Appalti, bensì da quanto espressamente previsto dal disciplinare di gara che, all'art. 2.1, pretendeva la dichiarazione di "tutti i reati commessi, anche se ritenuti non rilevanti o non incidenti sulla moralità professionale: la dichiarazione deve comprendere anche….gli eventuali provvedimenti di riabilitazione …Ogni difformità tra quanto risultante dal predetto certificato del casellario giudiziale e la dichiarazione resa, a prescindere dalla natura del reato, comporterà l'esclusione del concorrente dalla gara e la sua segnalazione alle competenti Autorità".
Dunque, la mancata dichiarazione della condanna di cui è causa è, di per sé, indipendentemente dalla qualificazione del reato e della sua gravità, causa di esclusione dalla gara, non, quindi, in forza della riconducibilità della condanna alle fattispecie individuate dall'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, ma in quanto omissione di un adempimento specificamente richiesto dalla legge della gara, che rileva in quanto indice di una non completa aderenza alla disciplina precontrattuale delineata dall'Amministrazione. Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo: questi è comunque tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun "filtro" sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali. Ciò è tanto più evidente nel caso di specie nel quale, come si è detto, lo stesso disciplinare di gara specificava l'estensione dell'obbligo. L'omissione, o la non veridicità, della dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti necessari per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici, specificamente richiesta dal disciplinare nella fattispecie in esame, rileva, quindi, non solo in quanto non consente alla stazione appaltante una completa valutazione dell'affidabilità del concorrente, ma anche, e soprattutto, in quanto interrompe il nesso fiduciario che necessariamente deve presiedere ai rapporti tra pubblica Amministrazione e soggetto aggiudicatario del contratto posto in gara.
Lo ha affermato la Sezione Sesta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2507 del 2 maggio 2012 che ha confermato una sentenza di primo grado del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia che aveva respinto il ricorso presentato contro l'esclusione da una gara per la mancata dichiarazione della condanna riportata dall'amministratore unico dell'impresa ausiliaria per la violazione di una norma relativa alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, dichiarazione resa obbligatoria dal disciplinare di gara. In particolare, la parte appellante ha sostenuto che l'obbligo di dichiarazione delle condanne deve essere riferito alle clausole di esclusione di cui all'art. 38, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli Appalti), tra le quali non può essere ricondotta la condanna in esame, riportata nel 1996 e relativa ad ammenda di 250.000 lire, per la quale è stata concessa la riabilitazione.
I giudici del Consiglio di Stato, confermando quanto sostenuto dal primo giudice, non ha condiviso la tesi dell'appellante in quanto ha precisato che l'esclusione in questione non deriva dall'applicazione del Codice degli Appalti, bensì da quanto espressamente previsto dal disciplinare di gara che, all'art. 2.1, pretendeva la dichiarazione di "tutti i reati commessi, anche se ritenuti non rilevanti o non incidenti sulla moralità professionale: la dichiarazione deve comprendere anche….gli eventuali provvedimenti di riabilitazione …Ogni difformità tra quanto risultante dal predetto certificato del casellario giudiziale e la dichiarazione resa, a prescindere dalla natura del reato, comporterà l'esclusione del concorrente dalla gara e la sua segnalazione alle competenti Autorità".
Dunque, la mancata dichiarazione della condanna di cui è causa è, di per sé, indipendentemente dalla qualificazione del reato e della sua gravità, causa di esclusione dalla gara, non, quindi, in forza della riconducibilità della condanna alle fattispecie individuate dall'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, ma in quanto omissione di un adempimento specificamente richiesto dalla legge della gara, che rileva in quanto indice di una non completa aderenza alla disciplina precontrattuale delineata dall'Amministrazione. Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo: questi è comunque tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun "filtro" sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali. Ciò è tanto più evidente nel caso di specie nel quale, come si è detto, lo stesso disciplinare di gara specificava l'estensione dell'obbligo. L'omissione, o la non veridicità, della dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti necessari per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici, specificamente richiesta dal disciplinare nella fattispecie in esame, rileva, quindi, non solo in quanto non consente alla stazione appaltante una completa valutazione dell'affidabilità del concorrente, ma anche, e soprattutto, in quanto interrompe il nesso fiduciario che necessariamente deve presiedere ai rapporti tra pubblica Amministrazione e soggetto aggiudicatario del contratto posto in gara.
A cura di Ilenia
Cicirello
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