Stato legittimo, ante 67 e prove della preesistenza: interviene il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato entra nel merito della dimostrazione dello stato legittimo di un immobile realizzato nel 1939 in zona in cui era necessario il titolo abilitativo

di Redazione tecnica - 19/03/2025

Catasto e stato legittimo

Uno degli aspetti fondamentali della sentenza riguarda il principio secondo cui è sempre il privato a dover dimostrare la regolarità dell’immobile.

Nel caso specifico, i proprietari avevano presentato planimetrie catastali del 1939 e altri documenti, tra cui una perizia giurata prodotta nel 2025, per dimostrare che le strutture contestate erano preesistenti e che gli interventi di cui alle DIA presentate avrebbero riguardato la sola sostituzione delle parti ammalorate, lasciando inalterata la sagoma, la volumetria, i materiali e la colorazione.

Tuttavia, il Consiglio di Stato ha chiarito che questi elementi non sono sufficienti se non sono supportati da un titolo edilizio o da altre prove certe.

Anche l’art. 9-bis, comma 1-bis, del TUE, che permette di desumere lo stato legittimo dalle informazioni catastali per gli immobili realizzati prima dell'obbligo di titolo edilizio, non è stato ritenuto applicabile al caso in esame. Infatti, per l'area in cui sorgeva l’immobile era già richiesto un titolo edilizio dal Regolamento edilizio del Comune di Roma del 1934.

In definitiva, era onere degli appellanti provare la legittimità degli immobili per cui è causa e non è stato prodotto o indicato alcun titolo edilizio ad essi relativo. Le schede catastali, che apparentemente dimostrerebbero la presenza degli immobili sin dal 1939, non possono sostituire un idoneo titolo edilizio ed è stato comunque accertato che la realizzazione della veranda e presumibilmente la chiusura del portico con vetrate risale al periodo compreso fra il 1991 e il 2007.

Con tali premesse, il rigetto dell’appello non poteva che essere una naturale conseguenza.

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