Strutture amovibili: è necessaria l'autorizzazione paesaggistica?
Quali caratteristiche deve avere un'opera per essere definita come precaria e facilmente amovibile, senza che sia necessario un titolo abilitativo? Ecco il parere della Cassazione
Non può essere considerata come temporanea o precaria la struttura non infissa o incorporata al suolo che, per la sua forza di gravità, s'immedesima con il terreno sottostante acquisendo così caratteristiche di stabilità e di inamovibilità, oltre che la capacità di trasformare in modo durevole l'area occupata.
Una struttura del genere, in area sottoposta a vincolo, necessita di autorizzazione paesaggistica e non può essere annoverata tra quelle elencate al punto A.17 dell’Allegato A al d.P.R. n. 31/2017, che individua gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata.
Strutture amovibili e autorizzazione paesaggistica: chiarimenti dalla Cassazione
A confermarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza del 20 dicembre 2023, n. 50766, con cui ha comunque dovuto dichiarare estinto per prescrizione il reato paesaggistico commesso in relazione a una struttura composta da quattro pilastri e travi, realizzata senza alcun titolo abilitativo e che, secondo il proprietario, sarebbe rientrata nel novero degli interventi esclusi dalla richiesta di autorizzazione paesaggistica, come struttura leggera e facilmente amovibile.
Sul punto gli ermellini hanno ricordato che il Regolamento di cui al d.P.R. n. 31/2017 è stato emanato per fornire disposizioni modificative e integrative al regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, con i seguenti obiettivi:
- ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità;
- operare ulteriori semplificazioni procedimentali;
- individuare le tipologie di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica e quelle che possono essere regolate attraverso accordi di collaborazione tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, le regioni e gli enti locali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Inoltre, la Suprema Corte ha precisato che in tema di reati paesaggistici, le previsioni del d.P.R. hanno natura regolamentare, per cui vanno interpretate in modo conforme alle disposizioni del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, con esclusione di qualsiasi possibilità di estensione analogica che possa ampliarne il campo di operatività.
In altri termini, va accertato se l’intervento sia riconducibile a:
- quelli non soggetti ad autorizzazione, di cui all'allegato A al d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31;
- quelli di lieve entità sottoposti a procedimento autorizzatorio semplificato, di cui all'allegato B del citato d.P.R., con un'interpretazione che permette l’assenza di autorizzazione per quelli che per tipologia, caratteristiche e contesto in cui si inseriscono, non sono idonei a pregiudicare i valori paesaggistici tutelati dal vincolo
Strutture precarie: come definirle?
Andando al caso concreto, il punto A.17 include "installazioni esterne poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo".
Una lettura coordinata con il d.Lgs. n. 42/2004 deve portare a ricondurre nella predetta previsione le strutture come tende, pedane, paratie frangivento, pergotende che, oltre ad essere al servizio di date attività commerciali, risultino anche di ridotto impatto per caratteristiche di materiali e struttura, con assenza inoltre di muratura e di stabile collegamento al suolo.
Ciò significa che il profilo essenziale degli interventi attiene pur sempre allo scarso impatto dell'opera e la facile amovibilità o lo stabile collegamento al suolo devono intendersi come conseguenza della suddetta caratteristica di fondo, e non come requisiti che da soli e in quanto tali possano sottrarre gli intreventi al campo di operatività della autorizzazione paesaggistica.
Da questo punto di vista, è consolidato orientamento della giurisprudenza quella per cui il reato di pericolo di cui all'art. 181, comma, del d.lgs 24 febbraio 2004, n. 42 è configurabile anche nel caso di realizzazione di manufatti precari o facilmente amovibili, essendo assoggettabile ad autorizzazione ogni intervento modificativo, con esclusione delle sole condotte che si palesino inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio.
Come spiegano i giudici di Piazza Cavour, nel caso in esame la complessiva struttura presenta oltre che dimensioni tali da risultare suscettibili di impatto paesaggistico, anche caratteristiche di stabile installazione, posto che, la stabile installazione ovvero l'assenza di precarietà integra solo un elemento che connota opere di ridotto impatto paesaggistico quali quelle disciplinate nel caso n. 17 dell'allegato A del d.P.R.
Stabile anche il manufatto non infisso al suolo
Conserva infatti rilievo il generale principio giurisprudenziale per cui è stabile e inamovibile anche il manufatto non infisso o incorporato al suolo, ma che, per la sua forza di gravità, s'immedesima con il terreno sottostante con caratteristiche di stabilità e di inamovibilità e con capacità di trasformare in modo durevole l'area occupata, che viene in tal modo utilizzata definitivamente escludendo così una assoluta e contingente precarietà del manufatto.
Circostanza certamente emergente nel caso di strutture pesanti come quella qui in esame, che, conclude la Cassazione, avrebbe necessitato di autorizzazione, ma sui quali è intervenuta l’estinzione dei reati per prescrizione.
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