Superbonus, come gestire la quota in accollo dei lavori?
La previsione di penali da ritardo permette all’impresa di costruzioni di ristorare il committente dei versamenti non previsti, ma questa pratica non è esplicitamente ammessa dall’Agenzia delle Entrate
L’accesso al Superbonus è stato ed è tuttora caratterizzato dalla necessità di rispettare un fitto calendario di scadenze. Innanzitutto, infatti, è dalla data di ultimazione degli interventi agevolati che dipende l’ammontare della detrazione.
Superbonus: la diminuzione dell’aliquota
Nel dettaglio, dal 2024 il Superbonus è sceso al 70% e dal 2025 scenderà ancora al 65%. Di conseguenza, molti contratti d’appalto hanno previsto la chiusura del cantiere entro il 31 dicembre 2023 per evitare che il committente si trovasse a dover “coprire” la parte di costi non coperta dalla detrazione prospettata.
Ma non è raro, purtroppo, che le tempistiche “promesse” nei contratti non vengano rispettate e anche per ragioni del tutto comprensibili. Si pensi, ad esempio, alle problematiche relative al reperimento dei materiali, nonché alle difficoltà finanziarie che hanno colpito le imprese di costruzioni a seguito delle restrizioni normative imposte sulla pratica della cessione del credito, che hanno portato gli istituti di credito a “chiudere i rubinetti”.
Insomma, per questi ed altri motivi, riuscire a concludere i lavori entro le date utili per consentire al committente l’accesso alle percentuali più alte del Superbonus non è stato e non è sempre possibile, con l’effetto che i beneficiari si sono trovati a pagare di tasca loro la differenza.
Per ovviare a tale inaspettato problema, dunque, alcune imprese hanno scelto di corrispondere esse stesse ai propri clienti (spesso compagini condominiali) la somma necessaria a ristorarli di tale esborso, anche solo per evitare contenziosi.
Ma non è detto che tutto ciò sia lecito.
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