Superbonus: come non fare scattare la tassazione delle plusvalenze
In caso di immobile acquistato con Sismabonus-acquisti in versione “super”, rivenderlo non comporta l’applicazione dell’imposta al 26%. Negli altri casi, vendere il bene con riserva di proprietà consente di fuoriuscire dalla disciplina
Il caso del Sismabonus-acquisti
La formulazione della norma, però, permette di individuare altri casi che risultano esclusi da un simile aggravio fiscale, anche se non in maniera altrettanto esplicita.
Nel dettaglio, la Legge di Bilancio 2024 ha aggiunto all’art. 67, co. 1, del Tuir la lett. b-bis), che testualmente lega lo scattare della disciplina alle “plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati (con Superbonus, ndr.)”.
Leggendo attentamente, si capisce come la tassazione non si attiva ogni qual volta ci sia di mezzo il Superbonus, ma ogni qual volta colui che vende l’immobile abbia eseguito egli stesso l’intervento agevolato, in qualità di committente. Ciò significa che nell’alveo della disciplina della plusvalenza non può ricadere il Sismabonus-acquisti, almeno in linea di principio.
Tale bonus permette, nel rispetto di alcune condizioni tecniche specifiche, di ottenere una detrazione, accordandola però non a chi ha commissionato i lavori, ma a chi ha acquistato un immobile sul quale sono stati effettuati i lavori dall’impresa esecutrice degli stessi e venditrice dell’immobile. Fino al 31 dicembre 2022, anche il Sismabonus-acquisti è stato maggiorato al 110% grazie al Superbonus, ma gli acquirenti di simili immobili, per quanto abbiano avuto accesso alla maxi-detrazione, possono rivendere l’immobile senza che la plusvalenza venga tassata al 26%, proprio perché, strettamente parlando, essi non hanno “eseguito gli interventi agevolati”.
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Risposta n. 156/2024IL NOTIZIOMETRO