Superbonus, compravendita immobiliare e lavori non terminati

Cosa succede se l’atto di compravendita avviene dopo l’inizio dei lavori agevolati con il superbonus approvati dall’assemblea all’unanimità?

di Luciano Ficarelli - 13/08/2024

In un recente articolo (“Interventi edilizi e delibere condominiali: cosa dice la Cassazione”) abbiamo commentato la recente sentenza della Cassazione - Ordinanza 13781 del 17 maggio 2024 – che ha dato un indirizzo giurisprudenziale sull’imputazione delle spese condominiali ordinarie e straordinarie in caso di compravendita di un immobile.

Superbonus e compravendite immobiliari

In questo articolo vogliamo soffermarci su un caso particolare: l’atto di compravendita avveniva dopo l’inizio dei lavori agevolati con il superbonus approvati dall’assemblea nel novembre 2022 all’unanimità, ma prima che la stessa assemblea, a causa del protrarsi dei lavori nell’anno 2024, veniva richiamata a deliberare l’ordine del giorno in cui si evidenziava la necessità di versare una cospicua somma di denaro all’impresa appaltatrice per coprire la quota indetraibile del 30% e non più scontabile. L’assemblea approvava con il minimo previsto dalla legge (numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio) e voto contrario del nuovo acquirente, con immediata costituzione del fondo speciale per il deposito delle somme occorrenti per l’esecuzione dei lavori restanti che non saranno oggetto di sconto in fattura.

Per completezza, ricordiamo che i lavori condominiali deliberati entro il 24 novembre 2022 e con Cilas depositata entro il 25 novembre 2022 hanno goduto del 110% di detrazione con possibilità di utilizzare lo sconto in fattura o la cessione del credito fino a tutto il 31 dicembre 2023, mentre dal 1° gennaio 2024 la detrazione è scesa al 70% rendendo la parte rimanente del 30% indetraibile ai fini fiscali e quindi nemmeno scontabile in fattura. Pertanto, la fattura dell’impresa che esegue i lavori potrà ancora effettuare lo sconto in fattura solo per il 70% e la rimanente parte deve essere bonificata contestualmente dal condominio alla stessa impresa per consolidare lo sconto ricevuto del 70% (sempreché non si tratti in assoluto della prima fattura emessa per lavori realizzati; in tal caso, non potrà essere utilizzato lo sconto in fattura a causa del vincolo stabilito dal comma 5 dell’art. 1 del D.L. 39/2024 secondo il quale per fruire delle opzioni dello sconto in fattura o della cessione del credito occorreva aver pagato almeno una fattura entro il 29 maggio 2024).

Inoltre, il valore dell’immobile oggetto della compravendita ricade nella casistica di quelli a cui si applica la nuova plusvalenza ai sensi degli artt. 67 e 68 del TUIR che prevedono l’esclusione delle spese sostenute per la ristrutturazione per calcolare la base imponibile su cui si applica l’imposta.

Il caso di specie

Il caso non è frequentissimo ma è probabile e non di facile soluzione. Infatti, occorre tener presente che le norme sono nuove e hanno scarso materiale a disposizione, sia giurisprudenziale che dottrinale, e nemmeno supportate da documenti di prassi che possano indirizzare il contribuente ad un corretto comportamento. La stessa Cassazione, nel corso degli ultimi venti anni, ha trovato solo da poco tempo un indirizzo univoco sull’imputazione delle spese e il contenzioso sulla materia è ancora vivo e oggetto di nuove decisioni.

Esemplifichiamo con le date:

  1. Prima delibera dell’assemblea: 24 novembre 2022
  2. Vendita dell’immobile: 28 febbraio 2024
  3. Seconda delibera dell’assemblea: 20 aprile 2024

Per prima cosa, facciamo chiarezza sulla plusvalenza. In questo caso, i lavori non sono ancora terminati e, in base agli articoli 67 e 68 del TUIR, i lavori devono essere conclusi per stabilire il termine iniziale di applicazione della plusvalenza, termine identificato con la data di comunicazione agli enti competenti della fine dei lavori. Pertanto, la compravendita avvenuta il 28 febbraio 2024 non è oggetto di plusvalenza. L’attuale compratore ne sarà soggetto, in veste di venditore, in caso di una futura vendita sempreché l’immobile non sia stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del periodo che va dall’atto di acquisto del 28 febbraio 2024 alla data della futura vendita oppure non siano trascorsi dieci anni dall’acquisto.

Per quanto riguarda la spesa da sostenere per la parte indetraibile pari al 30% dei lavori ancora da realizzare, secondo l’ultima ordinanza della Cassazione sopra richiamata, devono essere imputate ai condòmini proprietari al momento della delibera assembleare. In questo caso, dunque, l’assemblea che si è svolta dopo la cessione dell’immobile ha deliberato la spesa a carico dei condòmini, non prevista nella prima delibera. Pertanto, il nuovo acquirente, nonostante il voto contrario nella seconda assemblea, sarà obbligato a pagare le spese impreviste in virtù della qualifica di proprietario al momento della nuova delibera.

Conclusioni

A parere di chi scrive, nulla potrà essere imputato al venditore che ha ceduto l’immobile in totale buona fede, salvo specifiche clausole previste nel contratto di compravendita a favore dell’acquirente. Ad esempio, si potrebbe prevedere che una delle condizioni di acquisto sia quella di non avere alcun addebito di spese per interventi edilizi sulle parti comuni già deliberati prima dell’atto di compravendita anche in caso di modifiche peggiorative delle norme agevolative. Sembra quanto meno improbabile che una clausola di questo tipo possa essere accettata dal venditore, ma trattandosi di un contratto privato lasciato alla volontà delle parti, nulla è impossibile. Infatti, una clausola di questa portata potrebbe essere applicata in considerazione di un importo di compravendita più vantaggioso per il venditore che si fa carico di tutte le spese necessarie per il completamento dei lavori.

Inoltre, richiamando il commentato indirizzo giurisprudenziale della Cassazione, l’acquirente potrebbe appellarsi al fatto che la delibera che ha approvato i lavori sia stata votata prima del suo acquisto e, di conseguenza, le spese da sostenere debbano essere imputate al venditore che era all’epoca proprietario. È vero che la delibera che consente al condominio di utilizzare le opzioni dello sconto in fattura e della cessione del credito è quella del 24 novembre 2022, ma è anche vero che la successiva assemblea del 20 aprile 2024 ha deliberato su altra materia, cioè le maggiori spese da sostenere e da imputare ai condòmini in base alle quote millesimali di proprietà. L’assemblea non ha deliberato nuovi lavori e relative nuove spese, ma ha solo deliberato sulle nuove modalità di pagamento (non più sconto in fattura totale ma sconto in fattura parziale e contestuale pagamento della quota indetraibile) delle spese relative agli stessi interventi già approvati con la prima assemblea.

Sarebbe interessante applicare questi princìpi ai casi di acquisto della sola nuda proprietà o del solo usufrutto. Il prossimo articolo vedrà di chiarire le implicazioni dei diritti reali nell’ambito delle spese condominiali di manutenzione ordinaria e straordinaria.

A cura di Dott. Luciano Ficarelli
Dottore Commercialista
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Esperto in bonus edilizi
Abilitato al rilascio del Visto di Conformità

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