Superbonus e crediti incagliati: novità all'orizzonte?
La recente audizione del MEF parla di un surplus di 45 miliardi di spesa per Superbonus. Nel frattempo nei cassetti fiscali giacciono circa 30 miliardi. Che fine faranno?
Dal 2020 ad oggi, il superbonus 110% e il bonus facciate sarebbero costati oltre 45 miliardi in più rispetto a quanto era stato stimato fino al 2035. È questo uno dei passaggi fondamentali dell’intervento direttore generale del dipartimento Finanze del ministero dell'Economia, Giovanni Spalletta, nel corso dell'audizione dello scorso 23 maggio presso la V Commissione bilancio della Camera.
Superbonus e cessione del credito: speso più del doppio del previsto
Tra i dati che il dg ha elencato, la spesa di 19 miliardi per il Bonus Facciate, a fronte dei 5,9 preventivati, più del doppio quella del Superbonus: 76,1 miliardi invece dei 35 preventivati per il 2035. La conseguenza è un surplus di 45 miliardi (86 totali invece dei 41 previsti) già dopo soli 3 anni dall’entrata in vigore del Decreto Rilancio.
Nel bilancio di costi e benefici, il MEF conferma le indicazioni della Corte dei Conti: i vantaggi si sono concentrati di più dove c’è maggiore ricchezza e i primi sono di gran lunga più alti dei secondi. La Regione con più lavori avviati è infatti la Lombardia, seguita dal Veneto e dall’Emilia Romagna: si tratta delle regioni con reddito più elevato e dove si concentra buona parte degli interventi.
Un impiego delle risorse, aveva specificato la Corte dei Conti, che non ha focalizzato l’attenzione né sui beneficiari, né sugli obiettivi di efficienza energetica a lungo termine, con un indiscriminato “libero accesso” ai benefici, pur mitigato nel 2023 - almeno per le unifamiliari - dalle limitazioni soggettive (reddito familiare) e oggettive (abitazione principale). In ogni caso, finora l’agevolazione avrebbe favorito i proprietari più dotati di risorse finanziarie e tecnico-professionali).
La questione dei crediti incagliati
Nonostante la continua evoluzione della normativa, l’utilizzo del Superbonus avrà un impatto doppio rispetto a quanto previsto. Come ha spiegato il MEF nel corso dell’audizione, il valore dei crediti incagliati ammonta a circa 30 miliardi di euro.
Una cifra facilmente ricavabile per differenza: a marzo il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, aveva dichiarato che il valore delle cessioni del credito e degli sconti in fattura aveva raggiunto i 61,9 miliardi di euro, mentre ad aprile 2023, le cessioni accettate hanno raggiunto i 31,4 miliardi di euro. Per differenza, se ne ricavano 30 miliardi che ancora giacciono nei cassetti fiscali dei contribuenti.
E se la crescita impetuosa è stata arginata con il blocco del meccanismo previsto dall’art. 121 del Decreto Rilancio, sancito con il D.L. n. 11/2023, le soluzioni proposte per lo sblocco dei crediti sembrano ancora al palo.
Ne avevamo parlato qui, quando è stata annunciata la realizzazione da parte di Enel X della piattaforma per l’incontro di domanda e offerta dei crediti. Ad oggi non si sa nulla sull'operatività e su una possibile data di lancio. Stessa situazione sul fronte Poste Italiane, mentre Intesa Sanpaolo continua a stringere accordi per la ricessione dei crediti– gli ultimi in ordine temporale sono quelli con Quellogiusto srl e con Piva Group, per un totale complessivo di 56 milioni di euro.
Intanto, l’unica alternativa possibile e attualmente proposta dal governo è quella c.d. "Spalmacrediti", con la detrazione in 10 anni, resa operativa dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 18 aprile 2023, ai sensi di quanto previsto dal D.L. Aiuti Quater e dalla legge di conversione n. 38/2023 del Decreto Blocca Cessioni.
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