Superbonus: divieto di cessione delle rate residue
Lo stop alla cessione avrà pochi effetti sui contribuenti capienti ma sarà un disastro per chi non ha la possibilità di portare in detrazione diretta il credito
L’ennesima modifica al superbonus è in arrivo, dopo che il Governo ha ulteriormente stretto le porte per l’utilizzo delle agevolazioni. La più eclatante modifica prevista dall’emendamento al Decreto Legge 29 marzo 2024, n. 39 (Decreto agevolazioni fiscali edilizia) in corso di conversione in legge è il cosiddetto “spalmacrediti”, (questa volta correttamente riferito ai committenti e non alle imprese quando fu previsto dall’art. 9, comma 4, del D.L. 18 novembre 2022, n. 176).
Lo stop alla cessione del credito
L’argomento ha preso un posto di primo piano, facendo ombra sulle altre modifiche previste, in particolare sul divieto di cessione delle rate residue. Infatti, l’emendamento presentato prevede che “a decorrere dall’entrata in vigore della disposizione, non è in ogni caso consentito l’esercizio dell’opzione di cui all’art. 121, comma 1, lettera b) del decreto legge 34/2020 in relazione alle rate residue non ancora fruite delle detrazioni derivanti dalle spese per gli interventi di cui al comma 2 del medesimo art. 121”.
In sostanza, chi ha sostenuto delle spese per interventi edilizi di qualsiasi tipo negli anni che vanno dal 2014 al 2022 e ha portato in detrazione nella dichiarazione dei redditi una o più rate, non ha più la possibilità di cedere a terzi le rate residue. Di conseguenza, ci sarà il divieto anche per chi decide di portare in detrazione nella prossima dichiarazione dei redditi la prima rata delle spese 2023 e ha pianificato la cessione delle rate residue.
Per le spese sostenute nel 2024 (ma vale anche per le spese sostenute nel 2023) si ricorda che la cessione del credito è ancora possibile solo qualora sussistano entrambe queste condizioni:
- alla data del 16 febbraio 2023 sia stata presentata la Cilas (in caso di superbonus) o altri titoli edilizi (per bonus diversi dal superbonus) oppure, per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori, oppure, nel caso in cui alla data del 16 febbraio 2023 non risultino versati acconti, la data antecedente dell'inizio dei lavori o della stipulazione di un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori viene attestata sia dal cedente o committente sia dal cessionario o prestatore mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà;
- alla data del 30 marzo 2024 siano state sostenute delle spese, documentate da fattura, per lavori già effettuati.
Pertanto, i committenti che hanno sostenuto delle spese al 30 marzo 2024 e sono in possesso di un titolo edilizio al 16 febbraio 2023, hanno la possibilità di cedere tutte le rate entro la scadenza del 16 marzo 2025 (salvo ulteriori modifiche). Non converrà decidere di portare in detrazione la prima rata nella dichiarazione dei redditi da fare nel 2025 per poi cedere le rate residue perché non sarà più possibile.
Cosa cambia?
Se per i più capienti la nuova disposizione è quasi indifferente, non lo è per gli incapienti (siamo alle solite!). È facile immaginare che molti contribuenti, a partire dai decreti che hanno reso difficile la cessione dei crediti che hanno loro impedito di trovare un acquirente, abbiano scelto di portare in detrazione la prima rata coprendo tutta la capienza fiscale possibile, in attesa di trovare un compratore delle rate residue. Se per le rateazioni più lunghe il problema è relativo (bonus ristrutturazioni, ecobonus ordinario, eco-sismabonus ordinario e bonus facciate), per le rateazioni più brevi come il superbonus, il sismabonus ordinario, il sismabonus acquisti e il bonus barriere architettoniche il problema c’è ed è quello di perdere inevitabilmente una buona fetta del credito maturato.
Esempio pratico
Facciamo un esempio.
Il Sig. Carletti ha sostenuto nel 2022 delle spese per adeguamento sismico ed efficientamento energetico del suo appartamento per € 80.000 e ha aderito al superbonus 110%.
La sua capienza fiscale è di 15.000 euro.
Rinuncia all’opzione irrevocabile di detrazione in dieci anni prevista dal comma 8-quinquies dell’art. 119 D.L. 34/2020 perché ha bisogno di liquidità. Nel marzo 2023, considerate le difficoltà di trovare un acquirente del suo credito e tenuto conto del prezzo di cessione molto alto che un privato gli aveva proposto a ridosso della scadenza per la comunicazione all’AdE, ha deciso di portare in detrazione nella dichiarazione dei redditi di giugno 2023 la prima rata di 20.000 euro di spese, ben sapendo di perdere 5.500 euro (€ 20.000 x 110% = € 22.000; € 22.000 x ¼ = € 5.500).
Il mese scorso è riuscito a ottenere un plafond dal suo istituto di credito per la cessione delle rate residue della spesa pari a 60.000 euro al costo dell’85% del loro valore nominale. Per completezza dell’argomento, il prezzo di cessione è calcolato sul valore del credito che è pari ad € 66.000. Pertanto, il costo degli oneri finanziari è pari ad € 9.900.
Al completamento della pratica di cessione, il Sig. Carletti avrebbe incassato 56.100 euro. Ma, se l’emendamento fosse confermato, la legge di conversione del decreto non consentirà più di optare per la cessione delle rate residue e il Sig. Carletti dovrà necessariamente proseguire con le detrazioni in dichiarazione per i successivi tre anni in quanto la banca dovrà recedere dal contratto per inapplicabilità dell’opzione di cui all’art. 121.
Questa modifica comporterà un’ulteriore perdita al Sig. Carletti che, nel caso dovesse confermare la sua capienza di 15.000 euro per i prossimi tre anni, perderà per incapienza 16.500 euro (€ 5.500 x 3) di detrazioni, contro una spesa di sole 9.900 euro di oneri finanziari della prevista cessione alla banca.
Conclusioni
La perdita potrebbe anche essere dai più “giudicata” lieve, ma le fattispecie possono essere tantissime. Non è, infatti, la stessa cosa per un contribuente che nel 2024 andrà in pensione, oppure per un imprenditore che ha flussi variabili di reddito imponibile, oppure per un contribuente che perde il lavoro.
Ancora una volta si assiste a modifiche di legge a favore dei contribuenti con alta capacità di assorbimento delle detrazioni a discapito di chi ha trovato nell’opzione della cessione del credito la soluzione per recuperare parte delle spese. Un’incomprensibile scelta che stride con un principio costituzionale di facile lettura.
A cura di Dott. Luciano Ficarelli
Dottore Commercialista
www.professionistiintegrati.net
Esperto in bonus edilizi
Abilitato al rilascio del Visto di Conformità
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