Superbonus, una stucchevole questione di numeri?

Secondo uno studio di Bankitalia oltre 45 miliardi di euro investiti nel superbonus rappresentano una perdita netta

di Gianluca Oreto - 19/06/2024

La matematica non è un’opinione” è una delle frasi più ricorrenti utilizzate per dare forza ai risultati matematici come dati oggettivi e basati su principi e regole ben definite, non soggetti a interpretazioni personali o a opinioni. Ma le conclusioni matematiche vanno chiaramente lette e interpretate. Le stesse stanno alla base di un processo decisionale che qualsiasi buon manager conosce (o dovrebbe conoscere).

Superbonus e Bonus facciate: lo studio di Bankitalia

Con questa premessa accolgo l’ennesimo report messo a punto da Bankitalia dal titolo “L'impatto economico degli incentivi fiscali alle ristrutturazioni edilizie”, che analizza l’impatto economico dei due bonus edilizi più chiacchierati degli ultimi anni: il superbonus e il bonus facciate. Due misure che, secondo Banca d’Italia, hanno comportato una perdita secca di oltre 45 miliardi di euro, poiché un quarto degli investimenti sovvenzionati sarebbe stato effettuato anche in assenza degli incentivi.

Come rilevato nello studio a firma di Antonio Accetturo (Economista senior presso Banca d'Italia), Elisabetta Olivieri (Ricercatrice presso Banca d'Italia) e Fabrizio Renzi (Analista presso Banca d'Italia), i due crediti d’imposta hanno portato a una spesa complessiva di oltre 170 miliardi di euro tra il 2021 e il 2023, pari a circa il 3% del PIL per anno.

Preliminarmente gli autori del report hanno ricordato le tre motivazioni alla base di questi incentivi fiscali:

  • stimolare l’economia, soprattutto nel 2020 dopo la crisi pandemica;
  • supportare i soggetti che non possono permettersi di ristrutturare la propria abitazione (ma qui non si ricorda l’impatto del meccanismo di cessione del credito);
  • incoraggiare la transizione verde.

I numeri del report e gli incentivi edilizi

Ricordavo all’inizio che la matematica non è un’opinione e che i numeri non mentono mai. Il problema resta comprendere quali siano i numeri da prendere in considerazione per un’analisi seria che possa servire non solo a valutare l’impatto (a tutti i livelli) di questi incentivi ma anche come base per le future politiche incentivanti di cui il Paese non potrà fare a meno.

Dopo l’entrata in vigore (28 maggio 2024) della Direttiva (UE) 2024/1275 (Direttiva Green), infatti, gli Stati membri avranno 2 anni per recepirne le indicazioni e predisporre il piano strategico di azione che non potrà prescindere da un articolato, funzionale e importante sistema di incentivi fiscali.

Lo stesso report di Banca d’Italia evidenzia come il sistema di bonus edilizi sia stato avviato per la prima volta nel 1998. Lo stesso, per, prevedeva aliquote e ripartizione decennale che di fatto ne consentiva l’utilizzo solo ai contribuenti ad alto reddito (motivo per cui i “numeri” sviluppati fino al 2019 sono sempre stati costanti ma non particolarmente rilevanti).

Solo nel 2020, prima con il Bonus Facciate e poi con il Superbonus (oltre che del meccanismo di cessione del credito), l’investimento pubblico nei bonus edilizi ha avuto un’esplosione senza precedenti (terminata a marzo 2024).

Ciò premesso, secondo le stime di Bankitalia, circa il 73% del valore totale degli investimenti immobiliari che hanno ricevuto il Superbonus o il Bonus Facciate sono stati stimolati dai crediti d'imposta. Il restante quarto della spesa relativa agli investimenti sovvenzionati - complessivamente circa 45 miliardi - rappresenterebbe una "perdita netta", poiché si riferisce agli investimenti che sarebbero stati effettuati anche in assenza di incentivi.

Alla luce di questi dati, secondo Banca d’Italia, il moltiplicatore fiscale è leggermente inferiore a uno, una cifra inferiore a quella associata agli investimenti pubblici nei modelli macroeconomici standard o a quelli previsti per gli investimenti verdi.

Il report si conclude ammettendo che l’analisi non comprende:

  • l'impatto possibile sull'ambiente derivante dall'aumentata efficienza energetica;
  • le possibili risposte comportamentali delle imprese e delle famiglie in un contesto caratterizzato da crescenti prezzi delle materie prime e lunghi ritardi nell'esecuzione dei lavori di ristrutturazione;
  • le problematiche relative alla trasferibilità dei crediti d'imposta a terzi.

Aggiungiamo noi che non comprende neanche alcuna valutazione in merito all’emersione del nero.

Conclusioni

Come numerose volte scritto su queste pagine, il superbonus è stata una misura economica con tanti pro e contro. Un sistema incentivante che andrebbe analizzato prendendo in considerazione non solo la spesa ma anche alcuni dei suoi aspetti tecnici che andrebbero analizzati e scolpiti nella roccia.

Primo fra tutti l’orizzonte temporale. L’esperienza superbonus dovrebbe aver insegnato che qualsiasi sistema incentivante “shock” non può prevedere orizzonti temporali brevi e deve essere adeguatamente supportato da un’attenta pianificazione degli interventi. Aspetti questi che sono completamente mancati in questa misura.

Altro aspetto riguarda le necessità “reali” del patrimonio immobiliare italiano. È vero che la transizione verde è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi comunitari ma la stessa Direttiva Green ha riconosciuto le particolarità territoriali tra cui proprio il rischio sismico. Benché l’Italia sia un territorio a rischio sismico, nonostante la vetustà del suo patrimonio immobiliare e sebbene il superbonus comprendeva due anime (eco e sisma), i numeri hanno dimostrato che per mera convenienza economica gli interventi più gettonati (direi standard) comprendevano il cappotto termico, la sostituzione dell’impianto termico, il fotovoltaico e le colonnine di ricarica. Una riqualificazione energetica senza (o con pochissima) attenzione alle esigenze strutturali degli edifici.

Concludendo, va bene la produzione di numeri e report ma l’attenzione maggiore dovrebbe sempre riguardare le necessità del costruito e un serio piano trentennale. Ne saremo capaci?

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