Terzo condono edilizio: niente sanatoria per la veranda in zona vincolata
La creazione di un nuovo volume in area sottoposta a vincolo configura un c.d. "abuso maggiore", non sanabile a prescindere dalla sua conformità agli strumenti urbanistici
La realizzazione di una veranda senza titolo edilizio in un’area vincolata è un abuso insanabile, comportando un incremento volumetrico che non rientra tra le opere di minore rilevanza sanabili nelle zone sottoposte a tutela paesaggistica.
Condono in area vincolata: il TAR sulla sanatoria della veranda
A ribadirlo è il TAR Lazio con la sentenza del 24 febbraio 2025, n. 4090 confermando il diniego di condono relativo a due domande presentate nel 2004 per la realizzazione di opere abusive consistenti in:
- realizzazione di un nuovo volume in aderenza all’immobile esistente, adibito a magazzino e servizi igienici;
- un vano veranda chiuso, costruito su un balcone al primo piano.
L’Amministrazione ha negato il condono sulla base del parere negativo della Soprintendenza e della normativa urbanistica vigente, in particolare per la presenza di vincoli paesaggistici sull’area interessata.
Realizzazione veranda: è ampliamento volumetrico
Ricordiamo che la realizzazione di una veranda chiusa comporta una trasformazione permanente dell’immobile e rientra nella categoria della ristrutturazione edilizia “pesante”, come previsto dall’art. 3, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 380/2001 e richiede il permesso di costruire.
La veranda chiusa non è una semplice pertinenza, ma una vera e propria nuova costruzione poiché incide sulla volumetria e sull’aspetto architettonico dell’edificio.
Se l’intervento è eseguito in un’area vincolata, la sanatoria diventa ancora più complessa, anzi praticamente impossibile. L’art. 32, comma 27, lett. d) del D.L. n. 269/2003 (c.d. “Terzo Condono Edilizio”), infatti:
- esclude il condono per le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell'allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli, a prescindere dal fatto se si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l'inedificabilità assoluta dell'area;
- ritiene sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai numeri 4, 5 e 6, dell'allegato 1 al d.l. 326/2003, cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Nel caso in esame, trattandosi di una nuova volumetria, il giudice ha confermato il rigetto del condono in applicazione della normativa nazionale e regionale vigente, ovvero:
- l’art. 32, comma 27, lett. d) del D.L. n. 269/2003 che vieta la sanatoria di nuove costruzioni su aree soggette a vincoli posti a tutela dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere;
- la L.R. Lazio n. 12/2004, che ha introdotto restrizioni ancora più severe, ampliando i casi di non sanabilità, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.
Nel caso in esame, il vincolo paesaggistico sull’area era anteriore alla realizzazione della veranda, escludendo quindi ogni possibilità di condono.
Il decorso del tempo non legittima gli abusi edilizi
Infine, i ricorrenti avevano sostenuto che si fosse ormai creato un legittimo affidamento sulla possibilità di ottenere la sanatoria, richiesta ben 15 anni prima: tuttavia, il TAR ha respinto questa tesi, richiamando l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017, secondo cui il decorso del tempo non può legittimare abusi edilizi né precludere all’amministrazione l’esercizio del potere repressivo: “non sarebbe in alcun modo concepibile l'idea stessa di connettere al decorso del tempo e all'inerzia dell'amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare il grave fenomeno dell'abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l'edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta - e inammissibile - forma di sanatoria automatica o praeter legem”.
Il ricorso è stato quindi respinto: le verande chiuse con aumento di volumetria necessitano di permesso di costruire e, se realizzate in aree vincolate senza autorizzazione, non possono essere condonate. Il provvedimento di diniego, pertanto, è atto vincolato e non può essere disapplicato dall’amministrazione, né annullato per vizi di motivazione.
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