Tettoia, pergolato e permesso di costruire: il TAR sull'ordine di demolizione
In una nuova sentenza, i giudici ricordano quali caratteristiche qualificano la tettoia come pertinenza oppure come manufatto soggetto a titolo abilitativo
La realizzazione di una tettoia non necessita del permesso di costruire solo quando, per conformazione e ridotte dimensioni, sia evidente la sua finalità di mero arredo, e di riparo e protezione dagli agenti atmosferici.
È obbligatoria invece la previa richiesta del titolo abilitativo se, per caratteristiche costruttive e rilevanti dimensioni, la tettoia sia idonea ad alterare la sagoma dell’edificio e, quindi, l’assetto territoriale.
Quando la tettoia è realizzabile in edilizia libera?
Lo ribadisce il TAR Lazio con la sentenza del 24 settembre 2024, n. 16575, rigettando un ricorso proposto per l’annullamento dell’ordine di demolizione disposto dal Comune per una tettoia realizzata abusivamente in assenza di permesso di costruire.
Si spiega, nello specifico, che le tettoie rientrano tra le pertinenze urbanistiche - e possono quindi essere realizzate in edilizia libera - solo nel caso in cui la conformazione della struttura e le ridotte dimensioni rendano evidente che la loro installazione abbia esclusivamente finalità di arredo, riparo e protezione, anche da agenti atmosferici, e quando, per la loro consistenza, possano ritenersi assorbite nell’edificio principale, in ragione della loro accessorietà.
Viene specificato, infatti, che anche il pergolato, che generalmente può essere ricompreso nelle opere realizzabili in edilizia libera, diventa invece una tettoia che necessita del Permesso di Costruire quando risulta coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile.
Ciò in quanto si tratta di opere che, se si estendono su una superficie considerevole e sono stabilmente infisse al suolo, comportano comunque un notevole impatto sull’assetto del territorio, a prescindere dalla loro generale qualificazione e dai materiali impiegati per realizzarle.
Sul punto, i giudici amministrativi ribadiscono che il concetto di pertinenza in ambito urbanistico-edilizio viene inteso in senso più restrittivo rispetto alla definizione civilistica disposta all’art. 817 c.c., in quanto consente di configurare come pertinenze solo le opere che siano prive di autonoma destinazione, che siano coessenziali al bene principale e che esauriscano la loro finalità nel rapporto funzionale con l’immobile, in modo tale da non incidere in maniera rilevante sul carico urbanistico. Tale definizione presuppone inoltre chiaramente che l’opera sia di modestissime dimensioni rispetto al bene principale cui inerisce.
Di conseguenza, non sono qualificabili come pertinenze urbanistiche - e sono quindi soggette alla previa richiesta del Permesso di Costruire - tutte le opere (incluse le tettoie) che siano di dimensioni tali da alterare l’assetto del territorio e che occupino aree e volumi diversi rispetto all’immobile principale, indipendentemente dal vincolo di servizio o d’ornamento.
Tettoia chiusa di rilevanti dimensioni: senza titolo abilitativo sì alla demolizione
Nel caso in esame è stata realizzata una tettoia di dimensioni pari a circa 20 mq, chiusa da un lato e frontale mediante vetri, un muro e una porta.
Si tratta di un’opera che, sulla base di elementi obiettivi, è senza dubbio qualificabile come manufatto di rilevanti dimensioni, idoneo ad alterare significativamente lo stato dei luoghi, a prescindere dall’effettivo impiego che ne viene fatto e dai materiali utilizzati per la sua realizzazione.
Il manufatto quindi - sulla base di quanto disposto dall’art. 3, comma 1, lett. d), e dall’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) - rientra a tutti gli effetti nella categoria della ristrutturazione edilizia “pesante”, e necessita dunque del Permesso di Costruire.
Di conseguenza, anche la sanzione demolitoria disposta dal Comune risulta correttamente applicata, ai sensi dell’art. 33 del TUE, nonché dell’art. 16 della L.R. Lazio n. 15/2008 che qui rileva.
Si specifica peraltro che il provvedimento di ripristino risulta sufficientemente motivato, ma, anche se così non fosse stato, in ogni caso, per tali fattispecie l’unica sanzione applicabile sarebbe comunque quella demolitoria.
Viene confermato pertanto il rigetto del ricorso, con un'apertura però verso le novità recentemente introdotte in materia con il D.L. n. 69/2024, convertito con legge n. 105/2024 (c.d. Decreto “Salva Casa”): il giudice infatti conferma, in presenza dei presupposti e requisiti richiesti - la possibilità di presentare istanza di sanatoria ai sensi di quanto recentemente disposto con le modifiche al Testo Unico Edilizia.
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