Titoli edilizi ed emergenza Covid: incostituzionale la proroga della Lombardia
La Corte Costituzionale ha confermato il contrasto con quanto disposto dallo Stato a seguito dell'emergenza sanitaria
Scadenza termini titoli abilitativi ed emergenza COVID-19: la proroga disposta dalla regione Lombardia (legge 18/2020) è incostituzionale.
Proroga termini titoli abilitativi: la sentenza della Corte Costituzionale
Così ha disposto la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 245 del 21 dicembre 2021, per avere agito in difformità da quanto ha previsto lo Stato con i decreti legge n. 18/2020 e n. 76/2020.
Nella fattispecie, il giudizio ha riguardato la legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge della Regione Lombardia 7 agosto 2020, n. 18 (Assestamento al bilancio 2020-2022 con modifiche di leggi regionali).
Tale norma prevedeva:
- la proroga di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti o titoli abilitativi, comunque denominati, in scadenza dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, per tre anni dalla data di relativa scadenza;
- la proroga delle convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 46 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e dei termini da esse stabiliti, nonché di quelli contenuti in accordi similari, comunque denominati, previsti dalla legislazione regionale in materia urbanistica, stipulati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, che conservano validità per tre anni dalla relativa scadenza.
Secondo il Governo, la disposizione regionale impugnata ha dettato una disciplina difforme da quella statale, contenuta nell’art. 103, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto “Cura Italia”), convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 2020, n. 27, e nel successivo, integrativo art. 10, commi 4 e 4-bis, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. “Decreto Semplificazioni”) convertito, con modificazioni, in legge 11 settembre 2020, n. 120.
In particolare, viene sottolineata:
- la maggiore ampiezza della proroga disposta in ambito regionale, che ha prolungato di tre anni la validità dei permessi di costruire in scadenza fino al 31 dicembre 2021;
- l’automatismo che la connota, laddove il legislatore statale ha proceduto con interventi graduali, proporzionati alla situazione emergenziale, subordinando la proroga dei termini di inizio e ultimazione dei lavori dei permessi di costruire alla comunicazione dell’interessato, nonché alla perdurante conformità del titolo agli strumenti urbanistici approvati o adottati: in particolare l’art. 10, comma 4, del d.l. n. 76 del 2020 ne subordina l’efficacia alla richiesta dell’interessato e alla perdurante compatibilità del titolo oggetto della richiesta di proroga con gli strumenti urbanistici, generali o particolareggiati, nel frattempo adottati.
Inoltre la norma impugnata:
- sarebbe costituzionalmente illegittima anche sotto il profilo della violazione del principio di necessaria unitarietà della proroga, tanto dei termini di validità dei titoli, quanto dei termini di inizio e ultimazione dei lavori;
- contrasterebbe con la legislazione statale prima richiamata anche con riferimento alla causale dell’emergenza su cui esplicitamente si fonda, poiché vengono meno i principi di proporzionalità e limitatezza temporale. La proroga disposta dal legislatore regionale, riferita ai titoli abilitativi in scadenza fino al 31 dicembre 2021, violerebbe palesemente tali principi.
Emergenza Covid-19 e proroga titoli edilizi: il quadro normativo di riferimento
Nel giudicare il caso, la Corte Costituzionale ha preliminarmente fatto un excursus delle norme di riferimento:
- con l’art. 103, comma 1, del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 (cosidetto Decreto cura Italia), il legislatore ha approntato il primo intervento urgente: la paralisi dell’attività amministrativa e l’esigenza di garantire la protezione della salute e gli interessi collegati all’azione della pubblica amministrazione, hanno indotto a prevedere la sospensione dei termini di tutti i procedimenti amministrativi;
- in sede di conversione in legge, si è stabilito che gli atti e i titoli in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 conservano «validità» per i novanta giorni successivi alla data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, con previsione espressamente estesa ai termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’art. 15 del d.P.R., n. 380/2001, alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), alle segnalazioni di agibilità, alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali, comunque denominate;
- nel luglio 2020, nel permanere dell’emergenza, il legislatore è
tornato a occuparsi di alcuni provvedimenti specifici – i permessi
di costruire – per ricalibrare la proroga automatica e
generalizzata inizialmente disposta con l’art. 103, comma 2, del
d.l. n. 18 del 2020: ecco quindi l’art. 10, comma 4, del d.l.
n. 76 del 2020 (cosiddetto Decreto semplificazioni), come
convertito nella legge n. 120 del 2020, che ha
previsto che i termini di inizio e ultimazione dei lavori di cui
all’art. 15 del d.P.R. n. 380/2001, come indicati nei permessi di
costruire formatisi fino al 31 dicembre 2020, sono prorogati,
se l’interessato comunica di volersi avvalere di tale
proroga.
Al momento della comunicazione i termini non devono essere già decorsi e il titolo deve risultare conforme agli strumenti urbanistici approvati o adottati. Questa disciplina è stata espressamente estesa alle segnalazioni di inizio attività presentate entro lo stesso termine (31 dicembre 2020). - a causa del protrarsi dell’emergenza epidemiologica, il legislatore è nuovamente intervenuto: l’art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 125 del 2020, come convertito, ha modificato l’art. 103, comma 2, sostituendo la data del «31 luglio 2020» con «la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza», così prorogando la validità di tutti gli atti e titoli in scadenza nell’intero periodo emergenziale, a partire dal 31 gennaio 2020;
- l’art. 3-bis, comma 1, lettera b), dello stesso d.l. n. 125 del 2020, ha introdotto nell’art. 103 il comma 2-sexies, in cui si prevede che tutti gli atti e provvedimenti indicati al comma 2 dell’art. 103 «scaduti» tra il 1° agosto 2020 e la data di entrata in vigore della legge di conversione n. 159 del 2020 (27 novembre 2020), e non rinnovati, «si intendono validi e sono soggetti alla disciplina di cui al medesimo comma 2». In questo modo, è stata recuperata la validità degli atti in scadenza nel periodo successivo al 31 luglio 2020, non compresi nella prima proroga. La disciplina dettata dall’art. 10, comma 4, del d.l. n. 76 del 2020 è riferita solo ai permessi di costruire e alla SCIA, mentre gli altri titoli abilitativi sono assoggettati alla previsione dell’art. 103, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, come modificato.
- Infine, con il decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, in legge 16 settembre 2021, n. 126, l’emergenza da COVID-19 è stata prorogata fino al 31 dicembre 2021.
Proroga automatica contrasta con le norme statali
La Corte Costituzionale quindi ha evidenziato che l’art. 28, comma 1, lettera a), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, nel disporre la proroga dei titoli abilitativi in modo difforme da quanto previsto nella disciplina statale (artt. 103, comma 2, d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e 10, comma 4, d.l. n. 76 del 2020, come convertito), entra in collisione con un principio fondamentale.
Il raffronto tra le norme statali interposte e la disciplina regionale rende palese la diversità della proroga automatica disposta dalla Regione Lombardia in riferimento a:
- tipologia dei titoli abilitativi;
- durata della proroga, che la disposizione regionale ha indicato in tre anni dalla scadenza, mentre la norma statale ha individuato il termine finale nel novantesimo giorno successivo alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza;
- art. 10, comma 4, del d.l. n. 76 del 2020, che ha previsto una disciplina specifica della proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori indicati nei permessi di costruire di cui all’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001, eliminando l’automatismo e subordinando la concessione della proroga alla richiesta dell’interessato, nonché alla perdurante compatibilità del titolo oggetto di proroga con gli strumenti urbanistici approvati o adottati.
Inoltre, nel testo che risulta a seguito della legge di conversione, è previsto un termine differenziato di proroga dei suddetti termini, rispettivamente di un anno e di tre anni.
La disciplina regionale è, pertanto, completamente differente rispetto a quella statale.
Il Collegio ha quindi ricordato che la durata dei titoli abilitativi rappresenta un punto di equilibrio fra i contrapposti interessi oggetto di tutela, inerenti alla realizzazione di interventi di trasformazione del territorio compatibili con la tutela dell’ambiente e dell’ordinato sviluppo urbanistico, per ciò stesso assegnato a titolo esclusivo al legislatore statale, secondo il sistema delineato dal d.P.R. n. 380 del 2001.
La disciplina statale riguarda tutto il territorio nazionale
In una situazione inusuale di emergenza epidemiologica come quella da COVID-19, l’intervento del legislatore è consistito nel prorogare i titoli abilitativi in termini omogenei su tutto il territorio nazionale: "incidendo sulla durata, le norme statali interposte partecipano della natura di “principio fondamentale” che connota la disciplina dei titoli abilitativi, con l’effetto di vincolare le Regioni. Le pur gravi difficoltà che investono il settore delle costruzioni in Lombardia, peraltro riscontrabili anche in altre realtà regionali, non giustificano l’introduzione di un regime regionale difforme”.
Con le norme emanate, lo Stato ha disposto la proroga generalizzata dei titoli abilitativi, seguendo lo sviluppo dell’emergenza epidemiologica e delle sue ricadute, nel bilanciamento di interessi potenzialmente confliggenti che connotano gli interventi sul territorio: da un lato, l’interesse dei beneficiari dei titoli abilitativi a esercitare i propri diritti, e l’interesse pubblico a non vincolare l’uso del territorio per un tempo eccessivo, dall’altro. L’intervento statale ha inteso rispondere a esigenze che riguardano l’intero territorio nazionale, colpito dalla pandemia, con effetti drammatici che hanno inciso il tessuto sociale ed economico.
L’art. 28, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 7 agosto 2020, n. 18, è stato quindi giudicato illegittimo, ad esclusione della parte in cui, nel testo antecedente all’entrata in vigore della legge reg. Lombardia n. 22 del 2020, prevedeva la proroga delle autorizzazioni paesaggistiche.
Documenti Allegati
SentenzaIL NOTIZIOMETRO