Trasferimento di cubatura: quando si può applicare e quando no
Il Consiglio di Stato sottolinea che la contiguità tra due fondi è un criterio che non riguarda soltanto l'eventuale prossimità fisica
Il trasferimento di cubatura rende possibile l’utilizzo del volume previsto per l’edificazione di un fondo in favore di un altro, per cui, a fronte di una cubatura complessiva invariata, il fondo cessionario sarà caratterizzato da un indice di edificabilità superiore a quello originariamente goduto. Tuttavia, come spiega il Consiglio di Stato, il ricorso a questo meccanismo è soggetto a determinate condizioni. Vediamo quali.
Quando si può fare operare il trasferimento di cubatura?
Una delle condizioni per legittimare il trasferimento di cubatura è la contiguità tra i fondi. Per contiguità, spiegano i giudici di Palazzo Spada nella sentenza n. 5305/2022, non si intende che i terreni debbano essere per forza contermini, ma quanto meno dotati del requisito della reciproca prossimità.
Il caso in esame riguarda una società che aveva deciso di trasferire circa 200 metri cubi da un fondo a un altro per completare un intervento di edificazione. Secondo il Comune, tale trasferimento era illegittimo perché le aree non erano contigue, non appartenevano allo stesso comparto urbanistico e si venina a verificare il superamento dei limiti volumetrici consentiti nell'area.
Criteri di legittimazione della contiguità: la sentenza del Consiglio di Stato
Come spiega il Consiglio, l’istituto dell'asservimento di un fondo astrattamente serve proprio ad accrescere la potenzialità edilizia di un altro fondo, sfruttando in tutto o in parte la cubatura ancora esprimibile dal primo; la volumetria spettante al fondo cedente viene “trasferita” sul fondo di intervento, che, per l’effetto, va considerato come “idealmente unitario”; ai fini della verifica del rispetto dell'indice di fabbricabilità fondiaria. Di conseguenza, va computata non solo la superficie del lotto di intervento, ma anche quella del fondo cedente, che va ad aggiungere la propria cubatura residua proprio al fine di incrementare la potenzialità edificatoria del primo.
Tuttavia, nel caso in esame è risultato appunto mancante l’importante indicatore che legittima il trasferimento della cubatura, ovvero quello della contiguità dei due fondi (cedente e cessionario). Detto requisito è inteso dalla giurisprudenza non in senso letterale e fisico, ossia adiacenza o contiguità territoriale, ma nel senso che tra area cedente ed area ricevente deve sussistere pur sempre una effettiva e significativa vicinanza, con la precisazione che tale continuità viene comunque a mancare quando tra i fondi sussistano una o più aree aventi destinazioni urbanistiche incompatibili con l’edificazione.
La contiguità deve essere intesa come una effettiva e significativa vicinanza che tuttavia non implica necessariamente che gli immobili siano tra loro confinanti: ciò significa che in concreto non è possibile adottare un criterio generale ed astratto in base al quale affermare la contiguità tra fondi, ma che la vicinanza deve essere valutata caso per caso in relazione a:
- caratteristiche morfologiche dell’area interessata;
- dimensioni;
- esigenze urbanistiche della stessa.
In questo caso, i fondi sono situati a oltre 200 metri di distanza, sussistono comunque strutture capaci di rompere l’ideale “unità” dell’area di insistenza, dato che sono separati da alcune strade e da abitazioni, che operano un effetto "barriera" e interrompono la continuità spaziale; inoltre le vie interessate e previste nel PRG che dividono il tessuto urbano in isolati secondo uno schema che intende distribuire la volumetria nei diversi quadranti dalla stessa spartiti.
Sulla base di tali elementi, i giudici hanno respinto l’appello confermando il provvedimento di diniego, secondo il quale la collocazione a distanza dei fondi costituisce un elemento di discontinuità tale da impedirne l’accorpamento al fine dello sfruttamento edificatorio di proprietà, non essendo ravvisabile il presupposto dell’appartenenza ad un medesimo contesto unitario.
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