Umidità da risalita e condominio: occhio alle responsabilità
Il Tribunale di Savona entra nel merito delle responsabilità del condominio nel caso di danni causati dall’umidità da risalita
Parlare di condominio non è mai semplice soprattutto perché la parte del Codice Civile che ne regola obblighi e responsabilità (il Libro Terzo “Delle proprietà”) non sempre riesce ad entrare nel dettaglio (ma forse è meglio così) delle infinite casistiche che si verificano nella realtà.
Umidità da risalita e condominio: interviene il Tribunale
La conseguenza è che su taluni aspetti è la giurisprudenza a dover intervenire per chiarire i contorni della norma “regolatrice”, come nel caso dei danni causati dall’umidità da risalita su un immobile posto al piano terra di un condominio.
Preliminarmente occorre premettere che l’umidità di risalita è una delle patologie più comuni nell’edilizia sia storica che moderna, causata da un insieme di processi che trasferiscono l’umidità dal basso verso l’alto. Una delle cause principali è certamente la tecnica costruttiva utilizzata (figlia dei tempi) e l’assenza di una corretta ed efficace impermeabilizzazione dei muri contro-terra.
Ciò premesso, in caso di problemi di umidità da risalita all’interno di un immobile posto a piano terra su un edificio condominiale, chi ne risponde? Ha provato a rispondere a questa domanda il Tribunale di Savona con l’interessante sentenza n. 812 del 9 novembre 2023 che ci consente di individuare i punti chiave da prendere in considerazione.
Il caso di specie
Nel caso oggetto della sentenza, viene riscontrato che i danni causati su un immobile posto a piano terra sono stati generati da infiltrazioni di umidità provenienti dal suolo e/o sottosuolo condominiale e/o dalle piastrelle posizionate a destra del portone condominiale. Il ricorrente chiede, dunque, l'accertamento della responsabilità del condominio rispetto ai danni lamentati, e conseguentemente la rimozione delle cause delle infiltrazioni e il rispristino del locale in questione.
Secondo quanto riscontrato dal consulente tecnico d’ufficio (CTU), nella proprietà del ricorrente sono presenti delle infiltrazioni dovute ad umidità di risalita dovute alla tecnica costruttiva adottata quando venne edificato lo stabile, rispondente allo stato dell'arte del tempo e compatibile con la originaria destinazione esclusiva a magazzino, ma non idonea a prevenire la problematica con il trascorrere degli anni ed in carenza della minima manutenzione.
Secondo il CTU, si tratterebbe di un fenomeno tipico di tutte le costruzioni realizzate con analoghe modalità, che riguarda l'intero stabile, e non esclusivamente la proprietà del ricorrente, nella quale tuttavia risulta aggravato per la carenza di aereazione (attribuibile alle modalità di uso), e per la totale mancanza della minima manutenzione, protratta per lungo tempo, da parte della proprietà.
La destinazione d’uso
È proprio sulla modalità d’uso dell’immobile che il Tribunale si concentra, rilevando che il locale in questione era stato realizzato con destinazione d'uso a magazzino (categoria catastale C2) e che una successiva destinazione a fini commerciali non è corrispondente all'uso originariamente previsto.
Secondo un principio consolidato della giurisprudenza “Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno rispondendo, in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile”.
Il Tribunale di Savona conferma, però, che tale principio non è riferibile ed applicabile al caso di specie, le cui peculiarità sono tali da farlo rientrare, invece, nell'ambito di riferimento del più specifico dettato della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la responsabilità del condominio ai sensi dell'art. 2051 c.c., e quindi anche l'obbligo al risarcimento, sono esclusi per i danni causati dall'umidità di risalita qualora tale fenomeno sia da imputarsi principalmente alle tecniche costruttive in uso all'epoca della costruzione dell'edificio e si accerti, poi, che il comportamento negligente del proprietario del locale abbia contribuito ad aggravarlo.
L’art. 2051 del Codice Civile dispone “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. In tal senso, la sentenza 29 novembre 2011, n. 25239 della Corte di Cassazione ha chiarito che: "le infiltrazioni provenienti da parti comuni dell'edificio, da cui scaturiva l'umidità del locale di proprietà esclusiva, erano riconducibili alle tecniche in uso all'epoca della costruzione dell'edificio, tecniche idonee rispetto alla destinazione dello stesso a magazzino, e alla mancanza di aereazione; con la mancata aereazione del locale, conseguente al mutamento della destinazione di uso da magazzino a locale commerciale, le infiltrazioni si erano aggravate. In tale modo, ha accertato che il fatto del danneggiato, costituito dal mutamento di destinazione d'uso - impedendo la normale aereazione del locale seminterrato, le cui caratteristiche costruttive erano compatibili con tale aereazione ha avuto efficacia causale tale da interrompere il nesso tra la cosa e l'evento dannoso, integrando il caso fortuito richiesto dalla legge perché il proprietario custode sia esente da responsabilità".
Conclusioni
Nel caso oggetto della pronuncia del Tribunale di Savona sono presenti tutti i presupposti di cui alla menzionata pronuncia. Nel caso di specie, infatti, i danni derivano:
- da conseguenze della umidità di risalita, appunto riconducibili alla tecnica costruttiva tipica dell'epoca della edificazione, e rispondente ai criteri di idoneità del tempo;
- dal difetto di aereazione dovuto alle modalità di uso.
Proprio per questo motivo il ricorso è stato rigettato.
Documenti Allegati
Sentenza Tribunale Savona 9 novembre 2023, n. 812IL NOTIZIOMETRO