Valutazione impatto ambientale: quando manca il VIA alla Transizione Ecologica
L'utilizzo di fonti rinnovabili e pulite spesso viene disincentivato dai pareri negativi, anche se non vincolanti, di Regioni e Soprintendenze
Il caro energia e l’emergenza climatica mettono tutti d’accordo sul fatto che sia necessario trovare soluzioni sostenibili. Un consenso che però è solo a parole, come dimostrano la reticenza al cambiamento che numerose amministrazioni regionali e soprintendenze manifestano al momento di valutare l’impatto ambientale di impianti eolici e impianti fotovoltaici.
VIA negative e transizione ecologica negata: alcune riflessioni
Mentre la normativa cerca sempre più di muovere verso la semplificazione, ad esempio incoraggiando l’installazione degli impianti sugli edifici residenziali, adesso in edilizia libera fino a 200 kW; mentre la UE elargisce risorse a supporto della transizione ecologica, da ultimo i Fondi PNRR per il Parco Agrisolare; mentre la stessa giurisprudenza comunitaria cerca un bilanciamento tra interessi pubblici sempre più a favore della tutela dell’ambiente, le Amministrazioni sembrano non cogliere volentieri le opportunità di cambiamento.
Lo testimoniano, da ultimo, la recente sentenza con cui il Consiglio di Stato ha dovuto ribadire a una Soprintendenza come l’installazione di due impianti eolici rispondesse a un interesse da tutelare maggiormente rispetto a quello relativo ad alcuni beni culturali a vincolo indiretto e, sul versante opposto, il parere negativo della Regione Marche alla realizzazione di un impianto agrivoltaico di 45 ettari, per una potenza di oltre 28 megawatt.
Il caso della Regione Marche
Secondo l’ufficio regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), l’impianto si inserisce “in un contesto a forte vocazione agricola di qualità” e la sua realizzazione “comporterebbe di fatto, nonostante un parziale mantenimento dell’attività agricola, uno stravolgimento dell’attuale vocazione con ripercussioni anche economiche che non si possono escludere in questa fase”, oltre a “possibili impatti negativi significativi sugli aspetti geomorfologici, idrogeologici ed idraulici”, senza tralasciare che “l’impianto è visibile da numerosi punti di osservazioni inclusi abitati storici e che la sua realizzazione comporterebbe una forte alterazione del paesaggio percepito, non essendo applicabile efficaci misure di mitigazione per un impianto di tali dimensioni in quella localizzazione”.
Il parere della Regione, non vincolante, è stato richiesto dal Ministero della Transizione Ecologica (MITE) che gestisce il procedimento per questa realizzazione. La VIA sarà valutata da una commissione nazionale e la decisione sarà presa dalla Presidenza del Consiglio. Spiega l’Assessore Regionale che l’impianto occupa una superficie troppo impattante sotto ogni punto di vista e si augura che “i territori e la Regione possano essere coinvolti nel percorso, arrivando a un diniego finale da parte degli organi nazionali preposti”.
Una scelta non condivisa e che ha generato non poche polemiche. Ne ha parlato anche il portavoce al Senato dei M5S, Gianni Pietro Girotto, lamentando come, ancora una volta, la reticenza delle Regioni al cambiamento rallentia di fatto il processo del Paese verso la transizione ecologica: “So per certo che, per quanto negativi possano essere gli effetti di questo impianto, sono molto meno negativi degli effetti causati dal dover continuare a produrre la stessa quantità di energia con gas/petrolio/nucleare. È questo il dato che evidentemente non viene tenuto in considerazione; tra due mali si sceglie quello minore. Ammesso e non concesso che questo impianto abbia effetti negativi, è sempre meglio che continuare a bruciare petrolio/gas per produrre energia” e auspica che il Ministero della Transizione Ecologica dia comunque l'autorizzazione a procedere.
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