Varianti contrattuali: i limiti imposti dal Codice degli Appalti
Importo, natura dell’affidamento, circostanze imprevedibili: ecco cosa prevede il Codice dei Contratti Pubblici per varianti sopraggiunte dopo la stipula
Un contratto d’appalto non è rigidamente ingessato nelle condizioni che sono state dettate alla sua stipula, ma è possibile effettuare delle modifiche, purché l’affidamento non venga snaturato, oppure che le variazioni comportino una differenza di importo superiore al 50% del valore dell’appalto stesso.
Variazioni contrattuali nell'appalto: quali sono i limiti?
Si tratta di principi contenuti nell’art. 106 del d.Lgs n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici) e che il Consiglio di Stato ha ribadito nella sentenza n. 6797/2023, con la quale ha smentito le affermazioni del TAR, per cui le modifiche effettuate sull’appalto in esame avrebbero comportato una variazione sostanziale e illegittima del contratto stipulato tra SA e operatore. Di conseguenza la stazione appaltante avrebbe dovuto revocare l’aggiudicazione procedendo ad una nuova gara.
In particolare, il TAR aveva statuito che "è vero che il principio di immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto. Tuttavia, come chiarito dalla Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14, il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che informa la gara ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’Amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che le stesse disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell’appalto iniziale. Ciò avviene, ha stabilito la Corte, “quando le modifiche previste hanno l’effetto: a) di estendere l’appalto, in modo considerevole, ad elementi non previsti; b) di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario; c) di rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, “se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi” È quanto verificatosi nel caso in esame. Invero, l’appalto è stato esteso all’esecuzione dei lavori di adeguamento dei locali per poi procedere all’espletamento del servizio, con conseguente modifica dei termini economici del contratto e liquidazione. Trattasi di modifiche di carattere senz’altro sostanziale, non riconducibili al concetto di variante di cui all’art. 106 del D. lgs. n. 50/2016. A ciò aggiungasi che le ragioni di opportunità a sostegno del provvedimento impugnato erano note ancor prima della stipula del contratto d’appalto […], di guisa che l’Amministrazione ben avrebbe potuto revocare il provvedimento di aggiudicazione e procedere a una nuova gara. Sulla base di tali considerazioni, il Collegio ritiene che la deliberazione sia stata adottata illegittimamente”.
Varianti contrattuali: le disposizioni del d.Lgs. n. 50/2016
Secondo Palazzo Spada, il caso ricade nell’ambito delle varianti contrattuali assentibili in base all’art. 106, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 50/2106. In particolare, le prestazioni aggiuntive sono state previste per cogenti e sopravvenute ragioni di interesse pubblico, correttamente rappresentate e adeguatamente documentate.
Ricorda il consiglio che l’art. 106, comma 1, lettera c), richiama l’art. 72, comma 1, lett. c), della direttiva 24/2014/UE che consente di apportare modifiche ai contratti in corso di validità, in presenza di entrambe le seguenti circostanze:
- “a) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all’oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d’opera”;
- “b) la modifica non altera la natura generale del contratto”.
L’art. 106 precisa inoltre che le varianti sono ammesse “fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari dal comma 7”: tale norma prevede che il contratto può essere modificato se l’eventuale aumento del prezzo non eccede il 50% del valore del contratto iniziale.
In sintesi, tre sono i presupposti per poter disporre la variante ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016
- la sopravvenienza di circostanze impreviste ed imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice;
- la mancata alterazione della natura generale del contratto;
- l’eventuale aumento del prezzo nei limiti del 50% del valore del contratto iniziale.
Sebbene l’importo relativo ai lavori aggiuntivi previsti a seguito della modifica contrattuale sia economicamente rilevante, nel caso affrontato non superava il limite previsto dal comma 7 dell’art. 106 cit.
La variazione contrattuale nella direttiva UE sugli appalti pubblici
In riferimento alla presunta variazione sostanziale, il Consiglio ha ricordato che la variazione è ammessa qualora non sia tale da alterare “la natura generale del contratto”: con tale nozione, infatti, il legislatore vuole impedire che attraverso il ricorso allo ius variandi si possa arrivare a ottenere ad una modificazione radicale del contratto, riuscendo, surrettiziamente, ad eludere la disciplina del codice degli appalti.
La direttiva 24/2014/UE, al paragrafo 109 del “considerando”, chiarisce tale nozione con alcuni esempi: si verifica “la variazione della natura generale dell’appalto, sostituendo i lavori, le forniture o i servizi oggetto dell’appalto con qualcosa di diverso”, oppure quando vi sia “un cambiamento sostanziale del tipo di appalto poiché, in una situazione di questo genere, è possibile presumere un’influenza ipotetica sul risultato”.
Tale stravolgimento del contratto non è riscontrabile nel caso di specie: la variazione, infatti, non investe la natura complessiva del contratto, che prevedeva, fin dall’inizio, la prestazione di lavori e di servizi (con prevalenza dei secondi); per effetto dello ius variandi l’oggetto della prestazione, non è mutato, la variazione si riferisce alle sole modalità di esecuzione del servizio, che ha richiesto, per la sua attuazione, lo svolgimento di lavori aggiuntivi da quelli che erano stati preventivati in origine, sicuramente più complessi e più onerosi per la stazione appaltante, che hanno comportato, anche, la modificazione dell’assetto organizzativo del servizio che, a sua volta, ha inciso sull’utilizzazione del personale da utilizzare nella sua gestione.
Lo stesso par. 109 del “considerando” della direttiva appalti afferma che “Le amministrazioni aggiudicatrici si trovano a volte ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato l’appalto, in particolare quando l’esecuzione dell’appalto copre un periodo lungo. In questo caso è necessaria una certa flessibilità per adattare il contratto a tali circostanze, senza ricorrere a una nuova procedura di appalto”.
Per contro conclude il Consiglio di Stato, va osservato che, a mente dell’art. 106 D. Lgs. n. 50/2016 e della giurisprudenza amministrativa consolidata, le circostanze sopravvenute a fondamento del provvedimento di variazione contrattuale non devono essere imprevedibili al momento della stipula del contratto, ma al momento dell’indizione della gara di appalto originaria.
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