Variazioni essenziali: l’accertamento di conformità pre e post Salva Casa
Mentre la giustizia amministrativa segue il principio “tempus regit actum”, si prevede, nei prossimi mesi, l’arrivo di numerose domande di sanatoria ex art. 36-bis del TUE
Il Decreto Salva Casa rappresenta un vero e proprio spartiacque per uffici tecnici e giustizia amministrativa nella valutazione della sanabilità degli abusi edilizi, tra cui le variazioni essenziali.
Variazioni essenziali: l'accertamento di conformità prima e dopo il Salva Casa
Esempio ne è la sentenza del Consiglio di Stato dell’11 ottobre 2024, n. 8174, che ha respinto il ricorso contro l’ordine di demolizione per opere realizzate in difformità dal permesso di costruire e dal permesso di costruire in variante che il proprietario aveva ottenuto.
A seguito di sopralluogo, l'Amministrazione aveva accertato la presenza delle seguenti difformità rispetto al progetto:
- ampliamento di cubatura utile dell'ambiente al primo piano e conseguente incremento del volume utile dell'unità immobiliare;
- apertura di porte e finestre sulla muratura perimetrale;
- variazione essenziale dello sporto esterno al primo piano;
- realizzazione non assentita di muretti in pietra a delimitazione di una balconata.
Dopo l’ingiunzione a demolire, il proprietario ha presentato un'istanza di accertamento di conformità ai sensi degli artt. 36 e/o 37 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), al fine di regolarizzare le parti non sanate.
Il TAR aveva respinto il ricorso in primo luogo perché il permesso di costruire era scaduto e anche se i lavori non erano stati ultimati, alla scadenza del termine indicato nel titolo edilizio sarebbe stato necessario munirsi di nuovo titolo; in caso contrario il Comune ben può valutare la difformità tra quanto originariamente assentito e quanto effettivamente realizzato.
In riferimento alla possibilità di sanatoria parziale delle opere, il Collegio non riteneva assolto il relativo onere probatorio sulla scindibilità delle opere da sanare rispetto a quelle da demolire, senza che fossero state abbattute le parti dell’intervento edilizio ritenute insanabili dallo stesso ricorrente.
La richiesta di sanatoria sarebbe stata ricevibile solo dopo l’abbattimento degli abusi riscontrati. In ogni caso, l’istanza di sanatoria arresta solo temporaneamente il procedimento sanzionatori, che riprende vigore non appena è stata decisa in senso negativo la richiesta stessa anche mediante silenzio rigetto.
Opere abusive e permesso di costruire scaduto: cosa succede?
Da qui l’appello al Consiglio sulla base di questi presupposti:
- i lavori già effettuati non dovevano considerarsi senza titolo, ma in parziale difformità a causa del mancato completamento delle opere per mancanza di fondi e per effettiva deviazione dal progetto assentito;
- l’istanza di sanatoria era funzionale a scindere gli interventi insanabili da quelli astrattamente conformi agli strumenti urbanistici, che non necessitavano di alcun intervento conformativo, essendo già nella loro materialità pienamente rispondenti alle norme urbanistiche vigenti in loco.
In riferimento al primo motivo Palazzo Spada ha richiamato il consolidato orientamento della stessa Sezione, secondo cui la mancata ultimazione nel triennio dei lavori assentiti con il permesso di costruire dichiarato decaduto, non comporta illegittimità di quelli eseguiti se conformi a quanto previsto dal titolo edilizio, ma impedisce di realizzare le opere non completate nei termini.
Quando, però, viene contestato non solo il mancato rispetto del termine, ma l’effettuazione di opere non autorizzate dal permesso di costruire, per limitare la sanzione ripristinatoria alle sole opere illegittime è necessario mostrare la netta scindibilità di queste ultime dalle altre conformi al titolo edilizio.
L’eventuale possibilità di effettuare la separazione va dimostrata dal privato, cosa non avvenuta nel caso in esame, dove per altro non si è provveduto alla rimozione delle parti illegittime, fatto che costituisce una prova indiretta della loro inscindibilità.
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