Variazioni essenziali e quadro normativo regionale: nuovo Dossier ANCE
Alla luce delle modifiche apportate al Testo Unico Edilizia dal Salva Casa, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) fa il punto sulle variazioni essenziali e le differenze regionali
Cosa accade quando, nel corso dell’esecuzione di un’opera edilizia, il progetto approvato viene modificato? E soprattutto: quando una variante può dirsi “essenziale” e quindi assimilabile, sul piano sanzionatorio, a una totale difformità? Cosa sono le variazioni “essenziali”? Come si distinguono da quelle “non essenziali”? Ci sono differenze a livello regionale?
Varianti e variazioni essenziali: il Dossier ANCE
Interrogativi come sempre molto interessanti, tutt’altro che teorici, che rappresentano il cuore pulsante di molti contenziosi amministrativi e penali. Benché il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) non entri puntualmente nel merito di “variante essenziale o non”, la normativa edilizia ne delimita l’ambito amministrativo sulla base delle “variazioni essenziali”.
L’art. 22 del TUE:
- al primo periodo del comma 2 dispone che “Sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire”;
- al comma 2-bis stabilisce che “Sono realizzabili mediante segnalazione certificata d'inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore”.
Il legislatore statale ha provato a delimitare il perimetro delle cosiddette variazioni essenziali con l’art. 32 del TUE, lasciando alle Regioni il compito di definire puntualmente i casi in cui le modifiche al progetto superano la soglia di tollerabilità e configurano un abuso edilizio “qualificato”. Il risultato? Un panorama frammentato, dove lo stesso intervento può avere qualificazioni molto diverse da una Regione all’altra.
Il tema è stato efficacemente trattato dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) nel dossier “Variazioni essenziali: quadro normativo regionale” che offre un utile quadro sinottico delle normative regionali che regolano le variazioni essenziali, articolandole secondo le cinque condizioni previste dalla norma statale:
- mutamento di destinazione d’uso;
- incremento di cubatura o superficie;
- modifiche ai parametri urbanistico-edilizi o alla localizzazione;
- mutamento delle caratteristiche dell’intervento;
- violazioni antisismiche non meramente procedurali.
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