Vendere casa dopo il Superbonus può attirare il mirino del Fisco
La prassi dell’Agenzia delle Entrate e la giurisprudenza considerano attività d’impresa l’aver svolto anche un solo affare. A rischio recuperi Iva e Irap, nonché la spettanza del Superbonus
Quando si configura attività d’impresa
Non esiste una regola che permetta di stabilire quando e come si configura attività d’impresa.
Verosimilmente, si può ritenere che la vendita “una tantum” di un edificio ristrutturato (o di un’unità immobiliare) rientri tra le facoltà concesse alle persone fisiche, a condizione che alla base vi siano necessità documentabili. Diverso e ben più “rischioso” sotto il profilo fiscale è invece il caso in cui si decida di ristrutturare un edificio e di venderne gran parte.
Tutto, dunque, dipende dal singolo caso specifico.
Le Entrate hanno in molteplici occasioni definito la vendita a terzi di unità immobiliari come attività d’impresa, rispondendo per lo più a quesiti riguardanti la corretta tassazione dell’introito derivante dal negozio. Il Fisco esprime questa opinione dal 2002, quando ha emanato la Risoluzione n. 204, nella quale si legge che “l’attività compiuta dall’istante deve considerarsi imprenditoriale, avendo realizzato un complesso immobiliare composto di 49 box destinato non al proprio uso o a quello della propria famiglia, bensì alla vendita a terzi, avvalendosi di un’organizzazione produttiva idonea, e svolgendo un’attività protrattasi nel tempo”.
Ai fini tributari, infatti, è considerato reddito d’impresa ai sensi dell’art. 55 del Tuir il profitto derivante dall'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività economiche, senza che sia necessario essere costituiti come azienda o società.
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