Veranda su balcone: CILA o permesso di costruire?
Se nel resto d'Italia non c'è dubbio alcuno, in Sicilia entro certi limiti e dimensioni la veranda non costituisce una nuova costruzione. La conferma in una nuova sentenza del TAR
Ancora una volta la controversa L.R. Sicilia n. 4/2003 torna alla ribalta, confermando, con l’applicazione dell’art. 20, che la realizzazione di una veranda entro i 50 mq, non necessita di permesso di costruire perché costituisce una struttura precaria e facilmente amovibile.
Veranda sul balcone: cosa dispone la normativa della Regione Siciliana
La questione, al centro della sentenza n. 3166/2022 del TAR Sicilia, riguarda una veranda installata su un balcone e sulla quale il Comune aveva ordinato la demolizione ex art. 33 del d.P.R. n. 380/2001 sul presupposto che la comunicazione ex art. 20 della L.R. n. 4/2003 non fosse applicabile; inoltre essa era stata realizzata su una superficie attualmente oggetto di richiesta di permesso di costruire in sanatoria, ancora non ottenuto.
Nel valutare il caso, il Collegio ha ricordato quanto disposto dall’art. 4 della L.R. 4/2003, all’art. 4, ovvero che:
- in deroga ad ogni altra disposizione di legge, non sono soggetti a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerati aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a 50 mq e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla-osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo (comma 1);
- nei casi di cui al comma 1, contestualmente all'inizio dei lavori il proprietario dell'unità immobiliare deve presentare al sindaco del comune nel quale ricade l'immobile una relazione a firma di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri le opere da compiersi ed il rispetto delle norme di sicurezza e delle norme urbanistiche, nonché di quelle igienico-sanitarie vigenti, unitamente al versamento a favore del comune dell'importo di cinquanta euro per ogni metro quadro di superficie sottoposta a chiusura con struttura precaria (comma 2);
- le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche alla chiusura di verande o balconi con strutture precarie come previsto dall'articolo 9 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37; per tali casi è dovuto l'importo di venticinque euro per ogni metro quadro di superficie chiusa (comma 3);
- ai fini dell'applicazione dei commi 1, 2 e 3 sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione. Si definiscono verande tutte le chiusure o strutture precarie come sopra realizzate, relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati. Sono assimilate alle verande le altre strutture, aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo ed altre ancora, comunque denominate, la cui chiusura sia realizzata con strutture precarie, sempreché ricadenti su aree private (comma 4);
- le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, anche per la regolarizzazione delle opere della stessa tipologia già realizzate (comma 5).
Equiparazione alle opere interne
Per effetto di queste disposizioni dettate dal Legislatore regionale, la chiusura di spazi, di verande o balconi con strutture precarie è equiparata alle c.d. opere interne di cui all’art. 9 della L.R. n. 37 del 1985, che, non determinando alcun aggravio urbanistico, né alterazione di volumi, di superfici e/o prospetti esterni, né la realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso rispetto al precedente, non richiedono alcun titolo abilitativo, potendo essere realizzate (o regolarizzate ex post) attraverso la semplice trasmissione al Comune in cui ricade l’opera della relazione tecnica asseverata, insieme al versamento dei relativi oneri.
Nel caso in esame, secondo quanto emerge dalla relazione asseverata allegata alla comunicazione ex art. 20 inviata dal ricorrente pochi giorni dopo il sopralluogo della Polizia Municipale, l’opera insistente nell’immobile è una veranda in alluminio verniciato e vetri trasparenti, ancorata al davanzale con sistema di ancoraggio di facile rimozione, posta a chiusura del balcone di retro-prospetto, di superficie complessiva di 5,39 mq, inidonea ad incidere sugli elementi strutturali portanti dell’immobile principale e sulla sua statica.
Quindi secono il giudice è sicuramente soddisfatta la condizione di “precarietà” come definita dall’art. 20, comma 4, l.r. 4/2003, poiché questa è da intendersi “ancorata esclusivamente al concetto di «facile rimovibilità» (e non anche a quelli di «funzionalità occasionale», di «destinazione urbanistica» e/o di «instabilità strutturale», «stagionalità» o «temporaneità»)”.
Di conseguenza l’ordinanza di ingiunzione a demolire è stata ritenuta illegittima ed è stata annullata, con accoglimento del ricorso, in quanto adottata sull’errato presupposto in diritto della necessità di previa autorizzazione dell’intervento edilizio a mezzo di permesso di costruire.
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