Vincolo paesaggistico: occhio alla tipologia di interventi
La conferma dalla Corte di Cassazione: niente autorizzazione paesaggistica solo nei casi previsti dall'art. 149 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
Gli interventi di ristrutturazione edilizia da eseguire in area sottoposta a vincolo paesaggistico sono sempre soggetti ad autorizzazione, come specifica lo stesso Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, che esonera dall’autorizzazione mentre solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici.
Abusi edilizi in zona vincolata: la sentenza della Cassazione
Un principio cardine, in tema di reati edilizi, confermato ancora una volta dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21192/2023, con la quale ha respinto il ricorso contro la condanna per la realizzazione di alcuni manufatti abusivi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, configurando il reato di cui all’art. 44, lettera c), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Nel dettaglio, era stata realizzata una parete con una doccia esterna che, pur non determinando nuove superfici o nuovi volumi, rientrava nella nozione di nuova costruzione di cui all'articolo 10 dello stesso Testo Unico Edilizia, in quanto incidente sul tessuto urbanistico. Di conseguenza era necessario il titolo abilitativo, come previsto all’articolo 3 comma 1, lettera e) del d.P.R. n. 380/2001, che assoggetta attualmente a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comunque comportano una modificazione permanente dello stato materiale e di conformazione del suolo. Inoltre era stato realizzato, all’interno di un bagno, un solaio di copertura più alto di quello esistente, generando un aumento di volumetria non qualificabile come pertinenza.
Abusi edilizi vanno considerati nel loro complesso
Nel giudicare il caso, i giudici della Cassazione hanno evidenziato che l'intervento edilizio deve essere considerato unitariamente nel suo complesso, senza possibilità di scindere e considerare separatamente le sue componenti. In tema di reati edilizi, la valutazione dell'opera, per individuare il regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell'attività edificatoria nella sua unitarietà senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti.
Spiegano gli ermellini che “il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell'attività edificatoria finale, nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più blando, per la loro più modesta incisività sull'assetto territoriale”. L'opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti.
Si tratta di un principio che è stato applicato anche nel caso in esame. La ricostruzione del solaio con aumento di volumetria, rientra nella nozione di nuova costruzione soggetta a permesso a costruire ai sensi del d.P.R. n. 380/2001 art. 3, lettera e), motivo per cui non era sufficiente la SCIA che consentiva la sola demolizione e ricostruzione del solaio come in origine.
Lavori senza autorizzazione paesaggistica: le previsioni del Codice dei Beni Culturali
Per altro i lavori erano stati eseguiti in area sottoposta a vincolo paesaggistico senza autorizzazione paesaggistica, trattandosi di interventi che invece la richiedevano, ai sensi dell’art.146 del d.Lgs. 42/2004. Non si poteva invece applicare l'art. 149, comma 1, lettera a), il quale prevede che non è richiesta l'autorizzazione paesaggistica per "gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici". Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio sottrae all'obbligo di autorizzazione soltanto questa tipologia di interventi, mentre ogni altra tipologia la richiede.
Dato che in questo caso era necessario il permesso di costruire, il responsabile degli abusi avrebbe dovuto anche richiedere l'autorizzazione paesaggistica, in assenza della quale si è configurato invece il reato paesaggistico (art. 181, comma 1, d.Lgs. n. 42/2004).
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