Vincolo urbanistico ha carattere espropriativo oppure no?
Il Consiglio di Stato spiega i criteri con cui valutare il carattere espropriativo o conformativo di un vincolo urbanistico
Il vincolo urbanistico imposto su una zona ha carattere espropriativo oppure no? Sul punto ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8686/2021, a seguito del ricorso presentato dal proprietario di un terreno contro un’Amministrazione Comunale.
Vincolo urbanistico: natura espropriativa o conformativa?
La controversia riguarda proprio la natura espropriativa o conformativa della destinazione a eliporto del fondo su cui l’appellante aveva realizzato, senza titolo edilizio, alcuni interventi che non comportavano la creazione di nuove volumetrie e per i quali aveva chiesto al Comune l’accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
L’appello fa seguito alla sentenza del TAR Puglia n. 330/2011, con cui era stato confermato il diniego di permesso di costruire in sanatoria per le opere di recinzione, spianamento e livellamento realizzate, perché gli interventi erano stati ritenuti in contrasto con quanto previsto dalle NTA comunali, che destinavano l’area ad eliporto.
In particolare, si riteneva che tale vincolo avesse, di fatto natura espropriativa: il giudice di primo grado ha respinto questa tesi, rifacendosi al consolidato orientamento giurisprudenziale per cui deve escludersi il carattere espropriativo del vincolo urbanistico quando alla realizzazione della prevista opera pubblica possano concorrere anche i privati in regime di economia di mercato.
Inoltre il TAR ha osservato che i vincoli contenuti nello strumento urbanistico generale riguardanti un’intera categoria di beni, non incidenti su beni determinati in funzione di una localizzazione puntuale dell’opera pubblica, non hanno carattere espropriativo; di conseguenza, sulla base di tali premesse, è stato escluso che il vincolo in questione fosse soggetto a decadenza, poiché la disciplina dettata dalle NTA comunali avrebbe riguardato una generalità di beni in funzione di un'altrettanto generale destinazione di zona, senza localizzare l’opera da realizzare, demandata a successiva pianificazione attuativa.
Natura espropriativa o conformativa di un vincolo: la sentenza del Consiglio di Stato
Da qui l’appello, con un unico motivo di censura: il vincolo specifico a eliporto non potrebbe essere razionalmente ricondotto a una generale destinazione di zona, perché le norme del piano non esplicitano che l’iniziativa può essere sia pubblica che privata, per cui sarebbe da escludersi che l’eliporto possa essere opera ad esclusiva iniziativa privata.
Il Consiglio ha respinto il ricorso: Palazzo Spada ha infatti sottolineato che le N.T.A. del P.R.G. comunali stabilivano espressamente che anche gli interventi in zona eliporto, “se realizzati da privati, dovranno essere preventivamente convenzionati”.
Di conseguenza sulle zone non gravava un vincolo espropriativo, bensì conformativo di tipo funzionale: «Al riguardo, giova richiamare il pregresso orientamento della Sezione che attribuisce natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà esistente sui suoli, a tutti quei vincoli che non solo non siano esplicitamente preordinati all’esproprio in vista della realizzazione di un’opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione degli interventi su di essi previsti anche da parte di privati ed in regime di economia di mercato. In questi casi, la zonizzazione dei suoli non è espressione di potere espropriativo (neanche in senso lato), ma della più generale potestà di pianificazione del territorio spettante all’Amministrazione comunale, alla quale è connaturata la facoltà di limitare l’edificabilità su determinate aree a specifiche categorie e tipologie di opere".
La natura del vincolo va stabilita sulla base della disciplina urbanistica
La natura espropriativa o conformativa del vincolo va quindi verificata non in astratto, ma sulla base della concreta disciplina urbanistica impressa ai singoli suoli, per accertare se la loro destinazione si risolva in una sostanziale ablazione oppure non svuoti di contenuto i diritti dominicali dei proprietari.
Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado, la concreta disciplina urbanistica per il fondo oggetto dell’istanza è dettata dalle N.T.A. del P.R.G., il quale elenca le tipologie di opere e attrezzature realizzabili (parcheggi, consultori, centri culturali, cliniche etc.) senza limitare l’edificazione alla “mano pubblica” e consentendo che essere siano realizzate anche a iniziativa privata.
L’appello è stato quindi respinto perché il Comune non ha imposto un vincolo di carattere espropriativo, ma soltanto conformativo: il fondo può essere utilizzato, purché con la destinazione prevista nelle N.T.A.
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