Sanatoria paesaggistica: i limiti sull'accertamento postumo
Il Consiglio di Stato ricorda per quali interventi è consentito l'accertamento postumo di compatibilità, senza possibilità di eliminare i volumi tecnici o interrati dal calcolo
Il rilascio della compatibilità paesaggistica non è consentito in presenza di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o di volumi, oppure un aumento di quelli legittimamente realizzati senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno.
Obiettivo è precludere qualsiasi forma di legittimazione del “fatto compiuto”, in quanto l’esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell'intervento.
Accertamento di compatibilità paesaggistica: no alla sanatoria di volumi interrati
A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 17 febbraio 2025, n. 1260, accogliendo il ricorso di una Soprintendenza, chiamata dal TAR a ripronunciarsi sul diniego di compatibilità paesaggistica del progetto presentato in sede di accertamento di conformità di un manufatto.
La questione nasce dall’ingiunzione di un Comune alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi in relazione ad alcune opere abusive, consistenti in:
- ricostruzione di un fienile con aumento di superficie e volume rispetto allo stato originario;
- realizzazione struttura in lamiera appoggiata a pali di legno infissi al suolo;
- sistemazione del terreno circostante il fabbricato.
L’ordine di demolizione era stato parzialmente eseguito, con l’interramento totale del piano seminterrato dell’ex fienile e la rimessa in pristino del terreno alle quote preesistenti intorno al fabbricato in muratura; successivamente era stata presentata istanza di accertamento di compatibilità edilizia e paesaggistica per le opere rimanenti.
La domanda era stata dichiarata improcedibile per l’evidente aumento volumetrico, con ispessimento dei muri perimetrali determinato dall’intervento costruttivo, in contrasto con l’art. 167 comma 4 d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).
Il Comune aveva quindi trasmesso la pratica alla Soprintendenza per il parere di competenza, precisando che l’edificio presentava una superficie ed un volume pressoché doppi rispetto a quelli preesistenti e che, a suo avviso, il riempimento del piano inferiore dell’edificio non poteva ritenersi regolare rimessione in pristino, motivo per cui la Soprintendenza aveva confermato la valutazione di improcedibilità, che aveva infine portato al diniego definitivo di compatibilità paesaggistica.
In primo grado il TAR aveva parzialmente accolto il ricorso contro il diniego, sollecitando le Amministrazioni a pronunciarsi nuovamente, tenendo conto del fatto che il volume aggiuntivo fosse stato interrato, motivo per cui la Soprintendenza ha proposto appello, che Palazzo Spada ha ritenuto fondato. Vediamo perché.
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