Abusi edilizi, sanatoria e demolizione: interviene il Consiglio di Stato

La sentenza del Consiglio di Stato chiarisce la natura dell’ordine di demolizione e i suoi destinatari, ed entra nel merito delle variazioni essenziali e del cambio d’uso rilevante

di Redazione tecnica - 16/12/2024

Sanatoria e cambio di destinazione d’uso

Errate anche le tesi atte a censurare l’insufficienza motivazionale della sentenza impugnata che, a dire dei ricorrenti, fonderebbe il giudizio sulla rilevanza urbanistica delle trasformazioni oggetto di sanatoria unicamente sulle (errate) qualificazioni giuridiche delle stesse, senza alcun riferimento in ordine alla sussistenza o meno della c.d. dedotta “doppia conformità” urbanistica.

Relativamente alla doppia conformità edilizia e urbanistica di cui all’art. 36 del TUE, il Consiglio di Stato ha ricordato che l’onere di provarla incombe sul proprietario. “Il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario e/o paesaggistico) sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001. Ciò determina che in sede di accertamento di conformità è interamente a carico della parte l'onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l'ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (già, art. 13 l. n. 47/1985 ), attesa la finalità dell'istituto, secondo il quale il rilascio del permesso in sanatoria presuppone indefettibilmente la c.d. doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria”.

Nel caso di specie, l’appellante non avrebbe fornito alcun elemento idoneo a confutare i rilievi opposti dal Comune, considerati corretti dal TAR.

Relativamente al locale interrato, “concessionato” come vano cantina, emerge dalla documentazione che è stato trasformato con un insieme sistematico di opere in un vano residenziale (e non solo accessorio pertinenziale) collegato all’appartamento al piano rialzato. Il vano è stato munito di un ambiente wc, di un angolo cottura, di impianti idrico ed elettrico. In sostanza è stato dotato di una serie di opere funzionali ad un effettivo uso abitativo, come rilevabile dalle riproduzioni fotografiche allegate alla domanda di sanatoria. Secondo il Consiglio di Stato, correttamente il primo giudice ha richiamato a riguardo la costante giurisprudenza che qualifica questo tipo di trasformazioni edilizie rilevanti, equiparabili alle nuove volumetrie, per il fatto che determinano un illegittimo aggravio del carico urbanistico.

Al riguardo, esiste un orientamento per cui, premesso che gli standard urbanistici hanno una “funzione di equilibrio dell’assetto territoriale e di salvaguardia dell’ambiente e della qualità di vita”, la destinazione del piano in questione (interrato, ma analogo discorso vale per il sottotetto) ad abitazione ha determinato un incremento delle volumetrie e delle superfici “utili” – ossia utilmente fruibili – con conseguente aggravio del carico urbanistico, secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 1 lett. a) d.P.R. n. 380/2001, a norma del quale costituisce “variazione essenziale” ogni “mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968”.

Da ciò consegue che non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un locale cantina in un vano abitabile; a differenza dell’ipotesi in cui un garage venga trasformato - con o senza opere- in magazzino o deposito, rimanendo quindi spazio accessorio, senza permanenza di persone, “la trasformazione in vano destinato alla residenza, anche a tralasciare i profili igienico-sanitari di abitabilità, si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire”.

Facendo applicazione dei predetti principi al caso di specie è, quindi, evidente che le opere realizzate al piano interrato determinano un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante con le correlate conseguenze in termini di qualificazione dell’intervento e delle connesse conseguenze sanzionatorie, ove a nulla rileva il fatto che in sede di domanda di sanatoria non è stata richiesta la trasformazione d’uso, posto che il mutamento è già stato funzionalmente realizzato e, in questo caso, non compatibile con le norme del piano urbanistico che nella siffatta zona urbanistica non ammette nuove volumetrie e nuovi usi abitativi.

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