Abusi edilizi: senza sanatoria niente CILAS Superbonus

Pericoloso intervento del TAR Lazio che entra nel merito della presentazione della CILAS in presenza di abusi edilizi e del silenzio sulla SCIA in sanatoria

di Gianluca Oreto - 13/12/2023

SCIA in sanatoria e CILAS

Per quanto concerne il terzo motivo del ricorso, secondo il TAR la decisione di vietare la prosecuzione dei lavori sino alla definizione della SCIA in sanatoria va ritenuta coerente con il principio secondo cui gli interventi edilizi per essere lecitamente realizzati devono afferire a immobili non abusivi, verificandosi altrimenti un effetto di propagazione dell’illecito per cui le opere aggiuntive partecipano delle caratteristiche di abusività dell’opera principale.

I giudici di primo grado hanno esteso tale principio generale, che comporta il divieto di prosecuzione di lavori su opere abusive, non potendo gli stessi essere legittimamente realizzati in pendenza di una sanatoria, non può che valere, anche per la speciale ipotesi di CILA disciplinata nell’ambito della normativa relativa al c.d. “superbonus 110%”.

Viene, infatti, confermato il principio (che ho sempre evidenziato su queste pagine) per cui pur non richiedendo la CILAS l'attestazione dello stato legittimo, questo non significa assolutamente che non rilevino gli eventuali precedenti illeciti edilizi commessi sull’immobile.

L’esigenza di semplificazione degli adempimenti a carico del privato perseguita dalla norma non può infatti risolversi, pena un’inammissibile incoerenza del sistema, in una limitazione o addirittura in un’esclusione del potere-dovere del Comune di reprimere gli abusi edilizi, il che, del resto, è confermato dalla clausola di salvezza di cui al successivo comma 13-quater dello stesso art. 119, ai sensi del quale “resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell'immobile oggetto di intervento”.

Conclusioni

Il TAR ha concluso per la correttezza dell'operato del Comune che, nel caso di specie, accertata la presenza sull’immobile oggetto dei lavori di cui alla CILAS di abusi edilizi ed appurato che tale istanza presentava plurime carenze tali da giustificare l’adozione di un invito a conformarsi, ha disposto che “l’eventuale nuova pratica, concernente l’oggetto, potrà essere valutata solo successivamente l’eventuale definizione della SCIA in sanatoria”.

Ciò premesso, nella CILAS erano comunque presenti delle irregolarità e carenze che hanno portato al provvedimento del Comune.

SCIA in sanatoria: ribadito un concetto "pericoloso"

Altro punto "pericoloso" evidenziato dal TAR riguarda la procedura da seguire nel caso di SCIA in sanatoria (anche questo un argomento sufficientemente sviscerato su queste pagine).

Tralasciando i difetti contenutistici della pratica presentata nel caso di specie, con riferimento all’istituto di sanatoria edilizia contemplato dall’art. 37, comma 4, del d.P.R. n. 380 del 2001, avente ad oggetto la regolarizzazione di interventi eseguiti in mancanza di SCIA o in difformità da essa, il TAR condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la presentazione della relativa istanza esige una definizione in forma espressa da parte dell’amministrazione comunale, in assenza della quale il relativo procedimento di sanatoria non può dirsi perfezionato né in senso sfavorevole né, tanto meno, in senso favorevole all’istante.

Tale ricostruzione, se per un verso esclude che nel caso dell’art. 37 in questione il silenzio dell’amministrazione assuma valore significativo (come invece accade nel caso di richiesta di sanatoria di cui al precedente art. 36 dello stesso decreto, per la quale il Legislatore espressamente attribuisce al silenzio il valore di diniego), per altro verso, nega altresì la riconducibilità della SCIA in sanatoria al modello delineato in termini generali per la SCIA dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990, con conseguente inapplicabilità dei relativi termini per l’esercizio da parte dell’amministrazione del potere inibitorio.

Secondo il TAR, va rimarcato che, ove pure si accedesse alla diversa ricostruzione che fa leva sull’applicazione dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 anche in relazione alle segnalazioni inoltrate a sanatoria, seguendo la prospettiva adottata dal Comune nel caso di specie, si giungerebbe comunque a ritenere infondata la censura di tardività del provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti. Ciò in quanto, la SCIA in sanatoria presentata dal Condominio ricorrente era incompleta perché priva del necessario parere di compatibilità paesaggistica e, come tale, inidonea al decorso dei termini di cui all’art. 19, commi 3 e 4, della legge n. 241 del 1990.

Nel disciplinare la sanatoria delle opere eseguite in assenza di SCIA o in difformità da essa, il Legislatore, all’art. 37, comma 4, del d.P.R. n. 380 del 2001, pone la condizione che gli interventi risultino conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della loro realizzazione sia al momento della presentazione della relativa domanda, secondo il principio della c.d. doppia conformità che regola anche la sanatoria di cui al precedente art. 36 dello stesso d.P.R. n. 380 del 2001, relativa, quest’ultima ad interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso.

Quanto al profilo paesaggistico, il vincolo sopravvenuto all’intervento abusivo deve ritenersi senz’altro rilevante ai fini della sanatoria edilizia di cui all’art. 37 in discorso, dovendo essere comunque acquisito, ex art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004, il parere dell’autorità tutoria in ordine all’assentibilità della sanatoria e ciò a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo medesimo.

Secondo il TAR, tale impostazione, che è ampiamente affermata dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento all’accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, deve essere senz’altro seguita, stante la sostanziale identità di ratio dei due istituti, anche ove l’istanza di sanatoria sia presentata, come nel caso di specie, ai sensi dell’art. 37 dello stesso decreto, in modo da assicurare che sia accertata la compatibilità - al momento della sanatoria - dei manufatti realizzati abusivamente con i valori paesaggistici sottesi all’apposizione del vincolo.

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