Abusi edilizi: tipologie, conseguenze e rimedi dal Consiglio di Stato
Una rassegna completa sugli istituti del Testo Unico Edilizia: stato legittimo, variazioni essenziali, abusi edilizi, ordine di demolizione, fiscalizzazione, sanatoria e condono
L’accertamento di conformità
Capitolo a parte (il n. 7) è dedicato a un altro istituto fondamentale in materia di normativa edilizia: l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico edilizia, strumento utilizzato per porre rimedio all’abusività di un manufatto con uno strumenti diverso dalla demolizione e con finalità conservativa.
Dispone l’art. 36 del testo unico dell’edilizia:
«1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 1, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articolo 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata».
Requisito di ammissibilità della sanatoria prevista dall’art. 36 è la doppia conformità, ovvero se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda: il provvedimento che concede la sanatoria deve limitarsi a “fotografare” la situazione esistente nei due citati momenti storici e verificarne la conformità agli strumenti vigenti ratione temporis, ma non può imporre prescrizioni che rendano conforme il manufatto a seguito di interventi futuri né possono essere considerati, ai fini del rilascio del titolo, strumenti urbanistici o normative edilizie in corso di approvazione (c.d. “sanatoria condizionata”).
L’art. 36 del testo unico dell’edilizia individua, quali legittimati a proporre l’istanza, “il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile”.
Il rilascio del titolo in sanatoria
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico - edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario e/o paesaggistico) sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza ex art. 36.
Il diniego di sanatoria deve indicare le disposizioni che si assumano ostative al rilascio del titolo e le previsioni contenute negli strumenti urbanistici, in modo da consentire all'interessato di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla regolarizzazione e al mantenimento dell'opera abusiva e di confutare in giudizio, in maniera pienamente consapevole ed esaustiva, la legittimità del provvedimento impugnato.
Il silenzio sulla domanda di accertamento di conformità
Di norma il procedimento avviato con l’istanza di sanatoria è definito con un provvedimento espresso. La legge, tuttavia, attribuisce un preciso significato anche all’inerzia dell’amministrazione nel provvedere. Dispone, infatti, il comma 3 dell’art. 36 del testo unico che «Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata”.
Il silenzio nel procedimento per il rilascio del permesso di costruire
Nel procedimento per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria il silenzio dell’amministrazione si atteggia in modo diverso da quanto accade nel procedimento per il rilascio del titolo ordinario. Infatti, l’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001, stabilisce che: «Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso”.
Il silenzio nei procedimenti di condono edilizio.
L’art. 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, al comma 18 dispone: «Fermo il disposto del primo comma dell'art. 40 e con l'esclusione dei casi di cui all'art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento».
Tale disposizione si applica anche alla “Definizione agevolata delle violazioni edilizie” di cui all’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724. La giurisprudenza si è soffermata sul significato del silenzio sulle domande di condono edilizio presentate ai sensi delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, affermando i seguenti principi:
- in linea generale il tacito accoglimento della domanda di condono si differenzia dalla decisione esplicita solo per l’aspetto formale;
- conseguentemente il silenzio assenso non si perfeziona per il solo fatto dell’inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatoria e del pagamento dell’oblazione, se non sopravviene la risposta del comune, occorrendo altresì l’acquisizione della prova, da parte del comune medesimo, della ricorrenza dei requisiti soggettivi e oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore, da verificarsi all’interno del relativo procedimento; in quest’ottica si ritiene inammissibile la domanda di accertamento della fondatezza della pretesa formulata in sede di giudizio avente ad oggetto l’inerzia del comune;
- la domanda di condono deve, pertanto, essere corredata dalla prescritta documentazione indicata dalla legge essendo la produzione di tale documentazione indispensabile proprio al fine del riscontro dei requisiti soggettivi e oggettivi;
- in particolare, sul piano oggettivo, la formazione del silenzio-assenso richiede quale presupposto essenziale, oltre al completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, che siano stati integralmente dimostrati gli ulteriori requisiti sostanziali relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all’ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell’amministrazione comunale;
- del pari, sotto il profilo soggettivo, deve essere dimostrata la legittimazione attiva del richiedente il condono
Va segnalato che, successivamente al completamento dell’opera abusiva, non sono utilizzabili la DIA o la SCIA presentate ed utilizzate come strumento di sanatoria giacché gli illeciti edilizi, ad eccezione dei casi contemplati dall’ art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, possono essere sanati soltanto in forza di titolo edilizio per condono straordinario o per accertamento di conformità.
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